A Rolex interessano molto anche i suoi orologi usati

Da tre anni ha avviato un programma per certificarli: non ci guadagna niente ma è stato un successo

Un negozio Rolex a San Diego in California (Kevin Carter/Getty)
Un negozio Rolex a San Diego in California (Kevin Carter/Getty)
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Nel dicembre 2022 il marchio svizzero di orologi di lusso Rolex lanciò un programma di certificazione dei suoi orologi di seconda mano (Rolex Certified Pre-Owned). L’obiettivo era portare sotto il proprio controllo una parte del mercato dell’usato che negli anni era molto cresciuto, rimanendo però poco regolato. Allora fu un’operazione che molti commentatori giudicarono rivoluzionaria, perché solitamente le aziende di lusso considerano il mercato dell’usato qualcosa da cui stare alla larga e che danneggia le vendite di prodotti nuovi.

Dopo tre anni si può dire che il programma di Rolex è stato un successo: non tanto per il fatturato dell’azienda quanto per il valore del marchio. Quest’anno, secondo le stime della società di analisi dei dati WatchCharts, le vendite di orologi usati certificati da Rolex dovrebbero superare il mezzo miliardo di dollari.

Negli ultimi dieci anni, e soprattutto durante la pandemia, il mercato degli orologi di lusso di seconda mano è cresciuto a tal punto da rendere sempre più difficile per i grandi marchi continuare a ignorarlo. Rolex non è stata l’unica a intervenire: programmi come il suo sono stati avviati anche da aziende come Vacheron Constantin e Richard Mille. Oliver Müller, fondatore della società di consulenza LuxeConsult, ha detto al Wall Street Journal che quest’anno il commercio di orologi svizzeri di seconda mano arriverà a valere circa 25 miliardi di dollari, ovvero la metà del mercato delle vendite di orologi nuovi.

È una percentuale enorme se si pensa che nel resto del settore del lusso le vendite di prodotti di seconda mano sono una quota marginale: per esempio la rivendita di abbigliamento e borse di lusso, secondo le stime della società di consulenza Bain, vale circa il 13 per cento del mercato principale.

La decisione di Rolex di entrare nel mercato dell’usato certificato aveva come scopo la tutela del proprio prestigio, più che la ricerca di una nuova fonte di ricavi. Il programma è infatti strutturato in modo tale che il lavoro operativo e i guadagni rimangano ai rivenditori indipendenti già autorizzati alla vendita di orologi nuovi del marchio, come Watches of Switzerland e The 1916 Company.

Sono questi rivenditori a occuparsi di reperire gli orologi di seconda mano, verificarne l’autenticità e sottoporli a manutenzione secondo gli standard stabiliti da Rolex. Solo al termine di questo processo Rolex certifica ufficialmente l’orologio come originale, accompagnandolo con una garanzia di due anni. Anche il prezzo finale non viene fissato dal marchio, ma dai rivenditori, che si assumono interamente il rischio commerciale e incassano tutta la marginalità della vendita. In questo modo Rolex riesce a mantenere il controllo sulla qualità e sull’immagine del proprio prodotto, concentrando la compravendita di usato nei negozi con cui ha già dei rapporti.

Dati recenti mostrano quanto la certificazione incida sulle scelte dei consumatori. Secondo Morgan Stanley, chi compra è disposto a pagare in media il 28 per cento in più per un orologio usato certificato come autentico da Rolex rispetto a uno non certificato. È un sovrapprezzo che molti accettano per ridurre il rischio di acquistare un falso e per avere la certezza che, trattandosi di un orologio meccanico, sia stato revisionato e funzioni correttamente.

I principali beneficiari del programma sono proprio i rivenditori autorizzati, che possono ampliare l’offerta e intercettare una domanda già esistente, e i clienti più prudenti, disposti a pagare prezzi più alti in cambio di maggiore sicurezza. Al contrario, molti rivenditori indipendenti non autorizzati vedono ridursi il proprio spazio di manovra, soprattutto sui modelli più richiesti, che ora trovano nel canale ufficiale una concorrenza difficilmente eguagliabile in termini di fiducia e reputazione. In questo modo il mercato parallelo si ridefinisce: una parte degli orologi usati che per anni era rimasta fuori dal controllo dei produttori, tende a rientrare all’interno di circuiti regolati direttamente dai marchi.

Per alcuni modelli, inoltre, il mercato dell’usato è già più caro di quello del nuovo. Spesso per comprare gli orologi nuovi di Rolex esistono lunghe liste d’attesa: per questo molti collezionisti preferiscono pagare di più sul mercato secondario pur di ottenere subito l’orologio desiderato. Per esempio il modello GMT-Master II, conosciuto come Pepsi, costa oltre 12mila dollari (più di 10mila euro), mentre sui siti di usato oltre 22mila dollari (quasi 20mila euro). Non è raro che gli orologi di seconda mano di Rolex vengano venduti a prezzi pari al doppio di quelli di listino, e talvolta anche superiori.

Come ha scritto il New York Times, molti addetti ai lavori indicano l’asta del 2017 del Rolex Daytona appartenuto all’attore Paul Newman, venduto per 17,8 milioni di dollari (circa 15 milioni di euro), come l’inizio dell’attuale interesse per gli orologi da collezione. Negli ultimi anni la crescita del mercato è stata trainata anche da una nuova generazione di rivenditori di lusso specializzati nell’usato, come WatchBox e Chronext, e da Watchfinder, acquistata nel 2018 dal gruppo svizzero del lusso Richemont. Queste aziende operano con siti web molto curati e con negozi fisici in città strategiche come Londra e Hong Kong. Oltre a rivendere orologi, li acquistano direttamente o li accettano in permuta, permettendo ai clienti di trasformare il valore delle proprie collezioni in liquidità o in nuovi acquisti.