Per la Cassazione non ci sono indizi sull’accusa di corruzione nei confronti di Manfredi Catella, nell’inchiesta sull’urbanistica a Milano

Manfredi Catella
Manfredi Catella (ANSA/MATTEO CORNER)

Secondo la Corte di Cassazione i magistrati che hanno avviato l’inchiesta sulla gestione dell’urbanistica a Milano non hanno indizi che provino l’accusa di corruzione nei confronti di Manfredi Catella. Catella è l’amministratore delegato di Coima, un grande gruppo immobiliare che negli ultimi due decenni ha condotto i più importanti progetti edilizi a Milano: assieme all’ex assessore all’Urbanistica di Milano, Giancarlo Tancredi, è la persona più importante fra quelle coinvolte nell’inchiesta.

A luglio Catella era stato messo agli arresti domiciliari insieme all’architetto Alessandro Scandurra, ex membro della commissione per il paesaggio del comune di Milano. Secondo i magistrati, Coima avrebbe assegnato incarichi retribuiti a Scandurra per avere pareri positivi in commissione paesaggio. Catella e Scandurra erano stati liberati ad agosto su decisione del tribunale del riesame, l’organo che si occupa di validare o annullare le misure cautelari, come gli arresti domiciliari. La procura si era opposta alla liberazione con un ricorso in Cassazione, il massimo grado di giudizio. A novembre i giudici avevano respinto definitivamente il ricorso. Le motivazioni della sentenza sono state pubblicate ieri.

Secondo la Cassazione, che ha confermato il giudizio del tribunale del riesame, la procura non ha indizi che dimostrerebbero la corruzione. Nelle motivazioni si legge che i pagamenti fatti da Coima a Scandurra non sarebbero illeciti, anzi sarebbero slegati dal ruolo di Scandurra nella commissione paesaggio e regolarmente contabilizzati. I giudici hanno scritto che nel sistema penale non può esserci una corruzione senza un accordo, quindi senza una prova del rapporto di corruzione.