Come Roomba si è inceppato

Nel 2002 iRobot inventò il primo robot per pulire i pavimenti: ebbe un successo enorme e ora ha dichiarato fallimento

(James Leynse/Corbis via Getty Images)
(James Leynse/Corbis via Getty Images)

Prima di Roomba, l’idea di un aspirapolvere-robot apparteneva più alla fantascienza che all’elettronica di consumo. Il primo modello fu messo in vendita nel 2002 da iRobot, azienda statunitense di robotica, e si impose velocemente nel mercato arrivando nelle case di tutto il mondo e ispirando molte imitazioni.

Dopo un periodo di crescita, però, iRobot entrò in una lunga crisi che si è conclusa la scorsa settimana, quando ha presentato istanza di fallimento e dichiarato che passerà sotto il controllo di un’azienda cinese, Shenzhen Picea Robotics, che è anche uno dei suoi principali fornitori. Le vendite di Roomba erano in calo da tempo a causa dell’aumento della concorrenza da parte di marchi cinesi più economici e agguerriti: secondo molti, però, a sancire la fine di iRobot è stato soprattutto un mancato accordo con Amazon.

Nell’agosto del 2022, infatti, Amazon aveva annunciato di voler acquisire l’azienda per 1,7 miliardi di dollari. All’epoca l’affare sembrava convenire a tutti: Amazon cercava da anni di entrare nel mondo dei robot domestici e iRobot avrebbe potuto beneficiare del supporto di un’azienda così grande. Tuttavia, l’affare non si concluse perché la proposta di acquisizione attirò le attenzioni di alcuni enti regolatori nazionali e internazionali.

La prima a intervenire, nel settembre del 2022, fu la Federal Trade Commission (FTC), l’agenzia governativa statunitense che si occupa di tutela dei consumatori, di privacy e di concorrenza, secondo la quale l’accordo rischiava di violare le norme antitrust. All’epoca la FTC era guidata da Lina Khan, che era stata nominata dall’amministrazione di Joe Biden e aveva assunto un approccio regolatorio piuttosto severo.

Nel corso dei mesi successivi intervennero anche la Competition and Markets Authority del Regno Unito, che poi diede il via libera all’acquisizione, e la Commissione europea, che invece si oppose. Nel gennaio del 2024, circa 16 mesi dopo l’annuncio di acquisizione, Amazon rinunciò ad acquisire iRobot, che non si riprese più: nei mesi successivi licenziò il 30 per cento dei dipendenti, sospese ogni investimento in ricerca e sviluppo e vide il titolo crollare in borsa.

iRobot era stata fondata nel 1990 da alcuni ricercatori del MIT, tra cui Colin Angle, Helen Greiner e Rodney Brooks. In origine l’azienda lavorò perlopiù per il governo statunitense, partecipando allo sviluppo del rover della NASA Sojourner, e costruendo PackBot, un robot per la rimozione di ordigni che fu usato nelle operazioni di ricerca tra le macerie del World Trade Center, dopo l’11 settembre 2001. Roomba fu il primo prodotto commerciale dell’azienda e segnò il suo passaggio dalla robotica militare a quella di consumo.

Colin Angle nel 2015 (AP Photo/Eugene Hoshiko)

Il fallimento di iRobot e la sua svendita a un’azienda cinese sono stati molto commentati, soprattutto per sottolineare le conseguenze negative delle politiche antitrust troppo severe. In questi giorni il co-fondatore dell’azienda Colin Angle (che ha lasciato iRobot nel 2024) ha dato la colpa del fallimento della società alla Commissione europea e alla FTC. Anche Jason Furman, consigliere economico di Barack Obama dal 2013 al 2017, ha notato come la decisione degli enti regolatori statunitensi ed europei abbia finito per danneggiare «i consumatori, la competizione e gli interessi nazionali».

Secondo Angle, iRobot sarebbe stata penalizzata da un approccio di natura eccessivamente politica adottato dalla FTC, che fu particolarmente dura nei confronti delle grandi aziende tecnologiche. Khan riteneva infatti che queste acquisizioni finissero per rafforzare ulteriormente la posizione nel mercato di gruppi come Amazon, e dovessero quindi essere bloccate.

Nel caso di iRobot, il timore era che Amazon avrebbe usato il suo peso nel settore e-commerce a vantaggio dei prodotti dell’azienda. Un altro argomento di discussione erano i dati personali raccolti dai dispositivi Roomba, che sono dotati di fotocamere per orientarsi nelle case degli utenti. L’idea che Amazon potesse entrare in possesso di queste informazioni era ritenuta una minaccia per la privacy.

Non tutti, però, concordano sul fatto che siano stati la FTC e la Commissione europea ad affossare iRobot. L’azienda infatti aveva problemi da tempo, soprattutto a causa di alcune scelte industriali e di una scarsa spinta verso l’innovazione.

Nonostante Roomba fosse stato il primo prodotto a imporsi nel mercato dei robot domestici, infatti, nel corso degli anni iRobot aveva perso importanti quote di mercato, perlopiù in Europa e Asia. Ma soprattutto aveva smesso di innovare, tanto da essere superata da marchi pressoché sconosciuti provenienti dalla Cina, quali Roborock, Dreame e Ecovacs.

Come ha ammesso lo stesso Angle, «nel 2020 la Cina era già il più grande mercato di aspirapolvere-robot e le aziende locali di robotica investivano due o tre volte il budget di ricerca e sviluppo di iRobot, con il sostegno del governo centrale». Prima di essere affossata dalla burocrazia regolatoria, insomma, iRobot era stata superata dalla concorrenza. «Per continuare a innovare e guidare il settore, avevamo bisogno di fare parte di un gruppo più grande», ha detto Angle al sito IEEE Spectrum.

Un’altra critica riguarda la lentezza con cui iRobot, abituata a essere leader del settore, si adattò ad alcune innovazioni proposte dalle aziende concorrenti, che cominciarono a produrre robot dotati di sensori laser (invece che di fotocamere), oppure combinazioni di aspirapolvere e lavapavimenti.

Il governo centrale di Pechino, infatti, ha attuato da tempo un ambizioso programma di investimenti e aiuti, che vanno dalla ricerca accademica all’industria, e che stona fortemente con i rallentamenti regolatori che hanno fatto saltare l’acquisizione di iRobot. «Dobbiamo decidere se sostenere la nostra economia dell’innovazione», ha detto Angle. «E se la risposta è no, allora l’innovazione andrà da qualche altra parte».