La crisi di governo imminente permanente

Corrono i rumors di Palazzo, che vanno sempre ascoltati con diffidenza. Gli ultimi, che preannunciano le dimissioni dei ministri di Berlusconi addirittura già per la giornata di domani, sembrano particolarmente inverosimili.
Non perché la disperazione del Pdl non possa anche finire così: con l’omicidio-suicidio del governo che lo stesso Berlusconi ha fortemente voluto, e che anzi è stato salutato alla nascita come uno dei suoi più grandi successi politici.
Quanto perché anticipare con una crisi perfino i tempi della discussione e della votazione sulla questione decadenza all’interno della giunta del senato non ha una logica né un vantaggio neanche dal punto di vista del Pdl, compresa la sua componente più oltranzista.
Far montare la tensione, come è stato fatto per tutto agosto, è sicuramente utile a Berlusconi.
Tenere la questione della cosidetta “agibilità politica” al centro dell’agenda quotidiana garantisce al Pdl un grande protagonismo e tiene gli altri partiti ai margini.

Costringere l’elettorato di destra a rimanere fissato sul tema delle vessazioni e della persecuzione ai danni di Berlusconi premia (senza esagerare) nei sondaggi (com’è sempre accaduto) e in più evita di dover rendere conto di altre cose, per esempio dei risvolti meno simpatici per alcune fasce sociali della famosa “vittoria” sull’Imu.
Passare però adesso, nelle prossime ore, dallo stato di crisi latente e di mobilitazione permanente, alla rottura vera e propria, con tutte le incognite conseguenti a cominciare dalle decisioni assunte dal capo dello stato: questa sarebbe una mossa comprensibile solo sul piano emotivo e irrazionale – cruciale quando di mezzo c’è Berlusconi – ma del tutto illogica.
Se la strada che s’è deciso di prendere fosse davvero quella della crisi, molto più utile a Berlusconi sarebbe farlo all’indomani di un voto negativo del senato, dopo la prova provata di quello che nel Pdl giudicano un complotto politico.

Questi sono presumibilmente gli argomenti che stanno usando, nella feroce e neanche nascosta polemica interna, i “governisti” del Pdl, impegnati se non altro a prendere tempo. Sono argomenti che alla fine dovrebbero prevalere.
Certo, con un lato debole: che mentre si consuma e si trascina la rabbia dei berlusconiani, il resto del quadro politico non rimane fermo. Si riapre la diaspora M5S. E il Pd si avvia a darsi, in un modo imprevedibilmente netto, una leadership competitiva in caso di precipitazione elettorale.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.