Entra Ferrara

Si sta verificando in Italia un caso macroscopico di eterodirezione della politica, che potrà solo produrre effetti negativi.
No, non è la solita storia di Repubblica e del Pd, che almeno sono nei rispettivi campi entità quantitativamente comparabili. Più attuale, interessante e d’impatto sulla scena è la vicenda del Foglio, giornale deliberatamente d’elìte, che si mette alla testa non solo di un partito da dieci milioni di voti, ma di un intero governo e di tutta la catena mediatica della maggioranza.

La salvezza di Berlusconi (e dell’intero centrodestra, incapace di costruirsi un futuro proprio) viene così affidata a uno one-man-show che ieri si dispiegava in un’intervista fatta da Giuliano Ferrara a se stesso travestito da Berlusconi, pubblicata non solo sul Foglio ma su Libero (direttori Feltri-Belpietro; per capire lo stile d’elìte, quelli che hanno sbattuto Marrazzo in prima pagina pochi giorni fa a oltre un anno dalle dimissioni), poi sul Giornale e infine replicata sulle reti Mediaset (Tg1, Matrix…).
Per giustificare la discesa in campo, Ferrara si sceglie un avversario speculare, De Benedetti e il gruppo di “azionisti” (azionisti? ma non avevano chiuso bottega nel ’46?) che collegati alla procura di MIlano starebbero tentando il golpe, più o meno “morale” o “moralista”, espropriando le prerogative della politica e attentando alla democrazia.
Se siamo arrivati a questo finale – comunque, per carità, per ora migliore di quello del Caimano – vuol dire che Berlusconi sta davvero messo male. E che le sue prospettive sono pessime, anche senza ripetere la battuta che vuole Ferrara davvero uguale a Eugenio Scalfari solo per la sfiga che porta alle cause politiche che sposa. Infatti questa storia può solo creare danni agli interessati.

Berlusconi che si spalma su Ferrara e sulle sue iniziative teatrali vuol dire un potente istinto maggioritario che si ritrae in una nicchia, perdendo connessione col popolo e con la dinamica politica (come dimostra il flop della “frustata” economica, anch’essa suggerita dal Foglio e annunciata in una lettera al Corriere da Ferrara anche allora sotto mentite spoglie).
Dal canto suo, però, Giuliano Ferrara che si intruppa con Sallusti e Belpietro vuol dire una fiamma di intelligenza e di anticonformismo che si spegne, dopo aver anche provato a rischiarare il buio dell’uscita dalla stagione di Berlusconi ponendosi e ponendo domande che in trincea, come nella pseudo-intervista, inevitabilmente scompaiono.

La prima notizia è buona per il Pd, gli ricorda che se non si farà a sua volta eterodirigere (lo sappiamo che il rischio c’è, non è un’invenzione del nemico) ci sono praterie di consenso popolare che l’estremismo e il minoritarismo berlusconiano potrebbero lasciare sguarnite.
La seconda notizia è pessima, e ricorda invece a noi che su ogni fronte la militarizzazione cancella lo spirito critico: per quante piazze e teatri, palasport e studi televisivi si possano riempire, un giornale dovrebbe sempre cercare di non scomparirci dentro.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.