Nel 2026 gli Stati Uniti ridurranno moltissimo i finanziamenti alle Nazioni Unite per scopi umanitari

Gli Stati Uniti hanno detto che nel 2026 daranno alle Nazioni Unite 2 miliardi di dollari per i suoi programmi umanitari: è un contributo cospicuo, che mantiene gli Stati Uniti come il più grande donatore al mondo all’organizzazione, ma è molto inferiore a quelli passati, che sono arrivati anche a 17 miliardi di dollari all’anno (di questi, circa la metà erano contributi volontari, mentre gli altri corrispondevano alla quota richiesta, che varia per ogni paese).
La decisione è in linea con la politica dell’amministrazione di Donald Trump di diminuire drasticamente i finanziamenti statunitensi a progetti umanitari internazionali, con conseguenze concrete per milioni di persone: da gennaio del 2025 infatti il governo ha smantellato USAID, l’agenzia federale che da decenni fornisce aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in decine di paesi in tutto il mondo, e ha diminuito i suoi contributi a moltissime organizzazioni, fra cui il Comitato internazionale della Croce Rossa, che per questo motivo a novembre ha annunciato che ridurrà i suoi dipendenti del 15 per cento. Alla base c’è la convinzione che le Nazioni Unite spendano in modo irresponsabile i finanziamenti, andando contro gli interessi statunitensi e promuovendo ideologie radicali.
Anche la modalità di erogazione sarà diversa: i fondi che prima venivano erogati alle singole agenzie verranno ora dati tutti all’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), che li distribuirà. In una dichiarazione il dipartimento di Stato statunitense ha scritto che «l’accordo richiede alle Nazioni Unite di consolidare le funzioni umanitarie per ridurre i costi burocratici, le duplicazioni inutili e le derive ideologiche» e che «le singole agenzie delle Nazioni Unite dovranno adattarsi, ridimensionarsi o scomparire».
Inizialmente l’OCHA potrà distribuire i fondi solo a progetti che riguardano 17 paesi: nella lista ci sono Bangladesh, Congo, Haiti, Siria e Ucraina, ma non compaiono l’Afghanistan né la Palestina, che, secondo i funzionari, potrà usare i soldi derivanti dal piano di Trump per la Striscia di Gaza, che però al momento è piuttosto fermo.


