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  • Mercoledì 24 dicembre 2025

Nei combattimenti tra Thailandia e Cambogia ci sono anche le “città della truffa”

La Thailandia ha bombardato dei capannoni dove migliaia di persone sono tenute in stato di semi-schiavitù e costrette a compiere inganni online

Persone thailandesi cucinano in un rifugio nella provincia di Surin, nel sud-est, mentre l'esercito lancia colpi d'artiglieria verso la Cambogia, 20 dicembre 2025(AP Photo/Wason Wanichakorn)

 
Persone thailandesi cucinano in un rifugio nella provincia di Surin, nel sud-est, mentre l'esercito lancia colpi d'artiglieria verso la Cambogia, 20 dicembre 2025
(AP Photo/Wason Wanichakorn)



 

Da circa due settimane sono ripresi gli scontri su una parte del confine tra Thailandia e Cambogia, che si erano fermati a luglio con la firma di un cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti. Nel corso della nuova offensiva la Thailandia ha bombardato anche alcuni capannoni in località cambogiane note come “città della truffa”, o con l’espressione inglese “scam cities”. Sono enormi strutture in cui migliaia di persone vivono e lavorano in stato di semi-schiavitù facendo truffe online: truffe affettive, falsi investimenti, scommesse illegali, furti di criptovalute e ogni altro genere di frodi che avvengono su internet.

La Thailandia ora rivendica quegli attacchi, anche per cercare di guadagnare il sostegno dell’opinione pubblica internazionale e dei governi statunitense e cinese, preoccupati dallo sviluppo dell’economia delle truffe. Ma varie organizzazioni che si occupano del problema hanno espresso timori per i lavoratori di quei capannoni, provenienti da vari paesi dell’Asia e dell’Africa, spesso attirati con l’inganno, tenuti in stato di prigionia e costretti a continuare a lavorare anche durante i combattimenti.

Un colpo d’artiglieria thailandese verso la Cambogia, nella provincia di Surin, il 16 dicembre 2025 (AP Photo/Wason Wanichakorn)

Thailandia e Cambogia condividono un confine lungo 820 chilometri. Alcune zone sono contese, soprattutto in corrispondenza di templi indù, ma l’animosità tra i due paesi è alimentata anche da decenni di nazionalismo. Gli scontri erano iniziati lo scorso luglio con esplosioni, spari e colpi di artiglieria. Dopo meno di una settimana di combattimenti era stato firmato un cessate il fuoco, interrotto sporadicamente nei mesi successivi e con più intensità tra il 7 e l’8 dicembre: nelle ultime settimane gli scontri hanno causato almeno 80 morti e circa 800mila sfollati.

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Le città della truffa non erano state coinvolte prima in questa guerra. Non sono una questione solo fra Thailandia e Cambogia, ma coinvolgono anche il Vietnam, il Laos e soprattutto il Myanmar, sempre nelle zone remote di confine con la Thailandia. Negli ultimi anni si sono diffuse in Cambogia, anche per una presunta connivenza del governo cambogiano: nel complesso i capannoni sono centinaia e impiegano forzatamente circa 150mila persone. L’ong Amnesty International stima che solo quelle in Cambogia producano ricavi pari a 12 miliardi di dollari l’anno, con truffe che colpiscono i cittadini di mezzo mondo, ma prevalentemente statunitensi e cinesi.

A partire dal 7 dicembre l’esercito thailandese ha iniziato a bombardare alcune scam cities cambogiane: inizialmente ha sostenuto che fossero obiettivi militari, dicendo che i capannoni erano stati abbandonati dai truffatori e usati come depositi di armi o luoghi di partenza di droni. Poi la Thailandia ha cambiato versione, definendoli come «una guerra contro l’esercito delle truffe» e sostenendo di aver distrutto almeno sei di quei capannoni a Poipet, una città cambogiana vicino al confine, e nelle province di Oddar Meanchey e Pursat.

L’evacuazione di un soldato thailandese ferito, il 10 dicembre 2025 (AP Photo/Sakchai Lalit)

La Cambogia ha negato che i luoghi bombardati fossero strutture militari, ma anche che fossero sedi di organizzazioni criminali, nonostante alcuni dei capannoni fossero stati già individuati e sanzionati da organismi indipendenti e dal governo degli Stati Uniti. Ufficialmente la Cambogia li definisce “casinò”. Alcuni esponenti del partito di governo, il Partito del Popolo, hanno interessi diretti in alcuni di questi centri: è un altro motivo per cui la Thailandia avrebbe deciso di bombardarli.

Al momento non si sa quante persone siano state uccise negli attacchi, ma le Nazioni Unite e alcune ong hanno sottolineato come siano operazioni che colpiscono luoghi sovraffollati e strutture da cui alle persone è impedito di scappare. Sui social media sono stati diffusi video che mostrano l’evacuazione di alcuni lavoratori, controllati da guardie di sicurezza dei proprietari cinesi, ricoverati in accampamenti di fortuna e costretti a muoversi più volte per sfuggire ai ricorrenti bombardamenti.

Alcune persone che vivono nei capannoni attaccati hanno detto al Wall Street Journal di essere state costrette a lavorare all’interno delle strutture per tre giorni, nonostante bombardamenti che «facevano tremare gli edifici».

Sfollati nella provincia cambogiana dell’Oddar Meanchey il 10 dicembre 2025 (AP Photo/Heng Sinith)

Da mercoledì sono riprese le trattative fra i due paesi per raggiungere un nuovo cessate il fuoco, sotto la supervisione dell’ASEAN, l’associazione delle nazioni del sud-est asiatico: proseguiranno nei prossimi giorni, con un incontro di più alto livello previsto per il 27 dicembre.

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