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  • Martedì 30 dicembre 2025

In Argentina il diritto all’aborto fa i conti con gli attacchi di Milei

Cinque anni fa fu approvata la legge che lo rese legale, gratuito e sicuro, ma con il governo attuale sta diventando tutto più difficile

I fazzoletti verdi simbolo delle campagne per il diritto all'aborto in tutta l'America Latina in una manifestazione a Buenos Aires nel 2024 (AP Photo/Natacha Pisarenko)
I fazzoletti verdi simbolo delle campagne per il diritto all'aborto in tutta l'America Latina in una manifestazione a Buenos Aires nel 2024 (AP Photo/Natacha Pisarenko)
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Il 30 dicembre di cinque anni fa il parlamento argentino approvò la legge che legalizzava l’interruzione volontaria di gravidanza. Il diritto all’aborto fu una conquista ottenuta dopo oltre 15 anni di attivismo, mobilitazione e campagne: nei primi quattro anni (dal 2021 al 2024) oltre 314mila donne hanno avuto accesso a un’interruzione di gravidanza sicura e gratuita. Dal 2023 l’attuazione della legge è diventata più complicata a causa delle politiche antiabortiste del presidente conservatore Javier Milei, che si è espresso ripetutamente contro l’aborto, definendolo un «omicidio aggravato dai vincoli familiari». Il governo di Milei ha ridotto i fondi ed eliminato politiche sociali legate alla salute sessuale, rendendo l’accesso all’aborto più complesso per migliaia di donne argentine.

Nel 2020 l’Argentina fu il quarto paese dell’America Latina a legalizzare l’interruzione di gravidanza, dopo Cuba, Uruguay, Guyana e anche alcuni stati del Messico: il successo della campagna a favore della legalizzazione, di cui i fazzoletti verdi divennero il simbolo, ispirò in seguito leggi simili in Colombia e in Messico (a livello nazionale) in un continente in cui le leggi sono di solito molto restrittive.

La legge n° 27.610 promossa dal governo dell’allora presidente peronista Alberto Fernández rendeva l’aborto legale, sicuro e gratuito fino alle 14 settimane di gestazione, e dopo quel termine nei casi di rischio per la madre o di stupro. L’accesso è garantito sia nelle strutture pubbliche che private: prevede l’obiezione di coscienza, ma le strutture che non garantiscono l’accesso all’interruzione di gravidanza devono farsi carico dei costi del trasferimento a un’altra struttura.

Il presidente Javier Milei il 14 ottobre 2025 (AP Photo/Alex Brandon)

Nel 2025 varie organizzazioni argentine che si occupano di salute sessuale e ong internazionali, tra cui Amnesty International, hanno denunciato le sempre maggiori difficoltà che le donne devono affrontare per accedere all’interruzione di gravidanza. Milei durante la campagna elettorale aveva sostenuto di voler promuovere un referendum per abolire la legge. Non lo ha fatto, ma il suo governo ha attuato politiche per renderla inefficace, giustificate con la necessità di ridurre le spese.

Nel 2023 lo stato aveva fornito 166mila dosi di misoprostolo e della combinazione di farmaci mifepristone-misoprostolo, necessari per l’aborto farmacologico, una pratica sicura, efficace e poco invasiva se praticata entro le 14 settimane. Dal 2024 la distribuzione di entrambi da parte dello stato è stata azzerata e delegata totalmente alle province: questo ha causato enormi disparità fra province più o meno ricche e guidate da politici più o meno conservatori. In alcune province i farmaci per l’aborto farmacologico, che dovrebbero essere disponibili gratuitamente, non si trovano: le donne sono spesso costrette ad acquistarli, a prezzi proibitivi per una parte consistente della popolazione.

Una confezione di misoprostolo in un centro medico a Buenos Aires nel 2021 (AP Photo/Victor R. Caivano)

Il governo di Milei ha interrotto anche la distribuzione di preservativi, farmaci contraccettivi e test di gravidanza e ha sospeso il finanziamento del Piano nazionale di prevenzione delle gravidanze non intenzionali durante l’adolescenza (ENIA), che aveva dimezzato le gravidanze in età adolescenziale fra il 2018 e il 2021. La cancellazione di ogni campagna informativa sul diritto all’aborto ha fatto sì che molte donne non sappiano come e dove praticarlo, a chi rivolgersi e quali diritti abbiano.

Associazioni come l’Equipo Latinoamericano de Igualdad y Género (ELA) denunciano anche la mancata diffusione di dati ufficiali sul ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza: il governo li ha forniti fino a dicembre del 2023, poi ne ha sospeso la pubblicazione. Quelli del 2024 sono il risultato di una richiesta di accesso alle informazioni (corrispondente al FOIA in Italia) presentata dall’ADNSUR, agenzia che fa parte della Rete federale di giornalismo e innovazione. L’assenza di dati costanti, dettagliati e divisi su base provinciale rende difficile evidenziare le limitazioni nell’accesso al diritto.

Una manifestazione contro l’aborto a Buenos Aires il 29 marzo 2025 (AP Photo/Rodrigo Abd)

Il rapporto dell’associazione CEDES (Centro de Estudios de Estado y Sociedad) evidenzia anche casi di disinformazione, tentativi di dissuasione, maltrattamenti e abusi dell’obiezione di coscienza in varie strutture del paese: la situazione è particolarmente critica nelle province di Santiago del Estero e Misiones (rispettivamente a nord e a nord-est) e nelle zone rurali.

Il dibattito sull’aborto in Argentina resta molto attivo e polarizzato. Secondo Mariela Belski, direttrice di Amnesty International Argentina, il paese è utilizzato come «banco di prova» per le politiche della destra mondiale volte a ridurre i diritti delle donne. Fra le altre cose il governo di Milei promuove manifestazioni come la «Giornata del bambino non ancora nato». Anche il film Belén, candidato argentino all’Oscar come miglior film internazionale, ha come tema l’interruzione di gravidanza e racconta di una ragazza di Tucumán che nel 2014 fu accusata di omicidio dopo essersi presentata all’ospedale per un aborto spontaneo: uscì di prigione solo tre anni dopo.

Martha Rosenberg, psicanalista e medica, una delle pioniere nella lotta per il diritto all’aborto in Argentina, in una manifestazione del 2025 (AP Photo/Natacha Pisarenko)