Che cos’è e chi è l’anti Grillo

Nel day after siciliano la stessa impressione del dopo-Parma: i ragazzi che irrompono nella politica trascinati da Beppe Grillo hanno facce fresche e pulite, nulla della truculenza del capo, perfino disponibilità a «farsi sedurre». Bisognerà sdrammatizzare il tema dell’ondata di M5S e derubricare la questione: più che l’eversione populista qui a breve rischiamo (e naturalmente non è poco) l’ingovernabilità, che dell’eversione può essere la premessa ma è ancora un problema risolvibile. Vanno affrontati con mente fredda i dati sull’astensione, su Cancelleri, sul crollo dei voti reali per tutti i partiti compreso il Pd.

Il Pd, col 30 per cento nei sondaggi e l’incontestata centralità nel quadro politico, è l’unico in condizione di elaborare una strategia di prevenzione dell’ingovernabilità.
Sbaglierebbe però se pensasse che questa strategia possa esaurirsi in furbizie sulla legge elettorale (il mantenimento del Porcellum) o nel gioco estenuante delle alleanze: Vendola e Casini sono entrambi importanti ma fra tutt’e due varranno sì e no l’11 per cento (in sondaggi ai quali milioni di italiani non rispondono): sono statuine di cera nella tempesta italiana. Ammesso che si riuscisse a tenerli insieme, che risposta sarebbe alla crisi?

È davvero troppo poco sommare sigle e percentuali da opporre come argine al tumulto dell’insoddisfazione. Che invece va presa di petto e affrontata con ogni risorsa disponibile. Il Pd ha le risorse per farlo, in entrambi i suoi principali candidati alle primarie, che non si fanno assimilare alla difesa ostinata dell’esistente. Bersani s’è staccato dalla foto della nomenklatura. Renzi può non piacere ma presidia la frontiera più avanzata della politica, già dentro il mondo dell’insoddisfazione e della rivolta. Ciò che lui dice e fa risulta (comprensibilmente) indigesto nel Pd, ma è importante perché ingaggia una competizione con le illusorie ricette grilline sul loro stesso terreno.
Non voglio dire che debba essere solo per questo votato: le primarie sono fra candidati al governo del paese. Voglio dire che adesso, e dopo le primarie, il Pd dovrebbe tenersi caro Renzi e spenderselo in ogni caso. Ciò che oggi risulta destabilizzante, domani sarà il necessario completamento di una strategia a più punte: l’unica in grado di riassorbire i consensi e di garantire, guarda il paradosso, la stabilità e la governabilità del paese.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.