I problemi della politica su Internet

Alcuni politici italiani utilizzano Internet. Non molti per la verità ma alcuni sì. Seguendo l’aurea regola di intercettare gli elettori là dove questi si trovano, aprono un profilo su Facebook, magari qualche anno fa, quando erano di moda, aggiornavano un blog. Walter Veltroni aprì a suo tempo addirittura un social network di sua proprietà: un’idea sfortunata a metà strada fra eccesso di preveggenza e folle gigantismo. Non finì benissimo.

Usare la rete per comunicare la politica è un’attività per nulla facile, hai voglia a citare la campagna elettorale di Obama, le foto del suo cane sul profilo della Casa Bianca su Flickr o i messaggi su Twitter: mi sentirei quasi di dire che in un numero molto ampio di casi, almeno da noi in Italia, si tratta di una cattiva idea. Il “velinismo digitale” (nel senso non delle veline in carne o ossa ma dei comunicati stampa piegati alla forma colloquiale di post per Facebook o brevi messaggi su Twitter, generalmente affidati ad uno stagista che li ricopia in rete) è una arma a doppio taglio che spesso porta più danni che benefici. Si veda ad esempio questo recente spettacolare intervento su Friendfeed di Pierferdinando Casini ed i commenti che ne sono seguiti (che per amor di Patria non ricopio):

Siamo un partito laico di ispirazione cristiana. Non prendiamo ordini dalle gerarchie ecclesiastiche, né loro pensano di darcene.

Si butta il sasso nello stagno della comunicazione di rete e poi ci si allontana, l’unico percorso possibile per un numero molto alto di politici di primo piano che non hanno né tempo né voglia di dedicare a Internet una quota anche piccola della propria giornata. Pagano qualcuno per farlo ma non è la stessa cosa.

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Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020