Dove li troviamo
Posto che ogni anno i commenti più sensati su Sanremo sono uguali ai commenti più sensati dell’anno prima, e se vado a rivedere cosa ho scritto ogni anno negli ultimi dieci anni ho la percezione esatta del fallimento (di tutto, e mio), oggi Antonio Dipollina mette il dito su una piaga a cui tengo particolarmente e su cui insisto alla noia: il problema di una buona offerta oggi è che non c’è domanda, perché la cattiva offerta per anni ha devastato anche la domanda. La soluzione sarebbe fare progetti a lunga scadenza, ricostruendo la domanda a forza di buona offerta malgrado gli inevitabili insuccessi di breve periodo. Questo approccio vale naturalmente molto per la politica (ci ho scritto un libro, l’Italia tra vent’anni, eccetera, e ne è già volato uno) ma anche per tutto quanto. Il guaio è che per poterlo fare in tempi di vacche magre – e di uova marce oggi meglio che galline domani – ci vogliono grande coraggio e responsabilità.
Se è stato questo gran successo, perché a Sanremo tira aria di repulisti totale, dimissioni in massa, vertici trascinati nella polvere, astio e recriminazioni? Mistero, ma nemmeno tanto. Il punto sono i numeri, e sarebbe ora di far notare che gli ascolti drogati delle serate-Celentano sono stati probabilmente anche un po’ deludenti rispetto all’attesa e alla sensazione che in Italia, in quelle ore, non stesse succedendo nient’altro. Gli ascolti fantasmagorici del Sanremo 2012 sono stati quelli delle serate senza Celentano, pazzeschi, di natura fiorelliana (lo show e basta, senza tante storie e senza trovate autoriali del piffero, per restare in ambito musicale): e tutto mentre non funzionava niente, con pause e vuoti assurdi in un programma che si impiega un anno a preparare, Morandi non era nemmeno più il naif simpatico dello scorso anno ma una sorta di mastino feroce che difendeva l’indifendibile a ogni costo, senza capire le battute di Geppi Cucciari e senza azzeccare una pronuncia inglese, mentre Papaleo lanciava la foca, che inizia per F come farfalla, e il pubblico del televoto, o chi per esso, dimostrava di saper fare la scelta peggiore comunque tra le alternative possibili.
Come dicono in molti, Sanremo dev’essere così o anche peggio, un’edizione perfetta farebbe infuriare tutti e ci lascerebbe un senso di vuoto. Ma c’è un limite. E quindi dovremmo esserci, al cambiamento, con la Rai che si riappropria del suo evento principale spingendo via con una spallata tutti gli esterni (ma succederà davvero? Ci sono le condizioni? E soprattutto, perché non provare a fare la stessa cosa con altri tre quarti della programmazione?). Volendo ci sarebbe un luogo da cui partire, ed è la serata dei duetti: grandissimo pubblico, a un passo da Celentano, pretese giuste, momenti magnifici e resa complessiva un po’ così, ma tirava un’aria da Broadway rispetto alle altre serate.
Certo, bisognerebbe iniziare a dare soldi a gente che li vale davvero. E poi cominciare a rifilare calci nel sedere al mondo esterno, ma davvero, agli eroi dei talent e compagnia cantante (la canzone migliore era sorvegliata da Mauro Pagani, verrebbe da baciarlo, ovvero uno agli antipodi della deriva musicale attuale). E infine sì, certo, ci vorrebbe Geppi Cucciari: ma poi dove li troviamo quelli che capiscono in massa le buone battute nel paese che prima di liberarsi delle sue farfalline ventennali, che hanno inquinato e soprattutto “inguinato” l’ambiente impiegherà, se va bene, un paio di generazioni almeno?
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