Che posto è il Somaliland
Un po' di fatti sullo stato che si è autoproclamato indipendente dalla Somalia, ora che Israele (e solo Israele) l'ha riconosciuto come sovrano

Venerdì Israele è diventato il primo paese al mondo a riconoscere come stato sovrano e indipendente l’autoproclamata Repubblica del Somaliland, una regione della Somalia che confina a sud con l’Etiopia, a ovest con Gibuti e a nord affaccia sul golfo di Aden. Dichiarò unilateralmente l’indipendenza dalla Somalia nel 1991, e da allora funziona praticamente come uno stato autonomo: ha una capitale, Hargeisa, una bandiera, una valuta locale (lo scellino del Somaliland) e un proprio governo. Negli ultimi vent’anni nel paese ci sono state varie elezioni, ritenute democratiche.
Non è chiaro perché Israele abbia deciso il riconoscimento proprio ora, ma ci sono varie ipotesi. Secondo quanto riferito lo scorso marzo da Associated Press, il governo israeliano e quello statunitense avevano preso in considerazione il Somaliland come luogo dove espellere forzatamente una parte degli abitanti palestinesi della Striscia di Gaza (cosa che i tre governi hanno sempre ufficialmente negato). Un’altra possibilità è che Israele sia interessato al Somaliland per via del suo sbocco sul golfo di Aden, un tratto di mare percorso da una delle principali rotte commerciali del mondo, ma che è anche parecchio pericoloso per via dei molti attacchi alle navi compiuti dagli Houthi, un gruppo politico e militare yemenita alleato dell’Iran e nemico di Israele.
Qualunque sia il motivo, il riconoscimento da parte di Israele è un successo per il Somaliland e per il suo presidente Abdirahman Mohamed Abdullahi, eletto alla fine del 2024, che del riconoscimento internazionale ha fatto una priorità del suo mandato.
Negli ultimi trent’anni infatti il mancato riconoscimento ha ostacolato lo sviluppo economico del Somaliland, impedendogli anche di accedere ai prestiti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Anche per questo è ancora uno dei luoghi più poveri al mondo, nonostante le condizioni di vita siano migliori di quelle della Somalia, dove operano diversi gruppi armati e il cui governo è più instabile e repressivo di quello del Somaliland (sebbene anche il governo del Somaliland sia stato accusato da Amnesty International di uccidere civili in modo indiscriminato nelle sue operazioni di repressione di gruppi armati locali).

Il presidente del Somaliland Abdirahman Mohamed Abdullahi a maggio del 2025 durante la cerimonia di insediamento di una missione diplomatica del Somaliland in Ruanda (ANSA/EPA/DANIEL IRUNGU)
Nel secolo scorso la Somalia e il Somaliland erano colonie rispettivamente dell’Italia e del Regno Unito. Nel 1960, contestualmente all’ottenimento dell’indipendenza, si unirono per creare la Repubblica Somala. Da subito però gli abitanti di quello che era il Somaliland si sentirono emarginati dal nuovo governo: negli anni Ottanta questa insoddisfazione e la repressione del dissenso da parte dell’autorità centrale portarono a una ribellione armata, che l’esercito somalo contrastò con estesi massacri di civili. Il Somaliland si dichiarò di nuovo indipendente nel 1991, quando fu rovesciato il governo del generale e dittatore della Somalia Mohammed Siad Barre.
In questi anni però sia i governi somali sia l’Unione Africana (l’organizzazione che riunisce i paesi africani) si sono sempre opposti all’indipendenza della regione, e gli altri paesi non l’hanno riconosciuta principalmente per paura di legittimare le rivendicazioni separatiste in altre parti del mondo. Anche per questo la decisione di Israele è stata criticata da moltissimi paesi africani e dall’Unione Europea, oltre che ovviamente dalla Somalia. Negli ultimi anni vari governi hanno instaurato dei rapporti commerciali e diplomatici con il Somaliland, pur senza arrivare al riconoscimento formale.

Delle donne in coda per votare a Hargeisa con in mano una bandiera del Somaliland durante le elezioni presidenziali che si sono svolte con due anni di ritardo il 13 novembre del 2024 (AP Photo/Abdirahman Aleeli)
Oggi il Somaliland ha circa 4 milioni di abitanti e un Prodotto interno lordo di due miliardi di dollari annui, che deriva perlopiù dall’esportazione di bestiame e altri prodotti animali verso Gibuti, Etiopia, Arabia Saudita e Oman. Fa i conti con vari problemi sociali, a partire dall’alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, dalla diffusa povertà e dalle diseguaglianze.
A livello internazionale ha rapporti con Taiwan e cerca da tempo di stringere accordi commerciali con gli Stati Uniti, sfruttando il suo sbocco sul golfo di Aden. Ad aprile alcuni funzionari del Somaliland avevano detto al New York Times di voler affittare agli Stati Uniti una parte del porto di Berbera, il principale porto della regione, e una pista di atterraggio per aerei in cambio del riconoscimento internazionale tanto atteso. Finora (e anche negli ultimi giorni dopo il riconoscimento di Israele) il governo statunitense ha sempre negato di voler riconoscere il Somaliland, nonostante questa possibilità sia stata sostenuta nell’ultimo anno da alcuni politici Repubblicani.
Un paese che invece si è mosso in questa direzione è stata l’Etiopia, che a gennaio del 2024 ha firmato un memorandum d’intesa che prevede l’accesso militare e commerciale dell’Etiopia a circa 20 chilometri di costa nel Somaliland, e quindi all’oceano Indiano, per cinquant’anni; prevede anche che il Somaliland ottenga dall’Etiopia il riconoscimento come stato sovrano e una quota della compagnia aerea etiope di bandiera. L’Etiopia non ha accesso al mare e ogni anno paga 1,5 miliardi di dollari a Gibuti per usare il porto dell’omonima capitale, da cui passa più del 95 per cento del traffico commerciale del paese: il suo primo ministro Abiy Ahmed considera l’accesso al mare una questione «esistenziale» per l’Etiopia, oltre che economica.
Il memorandum non è vincolante e ha una forza minore rispetto a un accordo vero e proprio. Ha comunque provocato dure critiche da parte della Somalia, con cui l’Etiopia ha da allora rapporti molto tesi.
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