Guida allo scandalo Volkswagen/1

Per fare un po’ d’ordine sullo scandalo statunitense delle automobili diesel di Volkswagen sono necessari un po’ di spiegoni tecnici e retroscena. Il primo capitolo della “guida allo scandalo Volkswagen” (il termine Dieselgate funziona sui giornali, ma lo lasciamo da parte) è dedicato alla tecnica: cerca di spiegare esattamente su cosa interviene il “defeat device” che Volkswagen ha installato sulle sue auto 2.0 TDI vendute negli Stati Uniti per gabbare i test sulle emissioni. Chiedo scusa ai chimici e agli ingegneri se sarò il più semplicistico possibile.

Cosa s’intende per “emissioni”?
Bisogna ricordare la differenza tra l’anidride carbonica (CO2) e gli ossidi di azoto (NOx), quelli al centro dello scandalo Volkswagen: sono entrambi tra i prodotti della combustione dei carburanti fossili, ma hanno composizioni ed effetti diversi. La quantità di anidride carbonica emessa da un’auto dipende direttamente dall’efficienza e dai consumi del motore: meno un motore consuma carburante e meno CO2 emette. I motori diesel a parità di prestazioni consumano meno dei benzina, quindi emettono meno anidride carbonica, che è responsabile dell’inquinamento atmosferico (il famoso “effetto serra”). Gli ossidi di azoto sono un altro tipo d’inquinante che ha effetti sull’ambiente più localizzati: danni alla salute umana (gli ambientalisti da decenni sostengono siano cancerogeni) e piogge acide. La quantità di NOx prodotta dai motori a combustione interna non dipende direttamente dai consumi ma piuttosto dal tipo di carburante e dal ciclo di funzionamento del motore: in questo caso – come in quello del particolato, di cui fanno parte anche i PM10 – sono i motori diesel alimentati a gasolio ad avere risultati nettamente peggiori rispetto a quelli a benzina. I NOx sono inoltre più difficili da ridurre rispetto alla CO2 perché la quantità di CO2 si riduce all’aumentare dell’efficienza del motore mentre per abbattere i NOx sono necessari filtri complessi, che riducono il rendimento del motore e quindi ne peggiorano i consumi.

Come funziona il dispositivo Volkswagen?
Volkswagen ha cercato di aggirare i rigidi limiti statunitensi agli ossidi di azoto installando sul suo 2.0 TDI quattro cilindri venduto negli Stati Uniti ma non solo (nello specifico, il motore Type EA 189) un apposito software: è in grado di riconoscere se è in corso un test e di abbattere di conseguenza le emissioni di NOx. In pratica, la centralina che gestisce il motore capisce quando l’auto è sottoposta a un test sulle emissioni e reagisce modificando il funzionamento del filtro che riduce la quantità di NOx, così che le emissioni siano sotto i limiti di legge. Come fa la centralina a capire che c’è un test in corso? Perché i test sono effettuati in laboratorio e seguono procedure molto standardizzate e ripetitive, fatte di accelerazioni e velocità costanti, già spiegate sommariamente in un pezzo che trovate qui.

Perché allora il motore Volkswagen non usa sempre il software che emette meno NOx?
Perché – come detto prima – il filtro anti-NOx rende il motore meno efficiente, lo fa consumare di più e ne riduce le prestazioni e la durata. Quindi Volkswagen ha deciso di far intervenire il “defeat device” solo in fase di test, tarando il filtro anti-NOx su uno standard meno restrittivo per l’uso su strada, che garantisce prestazioni, consumi e durata migliori.

Andrea Fiorello

Classe 1985, salentino di nascita e torinese d'adozione, laureato in giurisprudenza perché non si sa mai. Appassionato di motori ed economia, scrive di automobili dal 2009.