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  • Domenica 28 dicembre 2025

Cosa fu per il tennis la “battaglia dei sessi”

La storia dell'originale, adesso che Aryna Sabalenka e Nick Kyrgios giocheranno la loro

Billie Jean King e Bobby Riggs nel 1973 (Ann Limongello/Disney General Entertainment Content via Getty Images)
Billie Jean King e Bobby Riggs nel 1973 (Ann Limongello/Disney General Entertainment Content via Getty Images)
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Domenica 28 dicembre alle 17 (ora italiana) la tennista bielorussa Aryna Sabalenka e il tennista australiano Nick Kyrgios si affronteranno a Dubai in una partita amichevole presentata come la nuova “battaglia dei sessi” (sarà trasmessa in chiaro su SuperTennis, il canale 64 della televisione, e in streaming su SuperTennis TV). È un incontro atteso con curiosità ma anche criticato come operazione commerciale che – soprattutto in caso di vittoria di Kyrgios – potrebbe creare un danno d’immagine al tennis femminile. Il riferimento è alla ben più famosa e influente “battaglia dei sessi” giocata il 20 settembre del 1973 tra Bobby Riggs e Billie Jean King, entrambi statunitensi.

I protagonisti della moderna “battaglia dei sessi” hanno caratteristiche per certi versi simili a quelle dei loro predecessori. Sabalenka è la tennista numero 1 al mondo; Kyrgios è un tennista talentuoso e guascone, ormai lontano dal livello dei tennisti più forti e prossimo al ritiro, nonostante abbia solo 30 anni. Allo stesso modo King era tra le prime tenniste al mondo, mentre Riggs – pur in un diverso momento rispetto a Kyrgios (aveva 55 anni e si era ritirato da tempo) – aveva un certo gusto per la spacconaggine.

Se anche vincesse Sabalenka, in ogni caso, è difficile che la partita del 28 dicembre avrà un impatto sullo sport e sulla società paragonabile a quello dell’incontro tra King e Riggs, che fu vinto da King. Le storie intorno a quella partita e al suo esito ebbero negli anni successivi un’enorme influenza sul tennis e più in generale sulla società e sulla cultura. La partita tra Riggs e King fu raccontata anche in un popolare film uscito nel 2017, intitolato appunto La battaglia dei sessi, con i due tennisti interpretati rispettivamente da Steve Carell ed Emma Stone.

Emma Stone e Billie Jean King alla prima del film La battaglia dei sessi (Mike Marsland/WireImage)

L’importanza storica di quella sfida non fu tanto nel verificare o smentire le convinzioni sulle differenze fisiche e atletiche tra uomini e donne nello sport. Fu in come cambiò il modo in cui se ne parlava e in come mise in discussione l’idea che si dovesse per forza mettere a confronto tennis maschile e femminile per stabilire quale dei due avesse più valore sportivo.

Nel 1973 Bobby Riggs si era ritirato dal tennis da 14 anni, dopo aver vinto una volta Wimbledon e due volte gli US Open, due tornei del Grande Slam, i principali nel tennis. Faceva spesso parlare di sé per il suo carattere esuberante, ma stava simpatico a molti: il New York Times lo definì a beautiful hustler, “un meraviglioso spaccone” (ma anche “un imbroglione”). Probabilmente per riguadagnare la popolarità di quando giocava, nel febbraio del 1973 Riggs organizzò una conferenza stampa in cui sostenne che il tennis maschile era superiore a quello femminile, e che nonostante l’età e gli anni passati dopo il ritiro avrebbe potuto battere senza fatica le migliori tenniste dell’epoca, l’australiana Margaret Court e la californiana Billie Jean King.

Riggs puntava soprattutto a King e cercò di convincerla più volte sfidandola in pubblico. King aveva 29 anni, aveva già vinto un Australian Open, cinque Wimbledon, un Roland Garros e tre US Open (tutti e quattro gli Slam, quindi). Era al secondo posto del ranking mondiale ed era stata a lungo al primo. King non era solo una delle tenniste più forti della sua generazione, era una convinta femminista e un’attivista per i diritti delle donne, in un periodo cruciale per il raggiungimento di alcuni storici obiettivi verso la parità di genere nel tennis. Per questo Riggs cercava lo scontro proprio con lei.

King e Riggs durante una conferenza stampa (Bettmann/Getty Images)

In quello stesso anno, il 1973, King ottenne che per la prima volta gli US Open abolissero il divario salariale tra uomini e donne: ci riuscì minacciando di non partecipare al torneo, dopo averne vinto le due edizioni precedenti. Era la tennista statunitense di punta, la più amata, e sfruttò la sua popolarità per mettere pressione sul più importante torneo statunitense. Di lì a poco King avrebbe fondato anche la WTA, l’associazione internazionale delle tenniste, per garantire loro maggiore e migliore rappresentanza. Fu l’inizio di un lungo percorso per l’ottenimento di maggiori diritti per le donne nel tennis, che sono stati raggiunti prima e più che in altri sport.

All’inizio King rifiutò la sfida di Riggs in modo plateale: «Qui c’è un vecchio sfigato che perde capelli, ondeggia come un’anatra e ci vede poco. Non abbiamo niente da guadagnarci». A quel punto Court, che aveva 30 anni ed era al primo posto della classifica, decise di accettare. Era piuttosto certa di vincere e convinta che Riggs «fosse solo un tizio dalla bocca larga». Riggs fece di tutto per attirare l’attenzione della stampa e presentare la partita come «l’incontro del secolo».

Margaret Court e Bobby Riggs si affrontarono il 13 maggio del 1973 a Ramona, in California, davanti a tremila persone: vinse Riggs in soli 57 minuti e due set, 6–2, 6–1.

Court e Riggs nel 1973 (Bettmann/Getty Images)

Nel mondo del tennis, quella partita è anche nota come “Mother’s Day Massacre” (era infatti il giorno della Festa della mamma). Court aveva sottovalutato Riggs e soprattutto non aveva previsto il valore simbolico che sarebbe stato dato alla sua sconfitta. Non aveva solo perso una partita, aveva involontariamente svalutato il tennis femminile.

King, che aveva assistito alla partita, decise allora di sfidare a sua volta Riggs per rimediare a quella sconfitta. Dal canto suo Riggs puntava a continuare a cavalcare quel momento di popolarità e disse subito ai giornalisti di voler giocare contro King.

La partita tra King e Riggs – la “battaglia dei sessi” che resta ancora oggi la più citata e ricordata – si giocò il 20 settembre 1973 all’Astrodome di Houston in Texas, con 100mila dollari come premio. Nel frattempo si era creata un’enorme aspettativa attorno all’incontro, alimentata dagli stessi protagonisti: Riggs si era definito «un maiale sciovinista» e aveva detto che il posto delle donne era «a letto e in cucina, in quest’ordine». Il 20 settembre all’Astrodome si riunirono più di 30mila persone, e più di 90 milioni di spettatori (50 milioni negli Stati Uniti) seguirono l’incontro in televisione.

Il fatto che la partita non fosse valida per alcun torneo permise vari strappi alla consueta sobrietà delle partite di tennis (che negli Stati Uniti lo sono comunque molto meno che altrove). King – che pur non sottovalutando la parte sportiva capì di dover cedere anche alla parte scenografica – entrò in campo simile a una moderna Cleopatra, circondata di piume rosa, trasportata su una lettiga dorata da quattro ragazzi a petto nudo e vestiti da schiavi antichi. Riggs arrivò su un carro trainato da modelle.

Al contrario di Court, che aveva preso la partita sottogamba, King si era preparata bene, sia dal punto di vista fisico che tattico: per quella sfida abbandonò il suo stile, in genere molto offensivo, e giocò soprattutto da fondo campo, facendo stancare l’avversario e sfruttando i suoi punti deboli. La partita si giocò al meglio dei 5 set: King vinse per tre set a zero (6-4, 6-3, 6-3).

Billie Jean King con il trofeo della vittoria (Walt Disney Television via Getty Images)

Riggs saltò oltre la rete per stringerle la mano, la abbracciò e le disse all’orecchio: «Ti avevo sottovalutata». Nella conferenza stampa si complimentò più volte con lei e chiese subito la rivincita, ma King rifiutò: disse che non c’era altro da dimostrare. La vittoria di King ebbe un grande impatto, non solo sul tennis, in un’epoca in cui il divario di genere nei salari, anche a parità di mansioni, era molto più marcato di oggi, e in cui le donne erano spesso relegate a mestieri considerati “femminili”. Soltanto l’anno prima negli Stati Uniti era stata approvata una legge che vietava la discriminazione di genere nelle scuole e nello sport.

King disse: «Pensavo che se non avessi vinto la partita saremmo tornati indietro di 50 anni. Avrebbe rovinato il campionato femminile e avrebbe influito sull’autostima di tutte le donne». Molti commentatori sottolinearono da subito che la vittoria di King non fu tanto fisica e tattica, quanto piuttosto mentale ed emotiva: aveva dimostrato che le donne erano in grado di reggere la pressione quanto gli uomini. L’episodio contribuì anche a dare una spinta al tennis femminile, fin lì sottopagato e considerato decisamente inferiore rispetto a quello maschile.

Col tempo King divenne un’icona dei diritti delle donne e poi anche della comunità LGBT+, dopo aver detto pubblicamente di essere lesbica. Raccontò di essere stata fermata più volte per strada da donne che le raccontavano di aver trovato il coraggio di chiedere un aumento di stipendio dopo aver visto la sua partita con Riggs, e anche da padri che le dicevano di aver deciso grazie a lei di istruire le figlie con gli stessi criteri dei figli maschi. Nel 1990 la rivista Life scelse King tra i «100 americani più importanti del XX secolo»: gli unici altri tre atleti della lista erano i giocatori di baseball Babe Ruth e Jackie Robinson e il pugile Muhammad Ali.

Billie Jean King a Wimbledon nel 1977 (Bettmann/Getty Images)

Subito dopo la partita iniziarono a diffondersi speculazioni sulla possibilità che Riggs avesse perso di proposito per guadagnare dalle scommesse e ripagare i numerosi debiti dovuti al gioco. Secondo diversi tennisti e commentatori Riggs aveva giocato in modo fiacco, quasi irriconoscibile. Il tennista Don Budge sostenne che la mafia avesse pagato Riggs una cifra enorme perché perdesse. Altri invece dissero che Riggs era troppo orgoglioso e competitivo, e non avrebbe mai accettato di perdere contro una donna.

Riggs ha sempre negato di aver perso apposta, dicendo che semplicemente non era in giornata. In passato King aveva già respinto le insinuazioni dicendo: «Potevo vedere negli occhi e nei movimenti di Riggs che voleva vincere. Le persone devono accettare che ha avuto una brutta giornata, proprio come ce l’ha avuta Margaret Court quando ha giocato contro Bobby».

In un documentario per HBO Billie Jean King raccontò che negli anni lei e Riggs erano diventati amici. Lo rimasero fino alla morte di lui, il 25 ottobre del 1995 a 77 anni.

Billie Jean King ha 82 anni e rimane tutt’oggi una persona riconosciuta e apprezzata nel mondo del tennis. Nel 2006 le è stato intitolato il grande centro tennistico di New York nel quale ogni anno si giocano gli US Open. Nel 2009 è diventata la prima atleta donna a ricevere la Medaglia presidenziale della libertà, la più alta onorificenza civile negli Stati Uniti, consegnata dal presidente Barack Obama. A lei è anche intitolata la massima competizione tennistica femminile per nazionali, la Billie Jean King Cup. Ancora oggi viene citata come un esempio da moltissime tenniste, tra cui quelle che più di tutte si sono spese per la parità dei diritti delle donne nel tennis.

Un momento della partita tra King e Riggs del 1973 (Bettmann/Getty Images)