Un posto in cui le Olimpiadi invernali non sono benvenute
A Bormio, una delle tante sedi di gara, ci sono molte critiche su come sono stati spesi i soldi, sulle opere in ritardo e sul loro impatto ambientale

Gli abitanti di Bormio, nel nord della Lombardia, non sono generalmente entusiasti del fatto che il posto in cui vivono ospiterà alcune delle gare più importanti delle Olimpiadi invernali, in programma dal 6 al 22 febbraio (si terranno qui lo sci alpino maschile e lo scialpinismo, che per la prima volta sarà disciplina olimpica). Quasi tutto ciò che non riguarda strettamente le gare sportive ha creato malumori tra i residenti: per un po’ si sono lamentati in modi più o meno organizzati, ma adesso c’è una certa arrendevolezza. «Ormai sono qui, speriamo passino in fretta», dice un residente, sintetizzando un pensiero espresso in varie forme da molti.
Le Olimpiadi del 2026 hanno nel nome solo Milano e Cortina in quanto città ospitanti, ma saranno in realtà diffuse tra molti luoghi, anche lontani tra loro e anche molto piccoli e isolati come Bormio, che ha poco meno di 4mila abitanti e dista 200 chilometri da Milano e 300 da Cortina d’Ampezzo (che è anche in un’altra regione, in Veneto). La formula delle Olimpiadi diffuse ha come obiettivi ridurre l’impatto di un evento così grande su un singolo territorio, distribuendo impianti e visitatori, far conoscere i posti e allo stesso tempo sfruttare i fondi olimpici per migliorare più luoghi.
La grandissima parte dei residenti di Bormio sostiene che queste promesse non verranno mantenute. A lamentarsi sono le associazioni ambientaliste e per la tutela del territorio, albergatori e ristoratori, organizzazioni giovanili e molte persone che semplicemente speravano che i soldi venissero spesi diversamente. Dicono che non è stato fatto abbastanza per migliorare l’accessibilità del territorio, che alcune infrastrutture deturpano il paesaggio e soprattutto che non sono state risolte le due questioni fondamentali per il futuro della cittadina: il sovraffollamento turistico concentrato in pochi periodi dell’anno e lo spopolamento.
Arrivare a Bormio è un problema in generale, ma diventa molto evidente nei periodi più turistici, e per le Olimpiadi la situazione non sarà migliorata. In inverno, quando i valichi alpini vengono chiusi per la neve, c’è una sola strada per arrivare a Bormio, la statale 38 della Valtellina, che dalla sponda lecchese del lago di Como attraversa tutta la valle passando in mezzo a diversi centri abitati, con rotonde e passaggi a livello che causano rallentamenti e incidenti. Da Milano si può anche arrivare in treno fino a Tirano, sempre in Valtellina, in due ore e mezza, ma la ferrovia si interrompe lì e il collegamento prosegue in autobus per un’altra ora. Per questo molti scelgono l’auto, ritrovandosi però spesso bloccati in coda per ore.
In vista delle Olimpiadi è stato chiesto alla Regione un piano di traffico straordinario, che però non è ancora stato presentato. Simico, la società pubblica creata per realizzare la gran parte delle infrastrutture olimpiche, ha previsto due interventi sulla statale 38 per un costo complessivo di 65 milioni di euro: ma non sono ancora iniziati e, se tutto andrà secondo i piani, saranno terminati nel 2027 (sulla loro efficacia peraltro diverse amministrazioni locali hanno espresso perplessità).

Una delle prime strade che si percorrono entrando a Bormio, e sui lampioni le bandierine che annunciano i Giochi, tra i pochi segnali visibili delle Olimpiadi a Bormio (il Post)
Non sarà pronta per le Olimpiadi nemmeno la tangenziale di Tirano, un progetto di cui si parla dal 2010 ma funzionale all’organizzazione dei Giochi perché serve a evitare il passaggio delle auto in diversi centri abitati, a partire appunto da Tirano, e quindi a ridurre il traffico: per prendere in giro l’inconcludenza su questo progetto, che servirebbe a tutta la Valtellina, è stata anche realizzata con l’intelligenza artificiale una canzoncina ironica (che dice cose come «Milano-Cortina, sprint televisivo, ma per arrivarci facciamo il percorso punitivo»). È un fatto piccolo, ma piuttosto esplicativo del clima che c’è da queste parti.
L’accessibilità di Bormio è un problema anche in periodi normali, ed è uno dei motivi per cui è difficile trovare lavoratori disposti a spostarsi qui. La cittadina è in mezzo a due tendenze difficilmente conciliabili a lungo andare: da una parte la popolazione in età lavorativa continua a diminuire e aumenta quella più anziana; dall’altra continuano ad aumentare i turisti. Dal 2019 al 2024 i visitatori annuali a Bormio sono passati da 173mila a 197mila.
Ma la pressione turistica sui meno di 4mila residenti (alcuni dei quali vivono a Bormio solo in certi mesi) si capisce meglio se si considera che ci sono forti picchi stagionali: per esempio, nel 2024 solo a febbraio ci sono stati 86mila visitatori, ad agosto 94mila e a maggio 14mila. Questo andamento ha reso discontinua la domanda di servizi e lavoro, creando difficoltà all’economia locale e facendo alzare i prezzi.
Un albergatore locale, Stefano Bedognè, ha pubblicato su Facebook due riflessioni molto ben circostanziate a partire dai dati sull’andamento demografico e sul turismo, generando un certo dibattito tra i residenti. A partire da questi elementi Bedognè sostiene che la struttura demografica di Bormio non sia più compatibile con il modello di sviluppo del territorio, che richiede un’ampia base di lavoratori. «“Arriveranno le Olimpiadi” è diventata la frase con cui abbiamo coperto ogni dubbio, ogni ritardo, ogni compromesso», dice Bedognè. «Le Olimpiadi finiranno ma i problemi resteranno qui, come pietre sul sentiero».

La pista dello Stelvio (il Post)
Molti residenti chiedevano che i fondi venissero investiti per rendere Bormio più attrattiva anche in periodi dell’anno in cui c’è molto meno turismo, per redistribuire la pressione e non puntare più solo su certi periodi ristretti: per esempio migliorando le informazioni sui tanti sentieri che gli escursionisti possono percorrere in zona (anche perché a pochi chilometri c’è il parco nazionale dello Stelvio, una delle più grandi riserve naturali d’Europa); oppure migliorando i percorsi per il cicloturismo e la promozione delle sorgenti termali, che peraltro danno anche il nome alla cittadina (Bormio deriva da una parola gallica che significa appunto “sorgenti calde”).
La Regione e l’amministrazione comunale invece hanno deciso di puntare soprattutto sul turismo invernale, promuovendo Bormio attraverso le Olimpiadi come punto di riferimento per lo sci alpino. Sarà difficile misurare quanto questa operazione riuscirà e quanto varrà certi investimenti e il loro impatto ambientale, visto che la crisi climatica renderà sempre più complesso e costoso praticare sport invernali. A Bormio per le Olimpiadi sono stati spesi moltissimi soldi per realizzare un nuovo impianto di risalita sulla pista Stelvio (45 milioni di euro), che non sarà terminato per i Giochi, miglioramenti alla pista stessa (altri 12 milioni) e un grande impianto di innevamento (20 milioni).
Si è scelto insomma di aggiungere ulteriore offerta per il turismo legato allo sci, in contraddizione con l’obiettivo delle Olimpiadi diffuse di rispettare i territori senza sovraccaricarli e con un approccio non particolarmente lungimirante, visto che l’ultima nevicata significativa a Bormio risale alla pandemia. A dicembre del 2024, per lo svolgimento della Coppa del mondo di sci, è stato necessario trasportare la neve sulla pista Stelvio da altre località.
In un recente incontro sulle Olimpiadi l’assessore regionale alla Montagna Massimo Sertori, che è anche valtellinese, ha fatto capire di aver ben presente le lamentele degli abitanti della zona, ma ha chiesto per questo periodo quella che ha definito una «tregua olimpica»: «Mancano meno di due mesi. Ci sono difficoltà e problemi, ma l’evento ci sarà. Mettiamo in evidenza le cose positive». Ha sottolineato che senza un evento del genere ci sarebbero voluti decenni per realizzare certe opere in Valtellina, ma ha anche riconosciuto che dopo i Giochi serviranno anni di interventi per migliorare davvero il territorio.
Ludovica Canclini, presidente del comitato “A tutela dell’Alute”, che raccoglie più di mille residenti, dice che «quattro anni fa quando si parlava di Olimpiadi eravamo tutti molto contenti. Poi però si sono dimenticati di noi: la Valtellina non compare nemmeno nel nome di questi giochi». Il comitato è stato creato per fermare la costruzione di una strada di 900 metri su una piana agricola tutelata all’ingresso di Bormio, l’Alute appunto, da sempre un elemento identitario del paesaggio locale.

La piana vista dall’alto d’estate (Comitato Tutela dell’Alute)

E la piana vista dalla strada e innevata, a dicembre del 2025 (il Post)
La strada, nelle intenzioni dell’amministrazione della sindaca Silvia Cavazzi (in carica dal 2021, quando si presentò alle elezioni come unica candidata), serve a collegare la statale alle piste da sci senza passare dal centro. Il progetto risale al 1999, ma è sempre stato criticato dalle associazioni ambientaliste e scartato dalle amministrazioni precedenti: in vista dei giochi è stato riproposto. Il comitato ha raccolto mille firme e chiesto un referendum, negato dal comune.
Ora c’è un ricorso al Tar, che ha fermato temporaneamente l’apertura del cantiere, ma il comune vuole comunque completare la strada dopo le Olimpiadi, con la stessa motivazione usata anche per altre opere olimpiche: serviranno a favorire il turismo (in questo caso rendendo più rapido il collegamento agli impianti di risalita). Anche qui tornano i due temi fondamentali delle proteste dei residenti: la scarsa salvaguardia dell’ambiente e la mancanza di uno sviluppo futuro che non sia unicamente dipendente dal turismo.

Alcune scritte e striscioni contro la tangenziale esposti a Bormio (Comitato Tutela dell’Alute)
Tra quelle concluse, l’opera più costosa realizzata a Bormio per le Olimpiadi è lo Stelvio Olimpic Ski Center, circa 13 milioni di euro, di cui si è molto parlato anche per decidere cosa debba diventare una volta finite le gare. Il comune sostiene che sarà usato per ospitare eventi sportivi e pubblici, ma anche questa decisione è contestata: perché per lo stesso scopo c’è già il Pentagono Center, un palazzetto riqualificato proprio con i fondi delle Olimpiadi.
A parte le opere finite e quelle da finire, per ora camminando per Bormio non si trovano tanti segni delle Olimpiadi: ci sono un negozio ufficiale di gadget, qualche cartello pubblicitario sui lampioni e i cinque anelli olimpici posizionati nella piazza principale, per tutto dicembre quasi nascosti da un grosso albero di Natale. A febbraio le cose si faranno più concrete: come in altre sedi di gara saranno istituite “zone rosse” accessibili solo a residenti e atleti. Ristoratori e albergatori se ne sono lamentati, visto che febbraio è uno dei mesi in cui lavorano di più coi turisti, ma la sindaca ha promesso accordi con la Fondazione Milano Cortina e con le forze dell’ordine affinché servano pasti agli addetti ai lavori.

La piazza principale di Bormio e i cerchi olimpici in fondo, a destra dell’albero (il Post)
Nelle due settimane di Olimpiadi ci si aspetta che la popolazione di Bormio venga quadruplicata durante le gare di sci alpino (la Fondazione Milano Cortina ha stimato 7.400 spettatori, e in più ci saranno quasi 5mila addetti) e triplicata durante quelle di scialpinismo (ci si aspettano 4mila spettatori e ci saranno quasi 3.500 addetti). Almeno questo non dovrebbe essere un problema: sono numeri a cui in quel periodo Bormio è abituata.



