Non esistono risposte di parte

Angela Merkel, angosciata per la propria situazione interna, stacca la spina del sostegno a Grecia e Italia. La credibilità del nostro debito, misurata dallo spread coi titoli pubblici tedeschi, precipita. Le agenzie di rating si preparano a colpire. Lo stesso Mario Draghi non può fare altro che lanciare l’estremo allarme all’Italia: la Bce potrebbe anche rinunciare al salvataggio.

E chi guida ora la banca europea, Trichet, lo dice chiaro: ormai ci sono paesi, il nostro fra questi, ai quali l’Europa dovrebbe togliere la sovranità sulle scelte di grande politica economica. Non siamo mai stati peggio di oggi, e pazienza se il grido al lupo al lupo l’abbiamo già lanciato altre volte. Ora il lupo c’è davvero e ci guarda negli occhi.
I mercati ballano dappertutto, ma Roma e Atene hanno un punto in comune per chi li osserva: la totale assenza di un governo politico della crisi. Ci è stato dato il tempo per provare a raddrizzare la barca, ed è stato sprecato nella più stupefacente giostra di proposte, decisioni, smentite e correzioni che si sia mai vista in un paese pure abbastanza confusionario.

Ieri, per dirne una, è sparita dalla manovra la misura sulla liberalizzazione del commercio, che era considerata una delle poche condivisibili e promettenti dell’intera operazione. Cancellata. Napolitano ha detto che finché c’è fiducia parlamentare non ci sono alternative politiche. Un’ovvietà, con però un suono sinistro: Berlusconi porterà il paese nel baratro pur di non mollare, nella disperata consapevolezza che nessun sondaggio concede a Pdl e Lega possibilità di recupero.

È proprio Berlusconi l’asset italiano più negativo nella valutazione internazionale. Ma lui sta lì, inamovibile più per paura che per convinzione. C’è da aver paura. Oggi la Cgil dà alla crisi una sua risposta. In extremis quasi tutto il Pd si è messo nella scia. Certo, è sempre positivo quando i cittadini prendono parola e posizione. Ma questa è chiaramente la reazione di un giorno, che domani lascia ogni problema irrisolto e anzi aggravato dalla rottura del patto che teneva miracolosamente insieme le confederazioni fra loro e con le parti sociali.

Non esiste una via d’uscita “di parte” da questa situazione, esiste solo un ciclopico sforzo collettivo guidato da chi abbia credibilità intatta e spalle solide. È proprio perché sappiamo questo, che oggi la vediamo davvero buia.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.