Gli animali possono ubriacarsi?
Per chi se l'è chiesto vedendo la storia del procione collassato in bagno dopo una notte a bere alcol

Sabato il personale di un supermercato in Virginia, negli Stati Uniti, ha aperto il negozio e ha trovato bottiglie rotte e liquori sparsi sul pavimento nel corridoio degli alcolici. Nel bagno c’era un procione, steso privo di sensi vicino al water. Dalle immagini delle telecamere a circuito chiuso è emerso che era scivolato nel negozio attraverso uno dei pannelli del soffitto e una volta dentro, muovendosi tra gli scaffali, aveva rovesciato le bottiglie e ne aveva assaggiato il contenuto “ubriacandosi”.
Dopo essere stato trasportato in un vicino rifugio per animali, il procione si è lentamente ripreso dall’intossicazione da alcol ed è stato liberato. Le immagini del suo ritrovamento nel negozio, riprese dalla stampa internazionale, sono circolate molto sui social suscitando ilarità e incredulità. Non è chiaro quanto alcol abbia ingerito il procione, ma non è così strano che degli animali non umani bevano alcol e ne sentano gli effetti in modo simile alle persone.
L’assunzione di alcol attraverso frutta fermentata è un comportamento noto e diffuso tra i primati non umani. E anzi, secondo alcuni studi, la capacità umana di metabolizzare l’etanolo (l’alcol) deriverebbe proprio dall’abitudine dei loro antenati di cibarsi di frutta matura raccolta dal suolo. Un recente studio dell’università di Exeter ha documentato nella Guinea-Bissau meridionale diversi casi di scimpanzé che mangiano e condividono frutti commestibili fermentati (di una pianta della stessa famiglia dell’albero del pane), anche se qui il contenuto di etanolo è piuttosto limitato e probabilmente insufficiente a indurre ubriachezza.
Per un altro studio su questo stesso comportamento, altri ricercatori hanno stimato che gli scimpanzé in Costa d’Avorio e Uganda consumino mediamente circa 14 grammi di alcol al giorno: rapportando le diverse masse corporee, è come se un essere umano bevesse un paio di bicchieri di vino al giorno.
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Esistono altri casi aneddotici di animali selvatici che assumono piccole quantità di alcol, perlopiù ingerendo frutta fermentata. Si pensava che fossero circostanze rare e casuali, ma diverse ricerche recenti mettono in dubbio questa ipotesi: la presenza di etanolo in quasi tutti gli ecosistemi rende anzi probabile che ad assumerlo sia la maggior parte degli animali che si nutrono di frutta e nettare.
Se e quanto siano in grado di “reggerlo” senza ubriacarsi però è difficile da osservare e verificare, e in ogni caso dipende da diversi fattori. Intanto devono avere un gene che gli umani hanno, necessario a produrre un enzima che serve a metabolizzare velocemente l’etanolo. Secondo uno studio del 2020, questo gene è presente nel genoma di 79 specie di mammiferi onnivori su 85 analizzate. Tra quelle che invece non metabolizzano l’etanolo ci sono i cani, le mucche e gli elefanti. Proprio per questo motivo i cani non dovrebbero mai assumere alcolici, perché anche piccole quantità di etanolo possono indurre convulsioni, coma e, nell’ipotesi peggiore, un’intossicazione mortale.
Un altro fattore è la massa corporea, come vale anche per gli esseri umani: a parità di alcol assunto gli animali più grandi subiscono l’effetto inebriante meno di altri.
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Il procione del supermercato in Virginia non è il primo caso di individuo della sua specie apparentemente ubriaco. Altri barcollanti o non proprio vigilissimi, per esempio, furono avvistati nel 2019 in alcuni cortili privati di un quartiere residenziale a Ottawa, in Canada. Si erano probabilmente ubriacati mangiando una gran quantità di mele selvatiche fermentate, la cui maturazione era stata accelerata da un periodo di caldo intenso.
Prima ancora, nel 2007, era circolata molto la notizia dell’avvistamento di un alce maschio stranamente intorpidito ad Anchorage, in Alaska. Già noto per la sua intraprendenza nei centri abitati, era rimasto impigliato tra le luci di Natale appese tra gli alberi nel cortile di un bar. Un biologo del luogo ipotizzò che avesse mangiato troppe mele selvatiche mature di un albero vicino, che gli avevano procurato o un’indigestione o un’ubriacatura.
Un altro caso molto simile risale al 2011 in Svezia, quando in un sobborgo di Goteborg un signore avvistò nel giardino del suo vicino di casa, che era in vacanza, un’alce femmina intontita e incastrata su un alberello di mele selvatiche. I vigili del fuoco dovettero segare l’albero per liberarla, e anche in quel caso fu ipotizzata un’indigestione di mele fermentate o un’ubriacatura. È una cosa che a questa specie capita comunque con relativa frequenza, a giudicare da altri video che circolano spesso sui social.
Ci sono anche casi di animali – scoiattoli, cinghiali, vespe, orsi – che mostrano comportamenti insoliti dopo avere bevuto accidentalmente alcolici prodotti dagli umani. Sono però difficili da verificare e in ogni caso piuttosto isolati, ha detto alla rivista The Scientist Matthew Carrigan, biologo della Florida esperto di evoluzione del metabolismo dell’alcol.
Secondo lui, anche se molti animali consumano alcol occasionalmente, subirne gli effetti è per loro svantaggioso perché li rende vulnerabili. Quindi è probabile che alcuni abbiano sviluppato la capacità di metabolizzarlo in modo da non ubriacarsi. Un esempio di alta tolleranza all’alcol è la tupaia dalla coda a piuma, un piccolo mammifero simile agli scoiattoli che vive nell’Asia meridionale e sud-orientale. Secondo uno studio del 2008, dal nettare fermentato dei fiori di una specie di palma, la tupaia assume abitualmente quantità di alcol che farebbero ubriacare gli esseri umani, ma non mostra alcun segno apparente di intossicazione.



