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  • Sabato 27 dicembre 2025

Sugli attacchi contro l’ISIS Stati Uniti e Nigeria concordano solo su metà della storia

Dicono entrambi di aver collaborato, ma Trump insiste sulle persecuzioni dei cristiani che invece la Nigeria nega

Polizia nigeriana sul luogo del bombardamento statunitense, Jabo, Nigeria, 26 dicembre 2025 (AP Photo/ Tunde Omolehin)
Polizia nigeriana sul luogo del bombardamento statunitense, Jabo, Nigeria, 26 dicembre 2025 (AP Photo/ Tunde Omolehin)
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In queste ore il governo della Nigeria ha detto di avere avuto un ruolo attivo nel bombardamento che gli Stati Uniti hanno compiuto contro alcuni obiettivi legati allo Stato Islamico (ISIS) nella notte di Natale. In passato i due governi avevano discusso sull’approccio da usare contro l’ISIS ma stavolta hanno agito in modo coordinato. Sugli scopi del bombardamento, invece, hanno dato versioni un po’ diverse.

Il ministro degli Esteri Yusuf Tuggar ha detto in un’intervista che «è la Nigeria che ha fornito agli Stati Uniti le informazioni» necessarie, e ha aggiunto di aver parlato personalmente con il segretario di Stato statunitense Marco Rubio per due volte prima degli attacchi, che sono stati poi autorizzati dal presidente nigeriano Bola Tinubu. «Dev’essere chiaro che questa è un’operazione congiunta» ha detto Tuggar. La stessa amministrazione statunitense aveva detto di aver agito «su richiesta» dei nigeriani. In un’altra intervista Tuggar ha detto però che con Rubio avevano deciso di pubblicare un comunicato congiunto, ma che che l’annuncio di Trump li aveva anticipati.

In un certo senso è stata una collaborazione imprevista. Quando a fine ottobre Trump aveva anticipato la possibilità di operazioni militari in Nigeria, lo aveva fatto criticando apertamente il governo nigeriano, responsabile a suo dire di non fare abbastanza per tutelare i cristiani. Questi secondo Trump sarebbero vittima di una campagna di eliminazione sistematica da parte di milizie jihadiste, anche per colpa del governo nigeriano. In alcuni casi Trump ha parlato anche di “genocidio”, una definizione che nessun esperto ha usato per descrivere quello che avviene in Nigeria.

All’epoca di queste dichiarazioni il governo nigeriano aveva risposto contestandole, e spiegando che non descrivevano correttamente la complessità della situazione: nel paese sono attivi decine di gruppi, le cui affiliazioni, ideologie e alleanze sono fluide difficilmente inquadrabili. Però aveva anche detto che avrebbe accettato l’aiuto degli Stati Uniti contro l’insorgenza jihadista (un problema reale e serio in Nigeria) a patto che questi avessero rispettato la sua sovranità. Aveva anche mandato una delegazione a Washington per parlare di sicurezza. Secondo le informazioni di Reuters, dopo questi scambi a fine novembre sono iniziate le operazioni di ricognizione degli Stati Uniti che hanno poi portato agli attacchi di Natale.

Le affermazioni di Trump sono in effetti inesatte. Sebbene sia vero che nel paese sono attive molte milizie jihadiste – tra cui Boko Haram e l’ISWAP, lo Stato Islamico della provincia dell’Africa occidentale – non è vero che queste prendono di mira solo i cristiani. Secondo l’organizzazione indipendente statunitense Armed Conflict Location and Event Data (ACLED), le persone di fede musulmana uccise in attacchi islamisti sono persino di più di quelle di fede cristiana. Questo perché i jihadisti uccidono anche i musulmani che non ritengono sufficientemente radicali o che si frappongono ai loro interessi, e perché gli scontri hanno anche a che fare col controllo delle risorse e non soltanto con la fede.

Lo stesso stato di Sokoto, dove giovedì gli Stati Uniti hanno lanciato 16 missili a lungo raggio, è abitato per l’86 per cento da musulmani, che sono quindi anche le principali vittime degli attacchi delle milizie jihadiste di quella regione.

Inoltre, la stessa affiliazione all’ISIS dei miliziani colpiti negli attacchi statunitensi (noti come Lakurawa) è dibattuta: non ci sono prove, e secondo sarebbero legati allo Stato Islamico del Sahel mentre altri ritengono che siano affiliati ad al Qaida. Come ha spiegato in un’intervista ad Al Jazeera il ricercatore nigeriano Bulama Bukarti, gli Stati Uniti hanno parlato espressamente di attacchi contro l’ISIS, ma la presenza dell’ISIS nella parte nordoccidentale della Nigeria è limitata rispetto alle regioni del nordest, dove sono nettamente più forti (lo stato di Sokoto è a nordovest).

Dopo gli attacchi di Natale Tuggar ha ribadito che i bombardamenti contro l’ISIS non sono da intendersi come «un’operazione mirata contro una religione, né a sostegno di una o dell’altra» (riferendosi all’Islam e al cristianesimo, le due prevalenti nel paese, che convivono in politica grazie a un complesso equilibrio).

È appunto una versione diversa da quella di Trump, che aveva annunciato il bombardamento parlandone proprio come di un’operazione a difesa dei cristiani nigeriani. In un’intervista a Politico aveva anche detto di aver deciso di posticipare il bombardamento di un giorno proprio per caricarlo di ragioni simboliche e religiose: «Lo volevano fare prima ma io ho detto no, facciamogli un regalo di Natale».

– Leggi anche: Cos’è questa storia della persecuzione dei cristiani in Nigeria