Per la Corte costituzionale i comuni possono regolamentare gli affitti brevi
Una sentenza ha dato torto al governo e ragione alla Toscana, e potrebbe avere conseguenze anche altrove

Martedì la Corte costituzionale ha respinto una serie di questioni di legittimità che il governo aveva presentato contro la legge della Toscana che attribuisce alla regione e ai comuni il potere di regolamentare gli affitti brevi. La sentenza è importante perché altri comuni e regioni in Italia stanno valutando di introdurre misure simili.
Il governo ritiene che queste norme siano incostituzionali perché intervengono in materie di competenza dello Stato anziché delle regioni, e che violino la libertà d’impresa. La Corte costituzionale invece ha stabilito che la legge regionale della Toscana è legittima: sia perché la regolamentazione del turismo può rientrare nelle competenze regionali, sia perché – dice la Corte – regioni e comuni conoscono meglio i territori e le loro caratteristiche, e sono quindi i soggetti più adatti a intervenire contro il sovraffollamento turistico.
Il governo aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale contro nove articoli della legge (che ne comprende 149 in tutto): aveva cioè chiesto alla Corte di stabilire se quei nove articoli fossero conformi ai principi della Costituzione italiana.
Una delle norme contenute nella legge regionale toscana che il governo ha contestato riguardava l’obbligo di consentire l’attività extra alberghiera (quindi affitti brevi, bed & breakfast, attività di affittacamere e case vacanza) solo in appartamenti con destinazione d’uso turistico-ricettiva, quindi non residenziale. Significa, concretamente, che la Toscana obbligherà chi vuole affittare un appartamento ai turisti a cambiare la destinazione d’uso dell’appartamento, a partire dal 1° luglio del 2026 (fino ad allora il cambio non è obbligatorio, e quindi per esempio si può affittare anche la casa in cui si vive).
Il governo ritiene questa norma irragionevole perché molte di queste case in affitto hanno caratteristiche tipiche di normali abitazioni, e soprattutto perché limiterebbe il diritto di proprietà. La Corte costituzionale, invece, ha ritenuto la norma legittima perché la stessa legge considera l’affitto turistico un’attività imprenditoriale, e quindi non è illogico chiedere il cambio di destinazione d’uso. Inoltre, secondo la Corte, il fatto che questi appartamenti abbiano l’aspetto di case comuni va distinto dal modo in cui vengono utilizzati, cioè come strutture per accogliere turisti e non come abitazioni private.
Il governo aveva contestato anche un articolo della legge che consente ai comuni a più alta densità turistica (secondo una specifica classificazione dell’Istituto nazionale di statistica) e ai capoluoghi di regione di individuare con propri regolamenti aree specifiche in cui definire criteri e limiti per gli affitti brevi. Il governo sosteneva che fosse incostituzionale perché riguarda materie legate all’ordinamento civile, che sono di competenza statale anziché regionale: la Corte invece ha detto che quell’articolo riguarda soprattutto il turismo, che rientra nelle competenze regionali.
Altri aspetti contestati dal governo riguardavano i limiti imposti dalla legge regionale al numero di camere e posti letto che un singolo imprenditore o una singola società può affittare in un’unica struttura e il potere dei comuni di limitare la quantità di appartamenti a uso abitativo che gli alberghi possono includere nella propria gestione. La legge regionale prevede che gli alberghi possano aumentare la propria capacità ricettiva in questo modo fino a un massimo del 40 per cento, ma dà ai comuni la possibilità di fissare una percentuale più bassa, se lo ritengono necessario.
La Corte ha ritenuto legittime anche queste norme per gli stessi motivi delle altre: il criterio generale è che affittare camere e appartamenti è un’attività imprenditoriale che si svolge in un territorio che la regione e i singoli comuni hanno il potere di gestire per bilanciare la libertà d’impresa con la tutela di quegli stessi territori, dei loro spazi e delle persone che ci vivono: «La destinazione di un immobile residenziale a locazione turistica non può essere considerata elemento essenziale del diritto di proprietà», dice la sentenza della Corte.



