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  • Martedì 9 dicembre 2025

Gli ucraini non vogliono cedere a Putin la “cintura delle fortezze” in Donbas

Ossia le cinque città su cui continuano ad arenarsi le trattative: per la Russia conquistarle sarebbe un enorme vantaggio, per l’Ucraina un enorme danno

di Daniele Raineri

Sloviansk vista dall’alto
(Daniele Raineri/il Post)
Sloviansk vista dall’alto (Daniele Raineri/il Post)
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Da due anni il presidente russo Vladimir Putin fa una richiesta costante in tutti i negoziati: vuole che gli ucraini cedano il territorio del Donbas senza combattere. Il Donbas è formato da due regioni, Luhansk e Donetsk, e gli ucraini controllano ancora circa il 20 per cento del Donetsk. Altre richieste della Russia sono cambiate o sono sparite dalle trattative, ma questa c’è sempre.

Gli ucraini rispondono di no ogni volta ed è per questo che usare la parola «negoziati» potrebbe essere un eccesso. Finora è stata la ripetizione rituale di una richiesta e di un rifiuto.

Putin insiste così tanto sul Donbas che anche il tentativo di negoziato più recente mediato dall’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump si è ridotto a questo: ottenere il pezzo di quella regione che ancora gli manca. Si tratta di un territorio largo circa ottanta chilometri, se lo misuriamo nel suo punto più ampio, tra la linea del fronte a est e il confine amministrativo a ovest con la regione di Dnipro.

L’amministrazione Trump sostiene la richiesta di Putin e secondo Politico insiste sul fatto che gli ucraini dovrebbero abbandonare il Donbas «in un modo o in un altro».

Nella mappa qui sotto, il Donbas sotto il controllo ucraino è la parte in giallo. La parte in rosso è il territorio che la Russia aveva già preso con la guerra cominciata nel 2014 e la parte in rosa è il territorio conquistato dopo l’invasione su larga scala. La maggior parte dei soldati uccisi, da entrambe le parti, è morta nella zona rosa. Non esistono numeri ufficiali ma secondo le stime il numero di militari ucraini e russi morti dal 2022 è superiore a trecentomila.

Occupazione russa del Donetsk: il territorio qui sopra è di circa 150 per 230 chilometri (via Wikipedia)

Il governo ucraino risponde di no alla richiesta di Putin per molti motivi che sono culturali e politici. C’è anche una ragione militare cruciale. Quel pezzo di territorio include un agglomerato urbano formato da cinque città, grandi e piccole. Si estende per 50 chilometri in una linea che va da nord a sud come fosse una barriera davanti all’avanzata dei russi ed è chiamato la cintura delle fortezze. I soldati russi non sono riusciti a conquistarla in quasi quattro anni di guerra.

Le cinque città sono Liman, Sloviansk, Kramatorsk, Druzkhivka e Kostiantynivka. In totale, in tempo di pace, avevano circa 400mila abitanti. Quando si percorre la linea da nord a sud in macchina, a volte le ultime case alla periferia di una città sono quasi a contatto con le prime case della città seguente.

Kramatorsk (Daniele Raineri/il Post)

Le città più grandi stanno su un crinale rialzato, circa 100 metri rispetto al paesaggio circostante. Sembra poco, ma in Ucraina è tanto. E negli anni dopo il 2014 gli ucraini hanno investito tempo e risorse per fortificare questo territorio.

In questo momento i soldati russi sono a 17 chilometri da Kramatorsk e a 10 da Sloviansk, le città più grandi della cintura. Le tengono sotto tiro con gli aerei, i droni e i lanciarazzi, ma il fronte passa ancora per le zone rurali. Nei prossimi mesi potrebbero arrivare alle città e cominciare grossi combattimenti urbani.

– Leggi anche: Cos’è il Donbas e perché Putin lo vuole

Trincee e reticolati attorno a Kramatorsk (Daniele Raineri/il Post)

Se i russi, per ipotesi, riuscissero a superare la cintura delle fortezze incontrerebbero dopo pochi chilometri una seconda linea di quattro centri abitati che forma un altro agglomerato urbano. Sono centri più piccoli e la linea è più corta: da nord a sud Oleksandrivka, Novodonetske, Bilozerske e Dobropillia. Può essere considerata una cintura delle fortezze minore. E poi c’è un’ampia pianura che corre verso Dnipro a ovest e verso Kharkiv a nord.

Quando Putin chiede agli ucraini di consegnare “tutto il Donbas”, intende consegnare la cintura delle fortezze. Per l’esercito russo avere quell’area alle spalle invece che davanti sarebbe un vantaggio grosso, soprattutto se la guerra dovesse riprendere in futuro. È come se i russi ai negoziati stessero dicendo: fateci superare la porta blindata di casa vostra e promettiamo che non avanzeremo nelle altre stanze. Gli ucraini non si fidano.

Dal punto di vista degli ucraini questa è una guerra di resistenza e consiste nel cedere terreno il più lentamente possibile all’esercito russo e nell’infliggere il maggior numero di uccisioni di soldati e distruzioni di veicoli in modo che la Russia non abbia una posizione di strapotere assoluto ai negoziati, quando ci saranno.

«Entrare in una città e ripulirla è molto più difficile per il nemico che avanzare in campo aperto. Nel campo aperto ci scontriamo faccia a faccia. Nella città possiamo coprirci, nasconderci, loro possono non vederci subito, e possiamo respingerli con più forza», dice Vladyslav, 30 anni, ufficiale di un’unità della fanteria di marina che combatte in Donbas dal 2020. «In città organizzi la difesa, conosci il terreno. Per questo è molto più facile difendersi nelle aree urbane, e per il nemico entrare è molto più difficile».

– Leggi anche: Per Trump la fine della guerra in Ucraina è una questione d’affari

Trincee e reticolati attorno a Kramatorsk (Daniele Raineri/il Post)

L’esercito russo ha bisogno di enormi quantità di risorse e di molto tempo per riuscire a prendere una città. Da due anni combatte per prendere il controllo definitivo di Chasiv Yar, che in tempo di pace aveva 13mila abitanti, ma ancora non ci è riuscito. Per prendere Pokrovsk, che di abitanti ne ha 60mila, ci ha messo un anno e mezzo e sta ancora combattendo in periferia.

«In città ogni cantina e ogni parcheggio sotterraneo possono diventare un bunker per resistere ai bombardamenti russi», aggiunge Vladyslav. Ogni finestra può diventare una postazione per sparare, ogni piano alto è un punto d’osservazione. «Stare più in alto è anche un vantaggio per l’artiglieria, i nostri tiri vanno più lontano dei loro. E c’è il vantaggio dell’orizzonte radio per i droni», aggiunge. L’orizzonte radio è la distanza che i droni possono percorrere senza perdere il contatto con chi li pilota. Se stai più in alto hai meno interferenze, date per esempio da una linea di edifici o di alberi, e i tuoi droni vanno più lontano.

La città offre ogni genere di nascondigli adesso che si combatte con i droni, spiega sempre Vladyslav. «Nel 2020 potevamo fare un barbecue nella nostra postazione, a 700 metri dai soldati russi. Adesso anche a otto chilometri non ti senti sicuro perché i droni danno la caccia a qualsiasi cosa».

Kramatorsk (Daniele Raineri/il Post)

Accanto a Vladyslav un altro militare, Oleksander di 36 anni, dice che prima dei droni a volte la distanza tra soldati ucraini e soldati russi era di 50 metri, «potevi sentire quando parlavano». Ora sulla linea del fronte tocca stare il più possibile nei rifugi sotto terra con le entrate mimetizzate e urinare nelle bottiglie, perché uscire anche per pochi passi vuol dire esporsi.

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha proposto il cosiddetto congelamento della guerra lungo l’attuale linea del fronte, che diverrebbe il nuovo confine di fatto tra Russia e Ucraina, invece della cessione completa del Donbas.

– Leggi anche: Cosa succede a una città ucraina occupata dalla Russia

In questi giorni Daniele Raineri si trova in Ucraina. Da là, racconta cosa sta succedendo sul sito del Post e nella newsletter Outpost: per riceverla potete iscrivervi qui.