Un po’ di populismo anche per noi

Nella vicenda di Umberto Bossi e della sua Family c’è tutto: lo scandalo, la commedia all’italiana, il familismo amorale, il complotto dei vassalli, la circonvenzione d’incapace. Ma incrociando questa storia (ormai del passato) col presente della politica italiana, ci si trova dentro anche la dimostrazione del famoso teorema sul vuoto che inevitabilmente si riempie.

I partiti del populismo, della contestazione al sistema (prima di farne parte) e della personalizzazione esasperata della leadership vanno in crisi, ripiegano su se stessi, muoiono degli stessi veleni che hanno instillato nella società e nella politica. Vale per tutti: da quelli grandi com’era Forza Italia a quelli più solidi come pareva essere la Lega, fino a Di Pietro, con un contagio anche per Sel, non populista ma troppo legata alla figura del suo leader.

I vuoti che lasciano sono però subito riempiti, almeno dal punto di vista elettorale. Da un movimento grillino che avrà anche ottime persone all’interno e qualche buona proposta, ma ha successo non per questi motivi bensì perché richiama ed esaspera caratteri del forzismo, del leghismo, del giustizialismo. Riassumendoli in un unico concetto: la semplificazione estrema del messaggio politico.
Come arginare il fenomeno, come provare a riempire quei vuoti di consenso con una proposta più degna di un paese moderno, quindi fatalmente più complessa?

Non è un problema nuovo. I cicli di Clinton e Blair furono anche applicazioni di teorie anglosassoni sul populismo democratico. Nelle vene del Pd di oggi ne scorre una dose minima, con tracce solo nei motteggi dialettali del segretario. Sarebbe interessante se davvero, come pare, qualcuno stesse pianificando di colmare questa lacuna: ciò che il Pd non può o non vuole essere, diventerebbe la missione di un contenitore suo nuovo compagno di strada, nella forma di una lista civica piena di nomi noti, portatrice di messaggi semplici e soprattutto non compromessa con il sistema politico. A occhio, un’avventura che potrebbe funzionare per sé, ma con evidenti rischi per i democratici. Staremo a vedere.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.