Il momento più discusso del Premio Strega

Il momento più discusso del Premio Strega

Durante la cerimonia di consegna del Premio Strega, il più importante premio letterario italiano, il conduttore Giorgio Zanchini ha concluso l’incontro con la scrittrice Valeria Parrella, finalista del premio, dicendo che subito dopo avrebbe parlato di com’è cambiata la condizione femminile dopo il #metoo, il movimento nato nel 2017 in cui donne da tutto il mondo condividevano sui social le loro esperienze di molestie e aggressioni.

Zanchini aveva insistito che la stessa Parrella avrebbe potuto parlare a lungo di questo tema, e forse anche per questo Parrella ha risposto: «E lei ne vuole parlare con Augias? Auguri!». La sua risposta è sembrata anche sottolineare come fosse opportuno parlare di quell’argomento coinvolgendo almeno una donna. La scena è stata molto condivisa e commentata sui social network, diventando il momento della cerimonia di cui si è parlato di più.

Corrado Augias ha replicato poco dopo chiedendo se allora due intellettuali non possano parlare dei problemi degli operai, e ha ribadito che pur non essendo una donna la condizione femminile lo interessa perché «riguarda tutti noi». Nel corso della sua storia il Premio Strega ha sempre avuto tra i candidati e i vincitori molti più scrittori che scrittrici. Quest’anno, dei sei finalisti, Parrella era l’unica donna (anche se Jonathan Bazzi, dichiaratamente gay, rifiuta di essere inserito tra gli uomini e si è presentato alla cerimonia con la parola “femminuccia” dipinta sullo smalto delle dita).

Il premio è stato vinto dallo scrittore Sandro Veronesi con il romanzo Il colibrì, di cui potete leggere un estratto qui.

In Francia una pubblicità di bici è stata vietata perché era troppo contro le auto

In Francia una pubblicità di bici è stata vietata perché era troppo contro le auto

L’Autorité de régulation professionnelle de la publicité (ARPP), l’organismo che si occupa di controllare le pubblicità trasmesse sulla tv francese, ha vietato uno spot della marca di biciclette olandese VanMoof con l’accusa di creare un “clima di paura” sulle auto. La pubblicità – che promuove una bici elettrica e che è già stata trasmessa nei Paesi Bassi e in Germania – mostra le immagini di ciminiere, imbottigliamenti e incidenti riflessi sulle carrozzerie di alcune automobili sportive, concludendo con lo slogan “tempo di guidare il futuro”.

L’ARPP ha scritto che «certe immagini riflesse sull’auto sono, secondo noi, troppo parziali e screditano l’intero settore automobilistico. Le immagini di fabbriche/ciminiere e di un incidente creano un clima di paura. Devono quindi essere cambiate». In Francia esistono leggi che proibiscono di sfruttare sentimenti di paura e sofferenza nelle pubblicità, ma l’ARPP è stato accusato di voler difendere il settore automobilistico francese, le cui vendite nel mese di maggio si sono dimezzate a causa della crisi causata dal coronavirus. Stéphane Martin, presidente dell’ARPP, ha respinto le accuse, sostenendo che sia necessario tutelare la concorrenza leale.

Vent’anni da quell’Olanda-Italia in cui accadde di tutto

Vent'anni da quell'Olanda-Italia in cui accadde di tutto

Poche partite nella storia del calcio italiano condensano più episodi memorabili di Olanda-Italia, semifinale degli Europei del 2000 giocata ad Amsterdam il 29 giugno di vent’anni fa. Era l’Italia allenata da Dino Zoff, composta da un gruppo di campioni che sei anni dopo vinse i Mondiali in Germania. C’erano Totti, Zambrotta, Del Piero, Nesta, Cannavaro e Inzaghi, ma anche Maldini, Di Livio e Delvecchio. Mancava Buffon, che dovette tornarsene a casa con un dito rotto ancora prima di cominciare: il suo posto da titolare fu dato a Francesco Toldo, il primo grande protagonista di quella semifinale.

Davanti a oltre 50.000 tifosi olandesi, tutti arancioni, la Nazionale giocò una delle partite più emblematiche dello stile calcistico italiano famoso in tutto il mondo, il catenaccio. Anche a causa dell’espulsione di Zambrotta dopo appena mezzora di gioco, rimase due ore chiusa nella sua metà campo a rischiare e soffrire, interpretando però magistralmente la fase difensiva e ricorrendo a mille stratagemmi per cavarsela. L’Olanda ebbe l’occasione di portarsi in vantaggio con un rigore prima della fine del primo tempo, ma Toldo lo parò a Frank de Boer.

A metà secondo tempo fu assegnato un altro rigore all’Olanda. Questa volta lo tirò Patrick Kluivert, che mandò Toldo dalla parte opposta ma colpì il palo sinistro. I tempi regolamentari finirono senza reti, e così i supplementari (dove però l’Italia rischiò il colpaccio con un contropiede di Delvecchio). Poi, ai calci di rigore, accadde di tutto.

Il primo a tirare fu Di Biagio, il giocatore che due anni prima aveva sancito l’eliminazione dell’Italia ai Mondiali proprio con un rigore sbagliato. Stavolta lo segnò. Dopo di luì tocco nuovamente a De Boer, che incredibilmente se lo fece parare ancora. Su sei rigori calciati, l’Olanda riuscì a segnarne soltanto uno. Dopo De Boer sbagliò impietosamente anche Stam, e dopo di lui Totti fu abbastanza sfrontato e incosciente da annunciare ai compagni: «Mo je faccio er cucchiaio». Lo fece veramente – peraltro a un portiere, van der Sar, alto due metri – e in panchina si chiesero se fosse pazzo: segnò, realizzando il cucchiaio più famoso di sempre che di fatto concluse la partita. Dopo di lui fece gol Kluivert e Maldini commise il primo errore dell’Italia, ma poi Toldo parò a Bosvelt il suo terzo e ultimo rigore della giornata mandando l’Italia in finale a Rotterdam.

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