Cosa mi aspetto dal domani
Tra le varie riflessioni in corso sull’Italia del governo Monti c’è la diffusa conversazione su se le cose della politica italiana torneranno uguali appena finirà la legislatura o se, come dice un mio amico, ormai “niente sarà più come prima” e se questo cambiamento, lungi dall’essere radicato, influirà però sul ritorno a una normalità. È una discussione contigua ma indipendente da quella sui destini di Berlusconi, che come tutte le altre analisi personalizzate mi sembra meno interessante.
Mi pare invece che gli ultimi due giorni mostrino esattamente cosa sia tuttora e cosa sia pronta a tornare a essere la politica dei partiti e dei media italiani, saldamente complici nell’incapacità di ripensare se stessi e il futuro. Da due giorni l’informazione e il dibattito politico sembrano essere stati rioccupati da questi temi: che Berlusconi non andasse da Vespa con annessi retroscena nel PdL e che lo stesso PdL chiedesse le dimissioni di un ministro per un’espressione offensiva.
La sensazione revival è commovente se la vivete come se non vi riguardasse, come se osservassimo da altrove, come se tutto questo fosse almeno infine disgiunto dalle scelte dell’esecutivo. Non più la vecchia fuffa pericolosa ma fuffa innocua: come vedere i talkshow politici di questi tempi, di rilievo equivalente a una discussione tra ragazzotti da Maria De Filippi.
Non voglio guastarvi la giornata segnalandovi invece la mia opinione: che è che questo ci aspetta, e che ce la stiamo andando a cercare, se non ci occupiamo tutti di costruire altro adesso che c’è il tempo e un po’ di voglia.