Un weekend da podcast

Un paio di anni fa due mie amiche hanno pensato di celebrare l’anniversario tondo dell’introduzione del voto alle donne facendo un podcast. Lo hanno chiamato Senza rossetto da un articolo del Corriere della sera che invitava le donne ad andare senza rossetto nella cabina elettorale per non rischiare di sporcare e invalidare la propria scheda. Ogni puntata del podcast è un breve racconto di una scrittrice affermata, fatto apposta per Senza rossetto, su un tema scelto dalle podcaster. A leggerlo è proprio chi lo ha scritto.

Ora siamo arrivati alla terza stagione (anticipata da una newsletter iniziata a ottobre), di cui la prima puntata è uscita oggi. Senza rossetto è uno di quei progetti che nascono un po’ per caso, solo per fare una cosa bella, dato che i podcast sono gratis: è andato avanti perché ha avuto un piccolo seguito di persone molto appassionate che hanno anche contribuito a finanziare la seconda stagione con un crowdfunding – anche se solo per coprire le spese, per produrre un podcast ce ne sono. Quando c’è un podcast di mezzo sembra che ci sia sempre tanta generosità e gentilezza: nelle persone che lo producono, solo perché pensano di fare una bella cosa, in chi lo ascolta, che ci mette una buona dose di fiducia, e in tutti gli altri che vengono coinvolti, senza che ci sia mai chi compra e chi guadagna.

Avrei scritto un post sul blog a proposito di Senza rossetto anche se oggi non fosse stato il 2 giugno 2018, solo perché Senza rossetto è una bella cosa e se vi interessano i podcast (o i racconti) ve lo consiglio. Visto che è il 2 giugno 2018 però aggiungo una piccola opinione un po’ pomposa di quelle che si dicono in questi giorni. La politica funziona in modo che ogni tanto a prendere le decisioni c’è qualcuno con cui non siamo d’accordo, anche molto: questi momenti sono perfetti per non buttarsi giù e rinchiudersi in un grumo di rabbia e risentimento rumorosi, e al contrario dedicarsi a qualcosa di bello, generoso e gentile. Non voglio dire che deve essere un podcast: bisogna pensarci ognuno per sé a cosa può essere. Buona festa della Repubblica!

Qui potete ascoltare la prima puntata della terza stagione di Senza rossetto. Dentro c’è Bianca Pitzorno – proprio quella di Ascolta il mio cuore e La casa sull’albero che avete letto da piccoli – che legge un racconto che parla di come cambia il corpo, dai cinque ai settantanove anni.

Ascolta “Dal quaderno dei sogni per il mio psicanalista di Bianca Pitzorno – Senza rossetto s3e01” su Spreaker.

Ho fatto qualche domanda alle creatrici di Senza rossetto, cose che magari qualcuno si chiede. Loro si chiamano Giulia Cuter e Giulia Perona.

Com’è che si finisce a fare un podcast e come si fa a farlo?
Abbiamo scelto questa forma perché avevamo voglia di sperimentare: abbiamo iniziato nel 2016, che a pensarci ora sembra una vita fa, quando i podcast in Italia erano ancora molto di nicchia… Lo sono ancora, ma adesso inizia a esserci un certo interesse. Quella del podcast ci sembrava una bella scelta per dare una forma nuova a racconti letterari. Volevamo fare letteratura, ma anche dare voce alle scrittrici che ci piacciono, fare sì che fossero loro a raccontarci le storie che avrebbero scritto per noi. Come si fa? Prima di tutto bisogna imparare a scrivere per leggere ad alta voce, poi bisogna imparare a leggere ad alta voce, poi ci vogliono tutte quelle cose tecniche: microfoni, mixer, programmi di montaggio. Oppure basta avere dei buoni fonici, come quelli che abbiamo noi.

Chi è l’ascoltatore di Senza rossetto?
Non è facile identificare chi ti ascolta, ma in questi due anni di lavoro abbiamo ricevuto messaggi e commenti da molte persone. Ovviamente bisogna prima di tutto considerare il fatto che chi ascolta podcast in Italia è una piccola nicchia, competente e tendenzialmente fedele. Se ne ascolta uno e gli piace il prodotto, probabilmente si iscriverà per ricevere anche le puntate successive. Attraverso i nostri social e la newsletter poi abbiamo potuto definire che il nostro pubblico è, ovviamente, in larga parte composto da donne. Tendenzialmente giovani (nella fascia 25-35 anni), ma non mancano le ascoltatrici più grandi.

In ciò che facciamo abbiamo poi volutamente scelto di avere un linguaggio e un modo di fare informale: vogliamo che Senza rossetto possa essere ascoltato e apprezzato da tutti, veicolare contenuti di qualità attraverso una forma semplice e coinvolgente.

Cosa avete imparato facendo Senza rossetto, sui podcast?
Che se riempi una stanza vuota di oggetti puoi ridurre l’eco durante le registrazioni.

A parte gli scherzi, tutto è iniziato un po’ per caso, sperimentando appunto, e quindi le componenti tecniche di questo lavoro le abbiamo imparate strada facendo. Più andiamo avanti, più stiamo affinando la scrittura delle puntate perché funzioni bene quando viene letta ad alta voce. Stiamo imparando a riconoscere a colpo d’occhio i racconti che funzionano alla radio e a identificare delle persone che non solo ci piacciono per quello che scrivono o per i temi che trattano, ma anche perché la loro scrittura può funzionare bene, se letta. Per noi non è fondamentale che le scrittrici abbiano una lettura teatrale, anzi, ci piace che i testi siano letti da loro proprio perché ognuna ha una voce diversa, un’interpretazione molto personale che rende l’atmosfera intima, ma è importante che i testi siano scorrevoli, semplici, circoscritti a piccoli episodi, molto visivi, perché chi ascolta possa seguirli facilmente.

Un’altra cosa che abbiamo imparato e che non ha per forza a che fare col fare podcast, ma in generale sul portare avanti un progetto come Senza rossetto è questa: chiedere non costa niente, le persone ti dicono di sì molto più spesso e con molto più entusiasmo di quello che ti aspetteresti. Noi siamo partite da zero e in tre stagioni abbiamo costruito una piccola squadra che lavora alla produzione del podcast credendo in un progetto come questo, portato avanti in maniera volontaria, al di fuori del proprio lavoro. Così come abbiamo stretto collaborazioni molto belle con scrittrici, illustratrici, riviste che non pensavamo avremmo potuto raggiungere.

E sull’essere editrici, dato che di fatto lo siete un pochino?
Abbiamo imparato che quello che paga è avere un progetto editoriale originale, ma soprattutto ben costruito, con un’identità definita e coerente. Nella prima stagione avevamo un preciso intento commemorativo (ricordare le donne che avevano votato per la prima volta in Italia nel 1946), dalla seconda stagione in avanti abbiamo deciso di lavorare molto per temi e con un chiaro riferimento temporale come era stato per la prima: nella seconda stagione ci siamo concentrate sul presente e sul modo in cui il linguaggio influisce sulla nostra percezione del genere, nella terza guardiamo al futuro e cerchiamo di rispondere alla domanda “come si cresce un bambino o una bambina femminista?” da diversi punti di vista.

Dietro i racconti che voi ascoltate c’è una nostra indicazione editoriale molto precisa, siamo noi a decidere i temi e a decidere chi ne debba parlare (anche se a volte è capitato che fossero le scrittrici a proporsi per un tema piuttosto che per un altro) e oltre a indicazioni tecniche e di forma (lunghezza, tono, target…) diamo alle autrici anche delle schede di preparazione che contengono spunti di vario genere sul tema in questione: articoli, film, libri, eventi. È un modo di creare una riflessione comune insieme alle scrittrici e di ispirare subito il tipo di mood che cerchiamo di raggiungere con le nostre puntate: un tono leggero, spesso anche ironico, poco politicizzato (parte che ci riserviamo noi nelle introduzioni). Sono racconti, non saggi o manifesti.

Cosa c’è nella terza stagione?
Dopo aver guardato al passato con la prima stagione, al presente con la seconda, la direzione che abbiamo scelto è di guardare al futuro: parliamo alle nuove generazioni, ma anche a chi crescerà quelle bambine, ragazze, donne. Parafrasando la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie, al centro di tutto ci sarà la domanda: come si cresce una ragazza femminista?

Le puntate saranno sempre cinque: ognuna dedicata al formarsi come donna in Italia. Abbiamo affidato i racconti alla penna e alla voce di scrittrici che, in questo caso, si occupano o hanno scritto in passato narrativa per ragazzi e “young adult”. Insieme a Bianca Pitzorno, Carolina Capria, Lorenza Ghinelli e Giulia Gianni abbiamo affrontato argomenti come il corpo che cambia, il consenso e il desiderio, e la ricerca di modelli di riferimento. Alle autrici abbiamo voluto affiancare cinque illustratrici che hanno fatto una riflessione dal punto di vista visivo sugli stessi argomenti: Giulia Sagramola, Ilaria Urbinati, Cecilia Campironi, Sarah Mazzetti e Lorenza Natarella.

Ludovica Lugli

Nata a Modena nel 1991, se fosse nata nel 1941 avrebbe fatto la libraia. Ha studiato fisica per un po’, ma forse avrebbe dovuto scegliere biologia dato che gli animali le piacciono più del grafene.