No, è improbabile che quest’uomo di Pompei sia morto mentre si stava masturbando

No, è improbabile che quest'uomo di Pompei sia morto mentre si stava masturbando

Negli ultimi giorni è diventata virale online una foto pubblicata il 9 giugno dall’account Instagram del parco archeologico di Pompei, la città romana distrutta nel 79 d.C. da un’eruzione del Vesuvio. La foto mostra un uomo carbonizzato, sdraiato a terra a gambe larghe e con la mano destra all’altezza dell’inguine. Per via di questa posa diversi utenti di vari social network hanno ipotizzato che quest’uomo sia morto mentre si stava masturbando, ma probabilmente le cose non sono andate in questo modo.

Parlando col sito di news Daily Dot, il vulcanologo ed esperto di Pompei Pier Paolo Petrone ha spiegato che «non c’è modo di provare l’esistenza di nessun “uomo masturbante”». I corpi delle persone morte a Pompei si trovano in posizioni “strane” perché l’eccessivo calore – che secondo una delle teorie principali su Pompei è stata la vera causa di morte della popolazione – le ha piegate in una posizione apparentemente innaturale, e diversa da quella che avevano nei loro ultimi secondi di vita. È il motivo per esempio per cui alcuni corpi si sono conservati in una posizione simile a quella assunta dai pugili prima di ricevere un colpo. Le teorie più accreditate su Pompei concordano inoltre sul fatto che gli abitanti della città siano morti nel giro di pochi secondi, cosa che probabilmente ha impedito loro di decidere come disporre degli ultimi momenti della loro vita.

Xena contro il razzismo a Lucca

Xena contro il razzismo a Lucca

Lucy Lawless (Lucille Frances Ryan), attrice e cantante neozelandese conosciuta soprattutto per essere stata la protagonista della serie tv Xena – Principessa guerriera, ha scritto un post su Facebook per denunciare un episodio di razzismo cui ha assistito mentre era in vacanza a Lucca, in Toscana.

Stavo camminando per le vie di Lucca, in Italia, questa sera ed ero preceduta da un gruppo di sei ragazzi ben vestiti, tra i 18 e i 19 anni. Un ragazzo nero è passato in bicicletta. Uno dei ragazzi ha fatto il verso di una scimmia e ha sbattuto le mani sopra la sua testa. Poi ha urlato “Gabon!”. Un altro si è unito alla cosa, poi un terzo, sempre urlando e battendo le mani in modo minaccioso. Gli altri ragazzi hanno sorriso, ma non gli sono andati dietro.

Lawless scrive di avere mormorato “orribile, veramente orribile”, sorprendendo il gruppo di ragazzi che non si aspettava di avere un adulto alle spalle che li avrebbe ripresi, e che se il suo italiano fosse stato migliore avrebbe spiegato loro “con calma che le generazioni passate di italiani erano di migranti nei nostri paesi e che il loro comportamento è una forma di terrorismo”.

Anche i cuccioli di ghepardo hanno bisogno della pet therapy

Anche i cuccioli di ghepardo hanno bisogno della pet therapy

Dagli anni Ottanta gli zoo statunitensi si servono della pet therapy (che di solito consiste nell’affiancare cuccioli di animali alle persone per farle stare emotivamente meglio nei momenti difficili) anche per aiutare i cuccioli di ghepardo. I piccoli ghepardi sono animali molto nervosi e la presenza dei cagnolini li aiuta a calmarsi e sentirsi al sicuro, soprattutto nei periodi di riabilitazione, e insegnano loro come comportarsi in mancanza di figure materne o paterne della loro specie. Lo zoo di San Diego, in California, è stato il primo ad affiancare i due animali, cosa che in natura non potrebbe mai accadere; i cani non corrono alcun pericolo ma diventano la figura dominante nel rapporto per il loro ruolo di guide e protettori.

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