Il più bell’inno nazionale del mondo

Oggi sono cento anni dalla nascita dell’autore del più bell’inno nazionale del mondo, su cui scrissi questa cosa molto tempo fa.

Soyuz nerushimy respublik svobodnykh
Splotila naveki velikaya Rus’!
Da zdravstvuyet sozdanny voley narodov
Yediny, moguchy Sovetsky Soyuz!”  

Da bambini, gli inni nazionali si imparano alle Olimpiadi. Diventano familiari quelli dei paesi che vincono di più: gli Stati Uniti, la Germania, l’Inghilterra, la Cina, l’Australia e la Russia. Una volta, quando c’era l’URSS, l’inno sovietico lo si sentiva continuamente nelle estati olimpiche. E non c’era gara, neanche lì: era straordinariamente più bello degli altri (con quello che ci ritrovavamo noi, poi).L’inno nazionale dell’URSS dalla rivoluzione fino al 1944 era stato l’Internazionale (“compagni avanti il gran partito…”, ma in russo), la cui musica era stata composta dal belga Pierre Degeyter nell’Ottocento. Ma Stalin decise che ci voleva qualcosa di più celebrativo e nuovo e lo sostituì con una composizione di pochi anni prima di Alexander Vasilyevich Alexandrov, fondatore del Coro dell’Armata Rossa. Per il testo fu assoldato un giovane autore di libri per bambini, Sergey Vladimirovich Mikhalkov. A un certo punto il testo del nuovo inno menzionava lo stesso Stalin, e così dal 1953 – con la sua morte e il revisio- nismo conseguente – si decise di non usare le parole nelle esecuzioni dell’inno. Solo nel 1977 lo stesso Mikhalkov fu richiamato in servizio per ritoccare i versi. Col crollo dell’URSS nel 1991, si aprì il dibattito sull’inno. Boris Eltsin decise che la nuova Russia ne avesse uno diverso, e recuperò la “Canzone della Patria”, composta da Mikhail Glinka un secolo e mezzo prima, che non aveva testo. E proprio alle Olimpiadi del 2000 scoppiò in patria il caso degli atleti russi che non cantavano l’inno, perché non avevano nulla da cantare. La questione fu sostenuta in par- ticolare da Vladimir Putin, che aveva da poco rimpiazzato Eltsin alla guida della Russia, e che decise di recuperare il vecchio inno dell’URSS (l’unica buona delle molte vecchie regressioni sovietiche introdotte da Putin). Per riscrivere il testo alla nuova bisogna, fu chiamato ancora l’ormai 87enne Mikhalkov. Ma a noi piace ricordarlo com’era, anche nelle parole:
Soyuz nerushimy respublik svobodnykh….


Altre cose:

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).