Marchionne, non idoneo

C’è un aggettivo che ricorre per ben due volte nello scarno e piuttosto vago comunicato stampa congiunto Fiat-Governo emesso dopo il lungo incontro tenutosi sabato a Palazzo Chigi. E da cui si possono evincere, nemmeno troppo velatamente, le reali intenzioni di Marchionne di voler prendere tempo per giocarsi l’ennesima “partita a poker” con Governo, parti sociali, operai «da quel gran scommettitore qual è», come lo ha definito ieri Massimo Mucchetti sul Corriere della sera.

L’aggettivo è «idoneo»: 1) «Da parte Fiat è stato espresso apprezzamento per l’azione del Governo che ha giovato alla credibilità dell’Italia e ha posto le premesse, attraverso le riforme strutturali, per il miglioramento della competitività, oltre che per un cambiamento di mentalità idoneo a favorire la crescita»; 2) «Fiat ha inoltre confermato la strategia dell’azienda a investire in Italia, nel momento idoneo, nello sviluppo di nuovi prodotti per approfittare pienamente della ripresa del mercato europeo».

Facile notare subito come tale aggettivo si possa prestare a interpretazioni dubbie, perlomeno ambivalenti, certamente capaci anche di riuscire a dire tutto e il contrario di tutto. Per esempio, secondo me, un cambiamento di mentalità davvero idoneo per favorire la crescita sarebbe quello indotto da una sapiente azione del Governo mirata a un’applicazione piena dell’articolo 41 della Costituzione (proprio quello che invece Tremonti un anno fa voleva profondamente modificare) che stabilisce che: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».

Ancora, un altro cambio di mentalità idoneo per favorire la crescita è a mio avviso quello, certamente nelle corde di un’europeista convinto come Monti, di promuovere la responsabilità sociale di impresa che, non a caso, la Commissione europea non definisce più con le parole forse un po’ troppo “dottrinali” del suo libro verde del 18 luglio 2001 come «l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese in tutte le operazioni commerciali, nei processi decisionali e nei rapporti tra l’azienda e i propri interlocutori» bensì molto più laconicamente, con una nuova comunicazione del 25 ottobre 2011, come «la responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società». Come a dire, basta ormai con affermazioni di principio e distinguo, guardiamo ai fatti. Che poi sono gli stessi che la ministra Fornero ha sintetizzato in una ripresa televisiva di qualche giorno fa, affermando come le imprese in generale e una come la Fiat in particolare «non devono rispondere delle loro scelte solo ai propri azionisti bensì anche ai tutti i loro stakeholder, dipendenti in primo luogo».

Ebbene, è difficile immaginare che simili idee di idoneità siano condivise da Marchionne che da sempre rivendica il diritto ad avere mani completamente libere per agire.
Veniamo poi al momento idoneo per investire nello sviluppo di nuovi modelli di auto. Come la pensa Marchionne già lo sappiamo. Ma c’è chi, come la Volkswagen, ritiene idoneo tutt’altro, ossia lanciare nuovi modelli a raffica, proprio adesso che il mercato europeo è in una fase di forte rallentamento, anzi, come spiegava il 3 settembre in un’intervista a Repubblica Massimo Nordio, numero uno di Volkswagen Italia, di «demotorizzazione e di stravolgimento del rapporto con l’automobile, soprattutto per le nuove generazioni». Ma che, nonostante ciò, non ha dubbi su come battere la crisi: «Riusciamo a fare meglio del mercato grazie ai prodotti. L’offerta è sempre più ampia. I concorrenti sono molti e sempre in aumento, per questo noi dobbiamo sempre migliorare».
Per non parlare, infine, della idoneità del management Fiat ad affrontare le sfide che si profilano.

Mercoledì della scorsa settimana sono stato alla presentazione del nuovo libro di Luigi Zingales Manifesto capitalista (Rizzoli). L’evento, tenutosi presso la Fondazione Corriere della sera e moderato da Beppe Severgnini ha visto gli interventi degli economisti Michele Salvati e Guido Tabellini, entrambi i quali hanno criticato l’autore laddove nel libro lascia intendere che in Italia ormai tutto risulta ingessato e si può fare ben poco per sbloccare la nostra economia. Zingales ha smentito questa chiave di lettura citando, “a sua discolpa”, un episodio di cui, ha raccontato, è venuto a conoscenza guardando a Chicago (dove insegna) la trasmissione tv Planet money, «la migliore trasmissione televisiva di economia al mondo», ha aggiunto.

Ebbene, durante una puntata della trasmissione hanno fatto un’inchiesta sulla Barilla da cui è emerso che per lungo tempo lo stabilimento più produttivo è risultato quello di Parma, il meno produttivo quello di Foggia. Per cui, a un determinato momento, la famiglia Barilla ha deciso di intervenire e di mandare un nuovo manager a Foggia per cercare di migliorare almeno un po’ la situazione. Il nuovo manager ha quindi deciso di cominciare la sua “missione” aprendo un dialogo diretto con gli operai: ogni giorno ne chiamava alcuni (per primi quelli che risultavano i più assenteisti) nel suo ufficio e, pazientemente, cercava loro di spiegare che l’azienda non andava vista come una sorta di nemica per cui a fare i furbi comunque si guadagnava qualcosa; ha prestato ascolto alle loro istanze accogliendole là dove possibile, ha promosso una cultura d’impresa tale per cui se si vince vincono tutti e non solo pochi a scapito dei molti. Così pian piano è nato all’interno della fabbrica uno spirito di squadra fortissimo, l’assenteismo si è praticamente azzerato e oggi lo stabilimento di Foggia batte per produttività persino Parma.

Con tempismo perfetto è allora intervenuto Severgnini dicendo che aveva appena ricevuto un sms da Marchionne che gli chiedeva il nome di quel manager. Sottinteso della battuta, evidentemente, era che per Marchionne quel manager sarebbe stato idoneo per mettere ordine in qualche stabilimento Fiat. Per me invece quel manager sarebbe stato idoneo per sostituire Marchionne.
Certi aggettivi, perciò, meglio maneggiarli con cura.

Francesco Maggio

Economista e giornalista, già ricercatore a Nomisma e a lungo collaboratore de Il Sole24Ore, da molti anni si occupa dei rapporti tra etica, economia e società civile. Tra i suoi libri: I soldi buoni, Nonprofit (con G.P. Barbetta), Economia inceppata, La bella economia, Bluff economy. Email: f.maggio.fm@gmail.com