Cesare è a Catania

Nell’ordine: Cesare non è Berlusconi, Napolitano è intimo della P3 e Bassolino si fa pagare gli aerei privati. Sciocchezzuole.
Chi le dice queste cose? Le intercettazioni, in teoria. Cominciamo casualmente dal Cavaliere: adottando lo stesso criterio che ha portato ad associarlo a «Cesare», infatti, si potrebbe concludere che dietro lo pseudonimo c’è un’altra persona. Basta verificare quanto si sono detti il 16 settembre 2009 Flavio Carboni e Arcangelo Martino, due degli sgangherati affiliati della temibile «P3», questa bocciofila in salsa occulta.
Quel giorno l’imprenditore napoletano Arcangelo Martino chiama il cosiddetto «faccendiere» Flavio Carboni – ore 10.27 del mattino – e parlano di varie sciocchezze prima di focalizzarsi su un gravoso problema: c’è un sottosegretario alla Giustizia che non ha trovato posto sul volo Cagliari-Milano. Pazienza, i due passano poi a discutere delle candidature in Campania per le quali, secondo Martino, «devi chiedere a Verdini qual è la strada», e non c’è problema, perché «io domani», risponde Carboni, «una delle persone che vedrò è proprio lui». «Ci deve dare una mano insieme a Marcello», precisa Carboni, «il quale parla anche a nome di Cesare». E sin qui tutto chiaro, o quasi. Verdini è Denis Verdini, Marcello è assai probabilmente Marcello Dell’Utri, perfetto, ma Cesare? «Cesare», spiega Carboni, «è a Catania, e rientra sabato, venerdì sera…».  Cesare è a Catania, rientra venerdì sera o sabato: e siccome questo colloquio ha luogo di mercoledì, significa che «Cesare» sarà rimasto a Catania perlomeno tre giorni. Ovvia la domanda: Silvio Berlusconi, presunto Cesare, andò per caso a Catania in quel settembre 2009? Risposta: no, neppure per un minuto, e questo è facilmente verificabile. Se ne deduce che, secondo il criterio adottato da chi in questi giorni ha creato il teatro e pure i burattini, Berlusconi non è Cesare.

In realtà non ne abbiamo la minima idea, se Berlusconi sia questo Cesare o no:  escluderlo sulla stessa base che ha spinto altri ad esserne certi – sdraiandosi cioè sullo strumento-intercettazione – sarebbe fazioso e cretino.  Anche perché, muovendosi con la stessa logica deduttiva, nelle intercettazioni è possibile trovare e dimostrare ogni cosa: compreso un ruolo occulto, nella P3, di Giorgio Napolitano. Ed eccoci a un’altra bella intercettazione datata 25 settembre dello stesso anno: a chiacchierare, ore 9.04 del mattino, sono ancora Arcangelo Martino e il non ben identificato Francesco Perone, intimo della terrificante P3 soprattutto al ristorante, dov’è stato fotografato assieme al magistrato Arcibaldo Miller,  al tributarista Pasquale Lombardi e al deputato Ignazio Abrignani. In una breve chiamata di 124 secondi, dopo aver precisato che «Pasqualino» Lombardi non risponde al telefono perché «starà facendo una doccia» (un codice cifrato? O solo sporcizia?) ecco che questo Pasqualino viene redarguito: «Gli debbo parlare… però mi devi fare un favore, Francè, digli di non telefonare… come ha fatto ieri. Lui piglia e telefona, ma nemmeno Giorgio Napolitano fa così. Giorgio Napolitano è amico mio, saglie in collo e corre». Chiarissimo. Il Capo dello Stato, quando Arcangelo Martino lo manda a chiamare, mica telefona come un Pasqualino qualsiasi: lui corre, si mette a rapporto della P3. Da farci titoli cubitali sui giornali, secondo il già citato criterio.

E ce ne sarebbe anche per l’ex viceré di Napoli Antonio Bassolino. Questa volta è sufficiente pescare un’intercettazione del 29 luglio 2009 tra il solito Flavio Carboni e il citato tributarista Pasquale Lombardi, cioè appunto lui, Pasqualino, quello che telefona troppo. E infatti intercettano anche lui. Discutono di un convegno che stanno organizzando, e il dialogo da principio è avvincente e infarcito probabilmente di codici segretissimi.

«Ti mando tutto via fax. Zero settanta…»
«un secondo»
«sì»
«zero settanta?»
«due sette»
«due sette» «sei quattro»
«cinque quattro»
«no, due sette sei quattro»
«sì, sei quattro»
«allora ehhh scusa un attimo, zero sette due sette sei quattro zero sette»
«allora due sette sei quattro zero sei?»
«sette»
«allora… sei quattro zero sei?»
«no no! Due sette»
«sì»
«sei quattro»
«sì»
«zero sette»
«zero sette…».

E via così. Quasi da far passare in secondo piano quello che poi riferisce Lombardi sulle spese del convegno: «Ci vogliono intorno ai 38mila euro per le partenze… l’aereo per Bassolino… Martino ha affittato l’aereo per Bassolino… Solo Per Bassolino». E Carboni: «Viene con un aereo privato, diciamo ». E Lombardi: «Per gli altri da Roma o da Milano o da Napoli vengono con il tre… con l’aereo di linea».  La crisi economica colpisce anche la P3.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera