Chiacchiere con Jeff Bezos

La notte del 23 novembre scorso Amazon ha aperto in Italia. Ovvero ha costruito un sito in italiano dove vende anche prodotti in lingua italiana: perché comunque di clienti italiani ne aveva già molti e ha voluto ricordarlo mettendo nelle prime ore in homepage un messaggio del fondatore, Jeff Bezos, che ricordava come nell’agosto 1995 fosse stato consegnato a Genova il primo ordine compiuto da un cliente italiano.
Sono passati 17 anni dalla fondazione di Amazon e Bezos – che nel 1999 fu messo in copertina da Time come “Uomo dell’anno”, in celebrazione dell’era delle nuove tecnologie – oggi ha 47 anni ed è appena venuto in Italia a vedere come stanno andando le cose, portandosi dietro la sua leggendaria risata ad occhi spalancati.
Come mai ci avete messo tanto?
Abbiamo avuto un sacco da fare. Volevamo aprire da un sacco di tempo. Abbiamo clienti italiani da sempre, ma avere un sito italiano ci permette di dare servizi molto migliori, e i prodotti in italiano, naturalmente.
E qualcosa vi tratteneva?
No. Solo altre priorità. E il desiderio di fare le cose bene.
Quindi il mercato italiano ai suoi occhi non è diverso da quello di altri paesi europei dove eravate già arrivati, come la Francia o la Germania?
No. Voi eravate pronti per l’e-commerce da tempo: eravamo noi a non essere pronti.


Significa che ciò che Amazon fa non ha declinazioni diverse nei vari paesi? Tutti i mercati sono uguali?
Sì. Capisco cosa intende. Noi umani vogliamo sempre trovare differenze, ma a volte ciò che conta è ciò che invece non è differente. In Amazon abbiamo capito che sulle cose principali i clienti sono uguali in tutto il mondo, i mercati sono gli stessi. Quando abbiamo aperto in Giappone ci dicevano che i giapponesi non avrebbero scritto recensioni sul sito: e ci siamo detti vabbè, le abbiamo ovunque, proviamo lo stesso. E i giapponesi le scrivono, le recensioni ai prodotti. Anche là vogliono prezzi bassi, scelta, assistenza affidabile, consegne rapide e sicure. Sono desideri universali. Non sono mai stato in un paese in cui le persone mi dicessero “Ah, Amazon sarebbe fantastico, se solo i prezzi fossero un po’ più alti…”. Mai. “Potreste mandarmeli più lentamente?”.
Vero, ma non è rischioso dire ai clienti – in un tempo in cui prevale il messaggio “tu sei diverso, tu conti, tu sei speciale” – che in realtà sono uguali a tutti gli altri?
Quello glielo dice la varietà della nostra offerta, la più grande del mondo. Sulle grandi scelte tutti vogliono le stesse cose, e lo sanno. Ma quali cose, quale musica sentire, quali libri leggere, quale marca preferisci, queste sono le scelte che definiscono le persone: per questo noi vendiamo sia crema che cioccolato.
E allora gli italiani preferiscono crema o cioccolato?
Tutte e due. Dai primi risultati – salvo i libri, e la musica, naturalmente – vediamo che le scelte somigliano a quelle degli altri paesi. Anche perché in Italia abbiamo aperto con un numero di sezioni maggiore di quello con cui aprimmo in qualunque altro paese.
Come mai?
Perché ci siamo riusciti! (ride forte, come in molti altri momenti della conversazione) Eravamo in grado di farlo, finalmente. Ma anche in Italia il settore dell’elettronica di consumo è quello che è andato più forte da subito.
Ci sono differenze invece tra le cose che la gente compra online e quelle che compra nei negozi?
Sono cambiate molto. Quindici anni fa i clienti cercavano su Amazon le cose che non trovavano nei negozi. Vendevamo in proporzione molti prodotti rari e sconosciuti e pochi bestseller o prodotti più comuni. Ma adesso è cambiato: comprare online è diventata una cosa normale, e la nostra classifica dei prodotti più venduti non è molto diversa da quella dei negozi tradizionali. Poi ci sono ancora dei criteri: alcuni prodotti a prezzi bassi ma costosi da spedire – una scopa, per esempio – a noi non convengono, mentre siamo efficienti su quelli che i clienti preferiscono ricevere a casa e a noi convengono, come i televisori.
Ma questo significa che Amazon non c’entra con la famosa teoria della coda lunga, per cui oggi prosperebbero le nicchie di mercato?
Direi che prima della coda noi vendiamo il muso, ormai. E poi anche la coda. Quindici anni fa vendevamo tutto, in quantità simili: i prodotti più comuni non si vendevano tanto, in proporzione. Ma oggi non ha idea di quanto vendiamo in categorie come l’abbigliamento, le scarpe… Vendiamo montagne di scarpe! All’inizio qualcuno diceva che sarebbe stato difficile, perché la gente vuole provarle; ma il nostro servizio di sostituzioni è così semplice che ha funzionato. E le venderemo anche in Italia, presto.
A lei piace dire “non ho paura di fare sbagli”…
Sì, ci sono aziende che – a volte con qualche ragione – evitano di correre rischi. Ma se vuoi innovare e inventare devi metterlo in conto. L’unico modo di non fare sbagli e non creare niente di nuovo.
E voi ne avete fatti?
Eccome! Un esempio: il nostro servizio che permette a venditori esterni di vendere i propri prodotti su Amazon è stato molto difficile da costruire. Lo abbiamo sperimentato in due modi diversi, e sono falliti, prima di trovare un servizio che funzionasse e avesse successo. Perché sono fallimenti preziosi, se si è in grado di rimanere concentrati sulla visione ma flessibili sui dettagli. E vale anche per le persone: noi cerchiamo di stimolare i nostri dirigenti a cimentarsi su progetti nuovi e non temere per le loro carriere: e così abbiamo creato cose di cui siamo molto soddisfatti.
Tipo?
Kindle. Non avevamo mai prodotto un apparecchio del genere, non avevamo mai prodotto un apparecchio.
E avete fatto sbagli, con Kindle?
Ehi, col primo modello abbiamo fatto sbagli enormi! Il design aveva dei problemi, era facile che le pagine girassero per sbaglio, e altre cose che abbiamo sistemato nella seconda generazione, e poi nella terza: e oggi è il nostro prodotto più venduto, e lo migioreremo ancora e ancora. Ma bisogna essere disposti a dire: “sai che c’è? Proviamo”.
E in effetti per Amazon ha funzionato. Come se lo racconta, dopo diciassette anni, il successo pazzesco e rivoluzionario che è stato capace di creare?
Me lo spiego con un tempismo straordinario e una fortuna straordinaria. Direi: metà tempismo, metà fortuna. E il resto intelligenza.
La cosa di cui sono rogoglioso, di cui siamo orgogliosi, è che per questi 17 anni abbiamo guadagnato la fiducia dei clienti facendo promesse difficili e mantenendole.
È così che si guadagna la fiducia, mantenendo le promesse?
Mantenendo promesse difficili! Se io le prometto che non mangerò mai broccoli, e i broccoli mi fanno schifo, non guadagno nessuna fiducia. Troppo facile! Noi ne abbiamo fatte di molto difficili.
Le fanno schifo i broccoli?
Adoro i broccoli! Sono la mia verdura preferita!


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).