La roteante forza di Coriolis

Mio figlio, nonostante abbia ormai dieci anni, ama come me le giostre e la loro sorniona inutilità. Domenica scorsa siamo andati ai Giardini di Porta Venezia dove ce n’è una sufficientemente malandata da sembrare di un’altra epoca.

Mentre lo guardavo girare, appollaiato su un dondolante cavallo di cartapesta marrone tempestato di specchietti, ho sentito come una specie di freddo flutto salirmi su, dietro le orecchie e risuonare, nella cassa cranica, il ritornello banale di una canzone di quando avevo io dieci anni: «gira il mondo gira…».
Quella canzonetta fu il tormentone del Disco per l’estate del 1965 (stagione nella quale i miei genitori passarono tutto il tempo a litigare e che, quindi, per me è la colonna sonora del conflitto). Si intitolava Il mondo e la cantava a squarcia gola l’occhialuto Jimmy Fontana, nome d’arte di Enrico Sbriccoli (1934-2013). Fontana era anche un appassionato di armi da fuoco: possedeva il porto d’armi e collezionava pistole. Nel 1971 acquistò, presso un’armeria di Sanremo, una mitraglietta Cz 61 Skorpion, calibro 7.65. Proprio quella mitraglietta fu poi ritrovata, nel 1988, nel covo delle Brigate Rosse in via Dogali a Milano, e riconosciuta dai carabinieri come l’arma utilizzata in numerosi attentati, come la strage di Acca Laurentia (1978), l’uccisione dell’economista Ezio Tarantelli (1985), dell’ex sindaco repubblicano di Firenze Lando Conti (1986) e del senatore democristiano Roberto Ruffilli (1988). Jimmy Fontana affermò di averla venduta, nel 1977, al funzionario della polizia Antonio Cetroli presso l’armeria Bonvicini di Roma: il poliziotto confermò di essere stato interessato all’acquisto dell’arma, ma negò che ciò fosse avvenuto; la titolare dell’armeria ricordò di aver messo in contatto i due, ma di non sapere se la vendita si fosse poi effettivamente conclusa.

Sto, come sempre, divagando: questo giro di armi ha poco a che fare con ciò che volevo dire. Ma è la conferma che vita è da sempre un frullatore impazzito: ci butti dentro gli ingredienti più disparati e te li ritrovi attaccati, associati da nessun’altra logica che la forza, del tutto casuale, del movimento rotatorio.
Guardando la giostra, e risentendo l’ ossessivo ritornello della canzone del mondo che gira, mi son così venuti in mente i dervisci. Li vidi, alla fine del secolo scorso, danzare come trottole per oltre un’ora, ammirato e incredulo, in una tekkè dell’Ordine dei Mevlevi, circondata dai melograni, nel quartiere Pera di Istanbul. Quando i dervisci roteano su se stessi, le gonne delle loro vesti bianche si alzano per effetto della forza centrifuga e, allo stesso tempo, a causa del moto ondulatorio, sulla superficie del tessuto si formano increspature che sembrano vivere di vita propria. Secondo alcuni scienziati questo spettacolare fenomeno si può spiegare con la cosiddetta “forza di Coriolis”.

In fisica, la forza di Coriolis è una forza apparente, alla quale risulta soggetto un corpo quando si osserva il suo moto da un sistema di riferimento che sia in moto circolare rispetto a un sistema di riferimento inerziale. Descritta per la prima volta in maniera dettagliata, nel 1835, dal fisico francese Gaspard Gustave de Coriolis, essa dipende, anche come direzione, dalla velocità del corpo rispetto al sistema di riferimento rotante. Ha effetti non trascurabili in tutti i casi in cui un corpo si muova ad alta velocità su lunghi percorsi (come, ad esempio, proiettili o missili a lunga gittata). La forza di Coriolis è riscontrabile in molti fenomeni atmosferici, che vengono condizionati dalla rotazione della Terra intorno al proprio asse. Questo moto rotatorio fa sì, ad esempio, che, nei cicloni, i venti ruotino in senso orario nell’emisfero settentrionale e in senso antiorario in quello australe.

Per verificarlo, quando andai a Buenos Aires, appena preso possesso della mia camera in albergo, feci la prova del lavandino: aprii il rubinetto e l’acqua defluì via con un vortice in senso contrario a quel che avviene da noi nell’emisfero di sopra. Mi parve la prova di esser giunto in un luogo inverso, storto, pieno di macerie e cadaveri risucchiati, di fantasmi e tristi ballerini (il rapporto tra il tango e la danza dei dervisci è ancora tutto da studiare).

Ma se si applicasse la teoria di Coriolis alle nostre vite, avrebbe più senso l’idea dell’eterno ritorno di Friedrich Nietzsche? Il soggetto (o l’oggetto) che ritorna non sarebbe più quello di partenza e, soprattutto, non riuscirebbe a ritornare esattamente nel punto iniziale. Il suo moto l’avrebbe spostato un po’ più in là. Non è quindi vero che quando si muore si ritorna al punto di partenza, e che tutte le cose altro non fanno che prima o poi ripresentarsi. Il nostro movimento in un mondo che gira scombina le traiettorie. Ed è per questo che, con lo stesso effetto che facevano i lavori di tutta una vita creativa, dell’ancor giovane ma stanco Maurizio Cattelan, sospesi dall’alto nella tromba delle scale della Fondazione Guggenheim di New York, alla fine del giro della giostra della Storia una mitraglietta sporca di sangue può ritrovarsi vicino ad una canzonetta, e una danza mistica sufi a una bizzarra teoria della Fisica. E il Natale, non è forse l’effetto della forza di Coriolis?

Francesco Cataluccio

Ha studiato filosofia e letteratura a Firenze e Varsavia. Ha curato le opere di Witold Gombrowicz e Bruno Schulz. Dal 1989 ha lavorato nell’editoria e oggi si occupa della Fondazione GARIWO-Foresta dei Giusti. Tra le sue pubblicazioni: Immaturità. La malattia del nostro tempo (Einaudi 2004; nuova ed. ampliata: 2014); Vado a vedere se di là è meglio (Sellerio 2010); Che fine faranno i libri? (Nottetempo 2010); Chernobyl (Sellerio 2011); L’ambaradan delle quisquiglie (Sellerio 2012); La memoria degli Uffizi (Sellerio 2013); In occasione dell’epidemia (Edizioni Casagrande 2020); Non c’è nessuna Itaca. Viaggio in Lituania (Humboldt Books 2022).