La domenica mattina del villaggio

Non ho un’opinione netta su quello che è successo e che succederà al Sole 24 Ore. Una vecchia disistima per Gianni Riotta si mescolava a una nuova curiosità per il suo tentativo di modernizzare il giornale e renderlo interessante per noi lettori non del settore. Ma poi il giornale deve vendere e può darsi che abbia bisogno di concentrarsi invece sul suo settore tradizionale, come sostengono i detrattori di Riotta e la linea di restaurazione che mi sembra avere prevalso col cambio di direttore (che lo ha sancito esplicitamente con un editoriale molto critico verso il tentativo di Riotta). Ho quindi rispetto, benché non corrispondano assolutamente alle mie personali aspettative di lettore, per le valutazioni di concretezza che possono essere state fatte: il mercato italiano è difficilissimo e il sistema dei media non ha fatto niente negli ultimi due decenni per far crescere la capacità critica dei lettori e la loro disponibilità nei confronti della modernità e della qualità. E ora ne paghiamo tutti e conseguenze, compresi i giornali che sono costretti a tirare il freno sull’innovazione, ardua da vendere.

Ma c’è un luogo in cui l’ibrida e incerta idea di rinnovamento del Sole 24 Ore aveva trovato una sua efficace e felice compiutezza, ed è l’inserto culturale Domenica. Mi saltava di nuovo agli occhi leggendolo stamattina. A parte gli ottimi formato, grafica e impaginazione – e non è poco – è impressionante quanto la qualità e la scelta dei contenuti, assieme alla chiarezza della scrittura, siano dieci anni avanti alle pagine culturali degli altri quotidiani italiani, ancorate a formule e tipologie fisse che sono le stesse ogni settimana. Nella Domenica del Sole ci sono idee e scritture, e una varietà di contenuti, che sono quasi paragonabili a un supplemento del Guardian. Dico quasi perché manca giusto un salto in più di fantasia ideativa e formale, una duttilità alle occasioni, una capacità di inventare e sorprendere che non è ancora nelle teste di chi fa i giornali italiani. Ma ci sono ogni settimana, sulla Domenica del Sole, molte e molte cose inattese e ben fatte, e molte storie da leggere. È un oggetto compiuto, ed è un oggetto che per sua natura può emanciparsi da quella che alcuni pensano debba essere la ragion d’essere del giornale di Confindustria dedicato prevalentemente a temi economici e amministrativi.

Sarebbe un peccato che la ricerca di un altro progetto riguardasse anche la Domenica, che implicasse che il target immaginato del quotidiano debba per qualche bizzarra ragione volersi vedere raccontata una cultura passata e scolastica o un mondo che non è quello di oggi e domani, come accade spesso in Italia quando è evocato il termine “cultura”. L’inserto è ottimo così com’è e il giornale può farsene un vanto.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).