Il futuro è solo l’inizio

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In tanti hanno scritto in queste ore che la Leopolda 5 è stata una Leopolda di governo. È vero: chi ha mai visto 104 tavoli tematici coordinati da membri del governo o del parlamento, pronti a scambiarsi idee e confrontarsi con chiunque si fosse seduto lì con loro? Lo avete mai visto da un altra parte? Io no.

Ho partecipato a due tavoli, il primo su Expo coordinato da un parlamentare e il secondo sull’Europa e la tutela del Made in Italy, coordinato da un europarlamentare. Ai tavoli si sono seduti in centinaia tra amministratori locali, insegnanti, liberi professionisti, studenti, pensionati per un confronto vero, dettato dall’interesse reale dei coordinatori, consapevoli dell’importanza del confronto: quando ci si siede a un tavolo con venti persone, non si tiene un comizio, ma si è pronti a confrontarsi. E così è avvenuto: non sono state fatte domande ai ministri, ai sottosegretari, ai parlamentari, sono state portate moltissime idee. Gli interventi di quattro minuti dal palco, invece, sono stati limitati all’inizio e alla fine della kermesse; forse non concorrono alla composizione delle conclusioni, ma di certo compongono lo storytelling della Leopolda, tracciando con i case history, le good news e il parlar chiaro una mappa aggiornata di chi fa, di chi non si arrende in Italia. Perché è importante, come ha dichiarato dal palco Gianluca, diciotto anni, dare voce ai giovani, dire loro che ce la possono fare.

“Il futuro è solo l’inizio” è quasi una provocazione in un paese come l’Italia che stenta – eufemismo – ad avere fiducia in se stesso. La Leopolda continua invece ad essere il luogo dove si modella un modo nuovo di fare politica, certo più nelle corde delle generazioni più giovani e meno naturale per quelli più “vecchi” che, come ha detto il ministro Poletti riferendosi con molta autoironia anche a se stesso, devono “resettarsi” ogni mattina. Questa volta, è toccato alla politica di governo. Senza autocelebrazioni, senza polemiche. Un metodo del genere non ha bisogno di simboli: quando ci si siede a un tavolo con un ministro, il logo di un partito sopra la testa potrebbe addirittura essere fuori luogo, potrebbe condizionare il confronto. E poi, come ha sottolineato il ministro Franceschini, ci siamo lasciati alle spalle il partito identitario. E pure la vocazione minoritaria. Matteo Renzi ha sottolineato nell’intervento di chiusura che «Noi della Leopolda siamo quelli delle porte aperte, se non siete del PD mi spiace per voi, venite, c’è posto!».

Lavoro, dignità, uguaglianza sono stati i temi della manifestazione della CGIL in Piazza San Giovanni a Roma, ma anche della Leopolda a Firenze. Cercare la contrapposizione tra chi nel PD è andato a Roma e chi a Firenze è inutile come cercare la scissione dell’atomo senza mai creare energia, come ha sottolineato Debora Serracchiani. Ciascuno, partecipando a Roma o a Firenze, si è assunto la responsabilità di una scelta e sta facendo la sua parte nel partito, nella pratica quotidiana politica e amministrativa, in tutti i luoghi quotidiani dove è giusto trovare insieme la soluzione, praticando quell’arte della mediazione che nessuno vuole più fare perché richiede coraggio, determinazione e tenacia. Perché c’è un no che la Leopolda continua a dire da cinque anni a questa parte: è il no a quelli a cui l’Italia va bene così com’è.

Pubblicato sul sito de iMille

Emanuela Marchiafava

Media Analyst e consulente per le imprese, già assessore della Provincia di Pavia, si occupa di turismo, politica e diritti.