Agcom e Destinazione Italia, in direzione sbagliata

Sono giorni rivelatori dello stato della cultura digitale dei nostri governanti. Con provvedimenti dai nomi sexy e accattivanti -Destinazione Italia- il Governo vorrebbe i) contrastare la crisi del comparto editoriale limitando ulteriormente le già risicate eccezioni al copyright per gli articoli di attualità, che non sarebbero più neppur linkabili senza consenso e compenso degli editori: una norma in contrasto con tutti i trattati internazionali sul copyright che però, stranamente, non è all’attenzione dei quotidiani dei grandi gruppi editoriali; ii) introdurre la mitica Webtax, giusto per render meno attrattiva la destinazione Italia; iii) aumentare il c.d. equo compenso, per deprimere un po’ le vendite nel settore tecnologico, l’unico in espansione. Contemporaneamente i para-legislatori di AGCOM si lanciano con inedite soluzioni in una solitaria lotta alla pirateria mondiale, che se mai sarà attuata darà i suoi frutti disastrosi in poco tempo. Sono tutte iniziative sghembe, intempestive, capaci di metter in imbarazzano chiunque abbia un minimo di consapevolezza dell’ecosistema digitale che pervade le nostre società, la nostra comunicazione e di fatto la nostra economia.

Mi soffermo su AGCOM, che dopo due anni di tentennamenti e ruminazioni si autoconferisce il ruolo di educatore, regolatore, giudice e censore nella circolazione dei contenuti in rete, emulando così il barone di Munchausen che sosteneva di sollevarsi dalla palude tirandosi per i suoi stivali. Il nuovo regolamento meriterebbe un commento articolo per articolo, a cominciare dalle inutili, ridondanti e confuse 32 definizioni dell’art.1 sino all’art 19 che individua come primo giorno di applicazione il 1 aprile 2014: data che lascia qualche speranza. Forse il prossimo primo d’aprile scopriremo che era tutto uno scherzo. Il regolamento, si prefigge di: 1) vigilare sui fornitori di servizi media audiovisivi; 2) reprimere la pirateria online (ma senza disturbare né sanzionare i pirati); 3) promuovere l’educazione degli utenti alla legalità nella fruizione delle opere digitali e ampliare l’offerta legale di opere digitali.

Salto il punto 1) relativo ai fornitori di servizi media audiovisivi : forse è l’unico obiettivo che effettivamente fu affidato agli amici di AGCOM dall’ ex ministro Romani per assicurarsi che gli interessi di RTI e Mediaset fossero consegnati a mani fidate e non alla mercè di una incontrollabile magistratura. Non sono necessari commenti.

Punto 2) Reprimere la pirateria online, ma senza disturbare né sanzionare i pirati. E’ il punto più delicato ed innovativo, direi il fiore all’occhiello del parto AGCOM, che infatti da mesi ripete come un mantra che la scure dell’Autorità non si abbatterà mai sui cittadini fruitori delle opere, né sugli utenti uploader, né su quegli scellerati che frequentano il peer to peer o che guardano in streaming o che caricano e condividono illegalmente opere protette. Per questi soggetti, che poi, inutile negarlo, sono i veri pirati, la libertà di espressione è salva, perchè il regolamento non li riguarda. Vero. Il regolamento AGCOM prevede ingiunzioni, blocchi e sanzioni solo a carico di una limitatissima categoria di provider: i fornitori di accesso (le compagnie telefoniche) e gli hosting provider, ovvero quella variegata galassia di servizi e piattaforme che sul web ospitano contenuti di terze parti. Solo loro sono i destinatari dei provvedimenti inventati da AGCOM. L’Autorità, dopo sommaria e solitaria verifica della violazione segnalata, senza accertare chi, come e perchè sia stata immessa in rete una data “opera digitale”, senza attendere ragioni o difese dal fornitore del contenuto, impone non al responsabile della presunta violazione, ma alle compagnie telefoniche che danno accesso ad internet oppure al provider che incolpevole ospita il sito o l’opera, di rimuovere o di bloccare l’accesso. Se questi intermediari della comunicazione non provvedono, fioccano sul loro capo multe per centinaia di migliaia di euro. Geniale. Come dire: non vi preoccupate “popolo del web”, la vostra libertà è salva, non vi sequestriamo la macchina, al più vi blocchiamo le strade. Ai novelli regolatori poco importa che i destinatari degli ordini di AGCOM siano i servizi che costituiscono l’essenza stessa del web, che siano gli svincoli vitali attraverso cui scorre oggi la libertà di espressione, che è libertà di accesso ricerca e condivisione delle informazioni. E state certi, che le strade si bloccheranno, perché nessun provider italiano affronterà multe fino a 250.000 euro per tutelare la libertà d’espressione dei propri clienti: meglio bloccare e rimuovere, con buona pace degli utenti e dei loro diritti. Ma soprattutto, state certi che in Italia nessun provider investirà più un solo euro nei servizi intermediari e di condivisione, posto che di fatto, grazie al regolamento AGCOM, saremo l’unico paese in cui senza alcuna procedura di notifica e rimozione e senza alcuna garanzia giurisdizionale, gli ISP saranno di fatto responsabili per le violazioni commesse dai loro utenti. Altro che Destinazione Italia. Verrebbe da rammentare ad AGCOM quella direttiva europea dal nome evocativo “Legiferare meglio” (la n° 140/2009), che regola proprio le reti ed i servizi di comunicazione elettronica e che impone alti standard di indipendenza per le Autorità nazionali ed un obbligo di trasparenza che pare ignoto ad AGCOM: ad oggi non è dato leggere sul sito dell’autorità i famosi pareri richiesti a costituzionalisti ed esperti, né le osservazioni pervenute nel corso della consultazione, né lo sbandierato nulla osta della Commissione UE. In quella direttiva “legiferare meglio” all’art.1 si legge: << I provvedimenti adottati dagli Stati membri riguardanti l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, devono rispettare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario. Qualunque provvedimento di questo tipo riguardante l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, che ostacolasse tali diritti o libertà fondamentali può essere imposto soltanto se appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica e la sua attuazione dev’essere oggetto di adeguate garanzie procedurali conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ai principi generali del diritto comunitario, inclusi un’efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo >>. Va beh, ma son quisquilie. Noi, in Italia, abbiamo un’idea diversa delle dinamiche della rete. Lo si capisce anche dall’altro obiettivo di cui, bontà sua, si fa carico AGCOM.

Punto 3) L’educazione alla fruizione delle opere e l’ampliamento dell’offerta legale.  Grazie a Dio, l’obiettivo pedagogico dell’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni si realizza solo con la creazione dell’immancabile “Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali” che curerà <<la promozione di misure di educazione alla legalità nella fruizione di opere digitali, anche attraverso l’adozione di procedure di reindirizzamento automatico ad apposite pagine internet a ciò dedicate>>. Sentivamo la necessità di un nuovo “Comitato”. Sono molto fiducioso, e sono certo che il reidirizzamento automatico aiuterà la crescita e la consapevolezza dei cittadini nell’uso delle nuove tecnologie. Certo, in una Italia che vede l’educazione al mondo digitale a livelli prossimi all’analfabetismo delle campagne piemontesi del primo dopo guerra, dallo Stato mi aspetterei un impegno educativo diverso. Ad esser sincero nelle scuole io insegnerei tecniche prossime più alla pirateria che alla fruizione legale. Oggi la formazione e l’istruzione richiede l’apprendimento di tecniche di manipolazione non solo di testi scritti, ma anche di immagini e di suoni e di ogni nuovo contenuto disponibile sulle reti di comunicazione. La capacità di accedere alle informazioni, di elaborarle, mixarle e trasformarle in conoscenza è una prerogativa nuova e straordinaria di questo tempo. Purtroppo in Italia i percorsi formativi sono ancora totalmente dominati dalla componente scritta e testuale, e gli stessi insegnanti, che si collocano al di qua del digital divide, non hanno dimestichezza con il lavoro basato sulle componenti non testuali e sul web. Un po’ di sana pirateria, di cultura hacker intesa come tecnica di elaborazione, riproduzione, condivisione e remix dei contenuti sarebbe salutare per i nostri studenti e anche per gli insegnanti. Certo il copyright può esser un problema. Anzi, è un problema, ma opposto rispetto a quello affrontato da AGCOM. Il tema educativo oggi è che bisogna insegnare a dominare il linguaggio macchina, i codici, a capire i protocolli di rete e le dinamiche del mondo online, e liberare informazione, non limitarsi ad insegnare come fruire di servizi userfrendly, legali e precofezionati, come se la rete fosse una TV. Vale quanto osservato dal Prof. Ricolfi nell’ambito delle osservazioni presentate dal centro NEXA nella consultazione sul regolamento: <<Pensiamo al periodo successivo alla caduta del regime fascista. Il compito che si poneva allora di fronte a tutti era quello di dare nuovo spazio e fiato alla libertà di espressione; a modalità democratiche e civili di dialogo e di confronto. Sarebbe stato ben curioso che il Ministero dell’Università o dell’Istruzione avesse, in quel contesto, assunto una “centralità del ruolo dell’educazione” degli studenti al solo fine di evitare i reati di calunnia e diffamazione.>>

Insomma, l’idea che traspare dal regolamento AGCOM ed in generale dai provvedimenti dei nostri regolatori, è davvero un’idea piccola del nostro tempo : educhiamo i nostri ragazzi a comprare su iTunes, anzi, meglio su MediasetPremium, che così incassiamo tasse (ma non è detto) e spieghiamo loro che gli articoli di attualità, di cultura e scientifici si pagano, ed elaborarli diffonderli e anche solo citarli senza autorizzazione è reato. Mi sembra un buon programma educativo. Avremo domani grandi innovatori. Continuiamo così, che non ci sarà destinazione peggiore di un paese che mortifica il futuro per difendere un passato ridotto a misere rendite di posizione e di potere .

 

 

Carlo Blengino

Avvocato penalista, affronta nelle aule giudiziarie il diritto delle nuove tecnologie, le questioni di copyright e di data protection. È fellow del NEXA Center for Internet & Society del Politecnico di Torino. @CBlengio su Twitter