Tutto molto trasparente

Detto simpaticamente: non si capisce niente. Da una parte si sta capendo perché Antonio Ingroia è andato in Guatemala anche solo per un pugno di giorni: l’ha fatto per aggirare la legge o stiracchiarla a modo suo. Sì, perché la legge (articolo 8, legge 361/75) dice chiaramente che un magistrato non può candidarsi dove ha esercitato sino a sei mesi prima: ma ecco, lui ha pensato d’aver risolto tutto piazzandoci in mezzo l’intermezzo guatemalteco, di modo che – lo si è appreso ieri – ora possa essere capolista in entrambe le circoscrizioni siciliane.

Il problema è che il giochino non sta in piedi, probabilmente perché neanche Ingroia aveva previsto che si sarebbe votato così presto e che l’inchiesta sulla «trattativa» avrebbe tardato tanto a concludersi: ancora a settembre, infatti, Ingroia ha proceduto all’audizione di Berlusconi (come pg di Palermo, immaginiamo) e ancora a novembre ha firmato una memoria aggiuntiva sempre sulla famigerata «trattativa». Meno di due mesi fa, insomma, Ingroia era ancora nel pieno delle sue funzioni anche se la sua richiesta di collocamento «fuori ruolo» risale a luglio. Chiaro? No. Il Csm farà bene a chiarire la faccenda: deve spiegarci se Ingroia nei mesi scorsi fosse un magistrato nel pieno delle sue funzioni, oppure, se non lo era, se sia normale che una toga fuori ruolo metta le mani in inchieste del nostro Paese pur figurando come procuratore in Guatemala. Sempre più trasparente, Ingroia.

Passando al suo migliore amico – Silvio Berlusconi – vediamo che i giudici del processo Unipol, ieri, hanno posticipato la sentenza su Berlusconi e giudicato «non dilatori» i motivi addotti dai suoi legali: si rinvia al 7 marzo. Anni fa, del resto, era successo lo stesso coi processi Ariosto e Mills. E l’altro giorno è pure successo col processo per calunnia ai danni di Rosaria Capacchione, candidata Pd: i giudici hanno accolto tranquillamente la sua istanza. Però ecco, i giudici del processo Ruby invece non hanno accolto niente, hanno deciso che le udienze devono proseguire nonostante le elezioni: «Il Tribunale non può operare valutazioni di opportunità largamente intese». Che vuol dire? Boh. Il pm Boccassini aveva tuonato: «Un processo non può essere sospeso per una campagna elettorale». Ah no? E perché no?

L’altro giorno Oscar Giannino ha cassato un candidato solo perché si era dimenticato di segnalare un proscioglimento per prescrizione, roba di 21 anni fa, mentre il reato è di 29 anni fa. C’entra la fedina penale e siamo tutti ipersensibili, ho capito: ma il gay Alessio De Giorgi di reati seri non ne aveva compiuti, e infatti non sono gli articoli di Libero ad avergli fatto perdere la candidatura: ma chi, nella lista Monti, li ha letti. E ha detto: tu no. Tu non ti candidi più.

Sono certo che voi ridondate di certezze e di opinioni forti su tutti questi argomenti, ma provate a dire che è tutto chiaro e trasparente.

(Pubblicato su Libero)

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera