Io scelgo Peppone

Se non dobbiamo più finanziare i partiti, allora, non vedo perché dovremmo finanziare la Chiesa. Chi cita gli stati dove il finanziamento pubblico non c’è, infatti, dovrebbe ricordare che altrove non c’è neppure quello alle chiese. Stiamo a polemizzare sul 2 o 5 per mille da destinare ai partiti (che in fin dei conti sono italiani, e dovrebbero rappresentarci) e poi continuiamo a tacere sull’8 per mille, che, da quando esiste, ha letteralmente riempito di soldi il Vaticano: uno stato estero. Sono soldi comunque nostri, lo Stato rinuncia ad incassarli (pur avendone diritto) senza contare la partita di giro dell’inoptato, cioè il meccanismo che ogni anno indirizza alla Chiesa l’80 per cento delle quote di 8 per mille che gli italiani scelgono espressamente di non donare a nessuno. Fanno circa 600 milioni di euro: è lo stesso genere di partita di giro che è stata contestata alla possibile legge sul finanziamento ai partiti, ma per il Vaticano silenzio. La tv è inondata dagli spot della Chiesa (incentrati sulle attività caritatevoli, che pure sono un’estrema minoranza rispetto ad altri utilizzi) mentre nessuno pubblicizza che l’8 per mille si può anche donare allo Stato, il nostro Stato. I contributi per l’urbanizzazione e per le scuole, gli insegnanti di religione, le esenzioni doganali, quelle Imu e Irpef, mille altri regali e agevolazioni: la Chiesa potrebbe accontentarsi. E ringraziare, di passaggio.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera