L’Edipo al quadrato

E la scrivania non è per niente ergonomica

1 dicembre – Sant’Albano d’Ungheria (???-???), leggenda.

A volte mi sento così vecchio – immaginatemi come un venerabile monaco rinchiuso in qualche pertugio tra Alto e Basso Medioevo, che dopo aver passato il mattino a sgridare i novizi se ne sale nel suo scriptorium e comincia a vergare pagine su pagine di inchiostro, un po’ alla carlona, come viene viene, per posteri che comunque difficilmente capiranno, in una lingua che a furia di rimasticare tra sé e sé non è poi così sicuro che sia comprensibile a qualcun altro. E la situazione mi diverte, debbo dire, anche se mi rimane la perplessità: questa lunga barba che mi s’impiglia nella tastiera quando mi è spuntata, come accidenti ho fatto a incanutire e invecchiare così in fretta, quale demonio, quale sortilegio?

Si chiama internet (avevate dei dubbi?) Luogo amenissimo, ma il tempo qui non scorre lineare come altrove, bensì accelera a ritmo esponenziale; cose avvenute l’altro ieri sono già medioevo, per esempio io mi ricordo di quando Twitter nemmeno esisteva, e Murdoch metteva da parte i soldini per acquistare un fantastico social network che avrebbe rivoluzionato l’internet due punto zero, MySpace credo che si chiamasse. Ricordo la crociata dei folli, o dei bambini, insomma le colonne di fanatici che partivano alla volta di un’isola misteriosa chiamata Second Life, donde non tornarono mai (in realtà tornarono tutti fischiettando e facendo finta di niente, ma erano già passati secoli e nessuno ci fece caso). Per farla breve io mi ricordo quando qui non c’erano città, e nemmeno campagna, ma una specie di palude, un brodino indigesto ma già molto interessante. E ho una precisa idea di quando la storia iniziò veramente: tanto che propongo d’ora in poi di contare gli anni così: Prima e Dopo Wikipedia.

Lo so, ci sono altri spartiacque interessanti. Prima e dopo Google, ad esempio. Ma io quei primi anni di Google me li ricordo, ai tempi scrivevo già biografie on line (per meglio dire le ricopiavo in modo che non sembrassero ricopiate, sostituendo a ogni parola un suo sinonimo). Ecco, rammento bene come Google sbaragliò tutti gli antidiluviani motori di ricerca, dimostrandomi con una rapidità e un’efficienza impareggiabili che su Internet… l’informazione che cercavi non c’era quasi mai. Internet, quella Terra Promessa virtuale, si rivelava una pletora di pagine statiche messe on line con tanto entusiasmo e subito abbandonate al loro polveroso destino, una foresta di errori 404 e di cartelli di lavori in corso… le miniature gif animate con l’omino che lavora davvero, vi ricordate? Alcuni di quegli omini hanno continuato a oscillare indefessi per più di dieci anni, se vai a vedere sono ancora lì che cazzuolano in loop.

Fu in quel periodo che aprii il mio primo blog e devo dire che ci si divertiva molto, a quei tempi: la gente era più disponibile al confronto, all’ascolto, e ti bastava veramente saperne poco per fare un figurone. Era il tempo in cui, per citare il poeta, i bambini facevano oooh. Ricordo per esempio che una volta in occasione di un ponte di dicembre scrissi un pezzo sull’Immacolata Concezione e un sacco di gente mi linkò e mi fece i complimenti, tra cui anche un giovane blogger che oggi è il meno giovane direttore del Post, tutto perché avevo scritto due cosine sull’Immacolata Concezione, davvero due cosine senza pretese, che però… però sull’Internet non le aveva ancora scritte nessuno. Capite la bellezza del far west, della pergamena bianca? In quegli anni, qualsiasi cazzata ti venisse in mente, “la marchesa uscì alle cinque di sera”, era un unicum, e da quel momento chiunque avesse cercato su Google una marchesa che usciva alle cinque di sera sarebbe finita sul tuo sito, ci fu gente che in questo modo si incontrò e concepì bambini. Però era chiaro che non sarebbe potuto durare. Prima o poi tutto questo caos spontaneo si sarebbe dato uno straccio d’ordine, e così fu.

Fu Wikipedia. Lo so che non si direbbe, ma Wikipedia è meno caos del precedente Chaos. Oggi non posso più fare il furbo come un tempo, rivendermi le mie quattro nozioni memorizzate tra liceo e facoltà; oggi chiunque può controllare su wikipedia e saperne subito più di me, o addirittura scoprire che anch’io sono andato, orrore! a controllare su wikipedia. Tanto che ormai non la linko neanche più, wikipedia, ormai sanno tutti come fare a cercare su wikipedia, ci vanno anche i bambini delle medie. E io non oso più parlare di teorie delle stringhe o diritto costituzionale, perché tutti potrebbero accorgersi di quanto improvviso. C’è un solo ramo dello scibile umano che è rimasto quasi intatto

Controllo delle nascite all'egiziana

…Sì, dicevo che c’è un solo ramo dello scibile umano che è rimasto quasi intatto: le vite dei Santi. Qui ci si può divertire ancora come un tempo.

E dire che all’apparenza di vite di Santi qui se ne trovano parecchie. Però alla fine a guardare bene ripetono sempre gli stessi dettagli, presi da un paio di fonti (il più delle volte santiebeati.it, che è diventato una specie di punto di riferimento, e in effetti fornisce schede succinte ed esaurienti). Se uno vuole proprio farne un mestiere, su internet ci sono tutti i tomi degli Acta Sanctorum bollandisti, una sessantina di pesantissimi pdf (mille e più pagine l’uno) in latino, meravigliosi: quando finalmente il browser si apre, ti sembra di sentire l’odore della carta muffa di tre secoli. Ma comunque non puoi fare ctrl+f, quindi se cerchi, per dire, la vita di Sant’Albano d’Ungheria, puoi passare una vita intera a scrollare e a cercare – ma a quel punto fai molto prima a inventarti tutto quanto. E di colpo sono restituito al mio destino di venerabile contafrottole medievale, che su Sant’Albano di Ungheria non ha trovato che pochi dettagli (“È ricordato il 1° dic, ma è un santo inventato dagli agiografi” ci avverte perentoria l’enciclopedia dei Santi) e allungherà il brodo con quel che passa il convento, alla carlona, come viene viene.

Albano è uno dei tanti trovatelli che si trovano nei miti e nelle fiabe, a partire da Mosè. Siamo in un’Ungheria impossibile, un’Ungheria prima degli Ungari, visto che nella pianura omonima non si sono visti fin quasi al decimo secolo, e la leggenda è più antica. Sul ciglio di una strada viene trovato questo tenero frugoletto in una culla: nella stessa culla vengono rinvenuti un anello d’oro, una cauzione in monete d’oro, un pallio finamente decorato – il pallio è la sciarpina che portano i vescovi metropoliti e prima di loro i filosofi. Tutti indizi di ricchezza, saggezza, regalità, per cui il pacchetto con bambino incluso viene subito portato al re della finta Ungheria, il quale, guarda un po’ la coincidenza, è sterile. No, in realtà secondo la leggenda è sterile la moglie, sono sempre le mogli nelle leggende. Sia come sia, i due reali quando vedono questo bambino così dolce non ci pensano due volte; la regina si chiude nei suoi appartamenti per nove mesi e quando ne riemerge dicono a tutti che il bambino è suo.

...un aiutino?

Albano cresce così nell’affetto dei genitori reali e adottivi, ignari che quello che stanno covando è un orribile mostro! Il frutto della colpa più orribile! Albano infatti è figlio di un Imperatore (non si sa bene di cosa, Imperatore e basta) che non avendo saputo tenere a freno i suoi appetiti incestuosi aveva giaciuto con la sua stessa figliuola. Costei, ben sapendo che il padre-amante avrebbe ucciso nella culla il suo figlio-nipote, aveva per l’appunto deciso di mandarlo per il mondo in un cestino. Sfortunatamente il mondo delle leggende è molto piccolo. Albano, principe d’Ungheria, cresce così bello e costumato che la sua fama arriva persino all’Imperatore, il quale con gli anni si è stancato dei vizi di un tempo, e sta cercando un buon partito per la sua figliola. Avete capito dove stiamo andando a parare? Cioè, Edipo al confronto è un chierichetto. Albano non giace soltanto con la madre, ma anche con la sorella, in un incesto al quadrato. Ovviamente è soltanto nella pagina successiva che l’anziano re d’Ungheria inferma, e prima di morire decide di rivelare i dettagli dell’adozione. Quando saltano fuori l’anello d’oro e il pallio, immaginate la reazione di Albano nello scoprire che è figlio della madre e del nonno, ma anche del padre e della sorella; non solo, ma se ci riflettete bene Albano è anche figlio del suocero e della sua amante, o se preferite della cognata e del papà. O del nonno. Insomma c’è di che impazzire e accecarsi, ma quello lo ha già fatto Edipo. Prostrati dalla consapevolezza della colpa, Albano, l’Imperatore nonno-padre-suocero e la principessa madre-sorella-cognata vengono indirizzati dal vescovo a un eremita nel bosco – il che ci conforta nella supposizione che la leggenda abbia qualche radice orientale. L’eremita, interrogato dai tre tremebondi, li rassicura: il peccato è orribile, ma salvarsi è ancora possibile. Bisogna però lasciare il mondo e vagare meditando per i boschi, ognuno per il suo sentiero, per sette anni. I tre eseguono. Ogni anno però tornano, a turno, dall’eremita, per riferire i propri progressi spirituali. La cosa sembra sul punto di funzionare, senonché…

Senonché il settimo anno, quando la salvezza sembra a portata di mano, qualcosa va storto nel programma e i tre, che non vedono l’ora di tornare dall’eremita, incrociano le loro strade quando il sole è già basso all’orizzonte. Pazienza, vorrà dire che dall’eremita ci arriveranno il giorno dopo: nel frattempo bisogna trovare un giaciglio per la notte. Albano, che è il più giovane, si prodiga a fabbricare per i genitori un letto di foglie, e quindi si appisola lui stesso tra le fronde di un albero. Ahilui! E maledetto l’usignolo molesto che lo svegliò nel cuore della notte, affinché potesse vedere coi suoi occhi il padre, e la madre (e la sorella, e la cognata, e il suocero, e il nonno) di nuovo succubi dell’antico orribile vizio, nell’atto di concupire e concepirgli un fratellino, ma anche uno zietto, e un cugino, e un cognato, e insomma, basta con questo orrore! Albano tira fuori la spada e ammazza tutta l’allegra famiglia. Poi ovviamente se ne pente, ma il più è fatto. L’eremita, interrogato, prescrive la stessa pena di prima. (Forse la prescriveva a tutti. Ehi, eremita, ho rubato una mela al mercato di Bonn. “Tu fare sette anni di penitenza in foresta e ogni anno tornare qui”). Albano ricomincia la sua peregrinazione nei boschi, finché al quattordicesimo anno finalmente non può dirsi mondo di ogni peccato, pronto per una vita di santità. A questo punto finalmente i ladroni del bosco lo assaltano e uccidono. Bella leggenda. Cosa ci voleva rappresentare?

Ok, visto che sei un mago con gli indovinelli, te ne faccio un altro: qual è il più mammone tra gli eroi Greci?

Il palinsesto è quello di Edipo, d’accordo. Ma a essere interessanti sono appunto le differenze. Più della complicazione bizantina per cui l’incestuoso è a sua volta figlio dell’incesto, vale la pena di notare la mancanza di un dettaglio che in realtà nel mito di Edipo funziona da cardine della vicenda: la profezia. Edipo non viene allontanato perché è figlio di una colpa precedente, ma perché l’oracolo conosce già la sua colpa futura. Ucciderà il padre, così ha deciso il destino e il destino degli antichi è una profezia che si autoavvera: allontanandolo da sé, Laio crea le premesse affinché nel momento fatale Edipo infuriato non lo riconosca e lo faccia fuori a un crocicchio. Invece l’intenzione del contafrottole tardoantico che mette in circolazione questo Edipo alla seconda sembra essere l’opposta: nulla è scritto, anche il crimine più orrendo si può riparare. Però bisogna stare attenti, fino all’ultimo: si può peccare per sette anni e cadere l’ultimo giorno. Il mito è stato cristianizzato, ma come certi idoli sudamericani riverniciati alla bell’e meglio, trattiene ancora qualche pezzettino di carne umana tra i denti. Fino al settimo anno di penitenza non si capisce quale sia la colpa di Albano: da un punto di vista cristiano non ha avuto l’intenzione di peccare, quindi non ha peccato, almeno Abelardo la vedrebbe così (ma ha sfiorato il rogo, Abelardo). Poi alla fine un peccato lo commette, ed è quello di sostituirsi a Dio, punendo i genitori dell’incesto. Alla fine, quando tutto sembra risolto, arrivano dal nulla questi ladroni come a ribadire che un buon Santo deve morire di morte violenta. Non importa, anche se non ha fatto in tempo a fare veramente qualcosa di buono, Albano ha rimediato alle sue colpe ed è Santo. I miracoli li farà da morto, per i miracoli c’è sempre tempo.

Ed ecco qua, si è fatto tardi e poso la penna. Credo sinceramente di aver scritto la miglior leggenda di Sant’Albano in circolazione: perlomeno, superiore a quelle che ho trovato nella paludosa biblioteca del mio monastero, quod dicitur Internet. Magari qualcun altro tra qualche secolo la troverà interessante e la riscriverà ancora migliore. Magari invece arriveranno altre orde di barbari, il monastero cadrà in malora e nessuno saprà più leggere. Magari. Io il mio dovere di venerabile erudito l’ho fatto, adesso se permettete vado a dire i vespri e poi al refettorio mi faccio spillare una pinta di quelle buone. È stato un buon pomeriggio.

Leonardo Tondelli

Da Modena. Nel 1984 entra alla scuola media, non ne è più uscito. Da 15 anni scrive su uno dei più verbosi blog italiani, leonardo.blogspot.com. Ha scritto sull'Unità e su altri siti. Sul Post scrive di Dylan e di altri santi del calendario.