Buon rientro agli insegnanti

Sappiamo che l’apertura di asili, scuole, università, quest’anno assume dei caratteri particolari. Sappiamo quante inquietudini stringano tutti.

Ma qui, per un attimo, vorrei semplicemente fare gli auguri di buon rientro in aula a tutte e tutti gli insegnanti del nostro paese, di ogni ordine e grado. Sì, sappiamo che ci sono differenze di mestiere, che ogni tappa ha le sue specificità e competenze, che gli educatori e le educatrici 0-3 (che belli i gerghi ministeriali) non sono lo stesso lavoro di chi fa 10-13 o 14-18 (i numeri indicano gli anni di età degli alunni), e che chi insegna all’università è addirittura sotto un altro ministero (com’è giusto che sia); è vero, ci sono educatori e educatrici (che bella la parola “educare”, da “e-duco”, cioè “tiro su”, “traggo fuori”, perché questo fanno alla scuola dell’infanzia, tirano su e traggono dai bambini quello che ancora non hanno neppure dentro, ma lo preparano), maestre e maestri, professoresse e professori, docenti, associati, ordinari, ciascuno con la sua laurea, la sua abilitazione, il suo concorso.

Ma nelle prossime settimane saremo tutti ugualmente in aula, timorosi, guardinghi, sospettosi, forse anche un po’ impauriti, ma emozionati noi per primi, perché ricominceremo a fare il nostro mestiere.

Ne abbiamo sentite di tutti i colori in questi mesi. E ne abbiamo anche dette. Sbirciando le lezioni a distanza, prima i genitori si sono accorti di quanto sia difficile insegnare e tenere un’aula, poi a volte hanno preso i maestri e le maestre per dei baby sitter, utili solo a stoccare tutti i minorenni del paese, altri hanno ricominciato con la stupida tiritera del lavorare poco (mai poco come loro poco ragionano, se posso permettermi). Poi ci sono stati i banchi a rotelle, i timori sanitari, un’organizzazione che sarà difficile.

Però ora si torna in aula, che sia alla scuola dell’infanzia o all’università.

E si ricomincia nel paese delle università più antiche del mondo, nel paese del Liceo classico (fermi lì: non voglio riaprire la solita polemica; dico solo che è un’invenzione originale che ha accompagnato un pezzo della storia italiana), nel paese di Maria Montessori, nel paese di Gianni Rodari (ve lo immaginate, Rodari, maestro elementare, che spettacolare rientro avrebbe preparato per i suoi alunni in un frangente come il nostro, come avrebbe esorcizzato paure e attivato energie inaspettate?).

Allora il mio augurio, almeno per i primi giorni, è di non pensare a nulla di tutto quello che c’è intorno a questo rientro, a non pensare alle polemiche, a non pensare alle aspettative (contraddittorie) di tutto il paese, a non pensare a quello che non va (ma certo di segnalarlo e tenerne conto).

L’augurio è di godersi il ritorno in aula, con quel carico di relazioni e di concreta umanità che ci regala. Dobbiamo stare attenti, certo, dobbiamo parlare a dei giovani che avranno le mascherine, che non potremo scrutare fino in fondo, ma faremo in modo che ci bastino gli occhi.

La didattica a distanza ci ha fatto venire in mente tante buone idee, che sfrutteremo, ma ci ha dato anche la certezza assoluta che il rapporto diretto con bambini e bambine, studenti e studentesse, giovani adulti che si presentano in aula non solo per avere informazioni o nozioni o concetti, ma per vivere la formazione e per formarsi alla vita successiva, è insostituibile.

E quest’anno molti di loro – pensiamo a chi si iscrive a un primo anno, in cui ai timori della novità, in queste condizioni, si aggiunge forse il senso di incompiutezza per non aver chiuso come si avrebbe voluto un ultimo anno in emergenza – sono ancora più affamati di contatto, di parole che accendono scintille, di discorsi che aprono orizzonti, di una vita quotidiana che si nutre di affetti. E noi abbiamo la fortuna di poter dar loro tutto questo, per mestiere.

Pensiamoci: c’è tutta una lunga generazione dagli 0 ai 18 o ai 23 anni, c’è tutta la linea del futuro che nelle prossime settimane entra in aula e chiede a noi di fare sapere, di conoscere quello che c’è di bello e utile; non lo chiede in primo luogo ai libri, non ce lo chiede a distanza, non lo chiede a video e tutorial, lo chiede a noi, persone in carne e ossa, gli insegnanti e le insegnanti.

Non sappiamo se arriverà una seconda ondata, non sappiamo come si concluderà l’anno. Però auguro a tutti e tutte di godersi l’enorme responsabilità e piacere di ricominciare un mestiere che ha il privilegio, come diceva qualcuno, di scrivere nelle anime dei singoli.

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Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.