Chi ha paura degli algoritmi?

Massimo Gramellini sa scrivere molto bene, su quello sono più o meno tutti d’accordo. C’è anche un certo qual accordo sul fatto che tenda a scrivere di temi buonisti e nazionalpopolari, soprattutto nella sua rubrica quotidiana Buongiorno in prima pagina della Stampa. (Sa anche usare registri diversi: provate a vedere come si mette a fumare quando parla della Juventus). Questa sua predilezione ha ovviamente fatto nascere un movimento di opposizione, esemplificato per esempio da questo gruppo Facebook: io personalmente resto agnostico, e mi limito a non leggere la rubrica pensando però che non ci sia nulla di male in un po’ di melassa. Ho anche provato sulla mia pelle che scrivere quotidianamente di cose di attualità non è per nulla semplice: qualche volta ti escono fuori bene, spesso te la cavi con un po’ di mestiere, a volte il risultato è men che mediocre. Anche in questo caso so che la vita funziona così.

Ma ci sono volte in cui anche la mia atarassia si infrange, come nel caso del suo pezzo di ieri: “Abbasso gli algoritmi”. Dopo aver irriso i «due ricercatori americani» che hanno «scandagliato milioni di pagine Facebook», Gramellini continua dicendo «La dittatura dell’algoritmo è l’ultimo rifugio di un certo tipo di persone, per lo più maschi intellettuali con il cuore a forma di granchio e gli occhi a forma di dollaro, che non riuscendo più a sentire niente si illudono di domare le loro insicurezze con una serie di algide formulette attinte dalla marea di dati personali che le nuove tecnologie mettono a disposizione.» La melassa del giorno è stata insomma in salsa antiscientifica. E che cosa può controbattere un peso minimo quale io sono?

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Maurizio Codogno

Matematto divagatore; beatlesiano e tuttologo at large. Scrivo libri (trovi l'elenco qui) per raccontare le cose che a scuola non vi vogliono dire, perché altrimenti potreste apprezzare la matematica.