Donne di strade

Mancava una bella lagna sulle «vie al femminile» che a Milano sono troppo poche, assicurano le donne del Pd. Da qui la richiesta di «riportare lo stato attuale verso la parità» perché oggi «la toponomastica è troppo sbilanciata in senso maschile». Ma non è la toponomastica, è la Storia. C’è stata una prevalenza di uomini nei punti cruciali della Storia, e il perché è ovvio, come il fatto che questo squilibrio andrà progressivamente a sparire; non è un caso che le 130 vie milanesi dedicate a donne (comprese una quarantina di sante e di madonne) si riferiscono a figure femminili relativamente recenti: ma è un crescendo, come la parità in tutti i campi.

Non basta? No. Parlano di quote rosa anche per le vie. Le strade rosa. E va bene, eliminiamo le vie con le date storiche, le ricorrenze, le montagne, le Regioni, i fiori: ma per metterci chi? Ecco, è qui che si vede la forzatura del politicamente corretto. Un sondaggio su Corriere.it ha dato esiti imbarazzanti: i nomi notevoli sono 4 o 5, altri sono davvero improbabili e altri ancora sono stati vittime di un complotto maschile evidentemente riuscitissimo: perché io non le ho mai sentite nominare in vita mia. E bisognerebbe trovarne migliaia? Non credo sia benaltrismo ipotizzare che l’emancipazione passi per altre vie, appunto. La peggiore delle quali, naturalmente, si festeggia domani.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera