Il primo cartone animato dei Peanuts
Lo speciale “Buon Natale, Charlie Brown!” uscì sessant'anni fa con qualche azzardo, e divenne una tradizione

Quando a dicembre del 1965, sessant’anni fa, uscì Buon Natale, Charlie Brown! (conosciuto anche come Un Natale da Charlie Brown), il primo film d’animazione dedicato ai Peanuts, nessuno si aspettava che potesse diventare un feticcio per milioni di persone. In Italia ha attecchito poco ed è stato trasmesso soprattutto da reti locali, ma negli Stati Uniti è diventato uno di quei film natalizi che mettono d’accordo tutti, un po’ come Miracolo nella 34ª strada, Mamma, ho perso l’aereo e Il Grinch.
Per 55 anni è andato in onda in chiaro su varie emittenti nazionali, spesso proprio il giorno di Natale. Dal 2020 è disponibile, anche in italiano, su Apple TV+, che ha l’esclusiva anche su tutte le altre decine di produzioni animate dei Peanuts che arrivarono dopo.
Buon Natale, Charlie Brown! è apprezzato per l’essenzialità delle animazioni, la costruzione dei dialoghi e la famosa colonna sonora realizzata dal trio del pianista jazz Vince Guaraldi. Per certi versi fu anche un cartone “sperimentale”. È uno dei pochi film animati americani degli anni Sessanta a essere sprovvisti di risate registrate, che ai tempi erano ancora considerate un elemento indispensabile per il successo dei prodotti di intrattenimento.
Un altro motivo del suo successo è la sceneggiatura, che fu scritta dallo stesso Charles M. Schulz, il creatore dei Peanuts. I quotidiani su cui pubblicava le sue strisce da quindici anni gli avevano consentito di raggiungere un pubblico adulto, che era rimasto affascinato dai suoi personaggi strambi, goffi, spinosi e filosofici. Anche se Buon Natale, Charlie Brown! era una trasposizione animata, e quindi indirizzata principalmente ai bambini, Schulz non rinunciò alla complessità dei temi e delle caratterizzazioni.
Per costruire la trama partì da uno spunto semplice, ma perfettamente in linea con la fragilità emotiva tipica dei suoi personaggi: il disagio di Charlie Brown di fronte alle festività natalizie, che percepisce come vuote e dominate dal consumismo.
Nominato regista dello spettacolo natalizio, Charlie Brown cerca di reagire all’atmosfera superficiale che lo circonda scegliendo un piccolo abete spoglio da utilizzare nella scenografia dello spettacolo. L’abete, poco appariscente e malandato, diventa oggetto di scherno da parte degli altri bambini, che lo considerano inadatto a rappresentare lo sfarzo e la spensieratezza associate alle feste natalizie. Ma alla fine sarà proprio quell’abete, simbolo di semplicità e vulnerabilità, a guidare Charlie Brown e i suoi amici verso una comprensione più “autentica” dello spirito natalizio.
La produzione di Buon Natale, Charlie Brown! fu abbastanza travagliata. Era stato finanziato da una grossa multinazionale, Coca-Cola, che però mise a disposizione della squadra di animatori guidata dal regista Bill Melendez risorse molto limitate.
Melendez ebbe poco tempo a disposizione per completare il film. Il produttore Lee Mendelson riuscì a raggiungere un’intesa con Coca-Cola e CBS, l’emittente che l’avrebbe mandato in onda, sei mesi prima della prevista data d’uscita. Buon Natale, Charlie Brown! fu ultimato appena dieci giorni prima della messa in onda, avvenuta il 9 dicembre 1965.
Anche se accettarono di mantenere tutte le trovate di Melendez e Schulz, i dirigenti della CBS erano piuttosto scettici: ritenevano lo stile delle animazioni troppo minimalista, e la sceneggiatura un po’ troppo adulta.
Non erano convinti neppure dalle musiche. Melendez era notoriamente un melomane e un cultore del jazz, e decise di coinvolgere nell’operazione uno dei suoi musicisti preferiti del tempo, Vince Guaraldi. Le sue composizioni, costruite su sequenze di accordi dissonanti, erano considerate troppo ricercate per un pubblico infantile. Alla fine però dovettero ricredersi: le musiche furono uno dei motivi del successo del film, e furono pubblicate separatamente in un album che negli ultimi sessant’anni è stato apprezzato da molti appassionati.
Marc Berman, giornalista di Forbes che si occupa di media e cultura pop, ha scritto che il successo di Buon Natale, Charlie Brown! è «un classico esempio di come l’autenticità possa superare la ricerca, le tendenze e le ipotesi di mercato», perché «gli elementi che i dirigenti televisivi consideravano un limite creativo (doppiatori bambini, animazioni poco elaborate, jazz, emozioni silenziose) sono diventati i suoi punti di forza».
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