Sposerò Simon Le Bon

C’è un disco nuovo dei Duran Duran. Che uno può alzare le spalle, come si fa con le riapparizioni delle band degli anni Ottanta: però i Duran Duran, esaurito abbastanza rapidamente il loro periodo di auge planetaria, ebbero poi un percorso di qualche crescita e originalità piuttosto che sedersi del tutto sulle quattro melodie (due delle quali neanche melodie, tipo “uàilbòis!”) che avevano funzionato in quei primi dischi. E lo pagarono abbandonando rapidamente le luci più forti sulla ribalta, ma ne furono ricompensati sopravvivendo a livelli più che dignitosi nei volatili andamenti del pop dei decenni successivi: e a un certo punto infilarono di nuovo una supercanzonetta come “Ordinary world”. Ora c’è un disco nuovo dei Duran Duran: è forse ancora meno creativo dei precedenti, ma si fa ascoltare. Robetta, piacevole, che conosce un trucco: quello di rifare praticamente uguale “Hold back the rain”, che insieme a “The chauffeur” era una delle cose migliori e meno inflazionate del leggendario disco “Rio”. La nuova versione di “Hold back the rain” si chiama “Blame the machines”. È meno bella, ma fa l’effetto madeleine, e ognuno torna a sentirsi i suoi dischi preferiti dei Duran (ne hanno fatti tredici, a questo punto): i miei sono “Big thing”, “Liberty” e il “Wedding album”.

Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).