Il passaggio dell’uragano Fiona nell’oceano Atlantico, visto da un drone

Il passaggio dell'uragano Fiona nell'oceano Atlantico, visto da un drone

La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), l’agenzia federale degli Stati Uniti che si occupa di meteorologia e clima, ha diffuso alcune immagini del passaggio nell’oceano Atlantico dell’uragano Fiona, visto molto da vicino. Le immagini sono state registrate da un drone oceanico, un dispositivo galleggiante, alimentato a energia solare ed eolica e dotato di sensori per la raccolta di dati meteorologici in tempo reale: sono state riprese giovedì e mostrano onde alte fino a 15 metri e raffiche di vento fino a 160 chilometri orari.

Domenica l’uragano Fiona è arrivato sulle coste sud-occidentali dell’isola caraibica di Porto Rico, dove ha provocato alluvioni, frane e smottamenti. Venerdì ha portato piogge intense e forti venti nel piccolo arcipelago di Bermuda – circa mille chilometri a est della costa orientale degli Stati Uniti – e in queste ore sta proseguendo il proprio percorso verso nord. Si prevede che sabato mattina (quando in Italia sarà metà pomeriggio) raggiungerà le coste orientali del Canada: le autorità della provincia della Nuova Scozia hanno allertato la popolazione, invitando i residenti a rimanere in casa, evitare le zone lungo le coste e assicurarsi di avere provviste per almeno tre giorni.

La strana versione di Berlusconi su come sia iniziata la guerra in Ucraina

La strana versione di Berlusconi su come sia iniziata la guerra in Ucraina

Giovedì sera, intervistato da Bruno Vespa nel programma televisivo di Rai 1 Porta a Porta, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi ha parlato dell’invasione russa dell’Ucraina, fornendo una versione sconclusionata dei motivi della guerra, attribuendone la responsabilità alla popolazione russa e alle repubbliche separatiste del Donbass più che al presidente russo Vladimir Putin.

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Secondo Berlusconi, il presidente russo Vladimir Putin «è caduto in una situazione veramente difficile e drammatica» e avrebbe deciso di invadere l’Ucraina per difendere la popolazione delle repubbliche filorusse del Donbass dagli attacchi ucraini, che sarebbero stati ordinati dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Berlusconi ha aggiunto che Putin «è stato spinto dalla popolazione russa, dal partito, dai ministri, a inventarsi questa operazione speciale, per cui le truppe russe sarebbero dovute arrivare a Kiev in una settimana, e sostituire con un governo di persone perbene il governo di Zelensky».

Per Berlusconi le cose non sono andate come aveva previsto la Russia perché c’è stata «una resistenza imprevista e imprevedibile da parte delle truppe ucraine, che poi sono state anche foraggiate con armi di tutti i tipi da parte dell’Occidente». Ha poi concluso dicendo che ora la situazione è diventata difficile da tenere sotto controllo «anche perché, non ho capito il motivo, le truppe russe si sono sparse in giro per l’Ucraina, mentre secondo me avrebbero dovuto soltanto fermarsi intorno a Kiev».

Le dichiarazioni di Berlusconi riflettono quella che è la versione ufficiale del governo russo, che ha sempre sostenuto che l’invasione fosse un modo per difendere la popolazione russofona delle repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk e per “denazificare” l’Ucraina, due argomenti che però sono sempre stati giudicati pretestuosi e basati su premesse false dalla comunità internazionale.

La parole di Berlusconi non sorprendono più di tanto, dato che il leader di Forza Italia è stato per molti anni uno stretto alleato e amico personale di Putin e fino a pochi mesi fa aveva evitato di criticare l’invasione dell’Ucraina.

La sedia vuota nell’intervista della giornalista Christiane Amanpour al presidente iraniano Raisi

La sedia vuota nell'intervista della giornalista Christiane Amanpour al presidente iraniano Raisi

Giovedì la nota giornalista britannica di CNN Christiane Amanpour avrebbe dovuto intervistare il presidente iraniano Ebrahim Raisi al termine dell’Assemblea generale dell’ONU a New York, negli Stati Uniti. L’intervista era stata concordata da settimane, e sarebbe stata la prima di Raisi negli Stati Uniti dalla sua elezione, oltre che la prima grossa e rilevante dall’inizio delle proteste in Iran per la morte di Mahsa Amini, storia su cui il regime iraniano sembra avere ampiamente mentito.

L’intervista però è saltata all’ultimo momento, Raisi ha fatto attendere Amanpour per 40 minuti e poi ha mandato un suo assistente per dirle che non si sarebbe fatto intervistare se la giornalista non avesse indossato il velo (che è obbligatorio per le donne in Iran, ma certamente non fuori).

Raisi, ha detto Amanpour, le ha chiesto di indossare il velo perché in questo periodo nel calendario islamico sono i mesi sacri di Muharram e Safar. Amanpour si è però rifiutata, dicendo che in territorio statunitense non esistevano obblighi di quel tipo, e ha ricordato che nessun altro presidente iraniano le aveva mai chiesto di indossare il velo quando lo aveva intervistato fuori dall’Iran. Raisi, che viene considerato un ultraconservatore e fa parte di quel pezzo di regime iraniano più intransigente verso l’Occidente, ha deciso quindi di non presentarsi.

Amanpour, che è di origine iraniana e ha vissuto in gioventù a Teheran, ha pubblicato su Twitter una foto del set allestito per l’intervista, con la sedia vuota dove avrebbe dovuto essere seduto Raisi.

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