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  • Mercoledì 3 dicembre 2025

I dipendenti del teatro La Fenice di Venezia hanno un altro motivo per protestare

Gli è stato sospeso un bonus, secondo loro come ritorsione per le proteste contro Beatrice Venezi

La protesta dei lavoratori del Teatro La Fenice contro la nomina a direttrice musicale di Beatrice Venezi a Venezia il 10 novembre 2025 (ANSA/ Andrea Merola)
La protesta dei lavoratori del Teatro La Fenice contro la nomina a direttrice musicale di Beatrice Venezi a Venezia il 10 novembre 2025 (ANSA/ Andrea Merola)
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La fondazione che gestisce il teatro La Fenice di Venezia ha deciso di sospendere il pagamento di un bonus ai suoi dipendenti. I lavoratori hanno accusato la direzione di averlo fatto come forma di ritorsione per le loro proteste contro la nomina a direttrice musicale di Beatrice Venezi, che secondo loro non ha competenze sufficienti ed è stata scelta per motivi politici. Sul tema sono intervenuti anche alcuni ex sindaci di Venezia, che in una lettera hanno di fatto sostenuto la posizione dei lavoratori.

Il bonus in questione, detto bonus welfare, consiste in un credito di denaro per acquistare beni e servizi in posti convenzionati. Per esempio può essere usato per pagare l’assicurazione medica, tasse scolastiche, libri di testo, rette dell’asilo nido, ma può essere anche convertito in buoni pasto, buoni spesa, buoni carburante. È una misura che la Fondazione Teatro La Fenice, che gestisce il teatro, aveva introdotto nel 2019 per compensare in parte i mancati adeguamenti degli stipendi dei dipendenti, dopo che per tanti anni il contratto nazionale non era stato aggiornato. Dopo un rinnovo nel 2003, il contratto fu aggiornato solo una volta nel 2023, con un aumento degli stipendi del quattro per cento, a fronte di una crescita dell’inflazione e del costo della vita molto più grande.

Una dipendente del teatro conferma che il bonus welfare viene accreditato due volte l’anno: la prima a giugno e la seconda a dicembre. La cifra non è fissa, ma è proporzionale ai giorni di lavoro svolti, che a loro volta possono variare in base al coinvolgimento o meno del dipendente nelle varie produzioni del teatro. Nei giorni in cui il teatro sta preparando una certa opera, per esempio, non vanno al lavoro cantanti e musicisti che non sono coinvolti in quell’opera specifica. Alla fine del mese ogni lavoratore riceve comunque il suo stipendio fisso, ma non matura il credito welfare dei giorni non lavorati. Per dare un’idea, per un dipendente a tempo determinato il welfare può arrivare a 1.800 euro l’anno.

Il welfare è previsto dalla fondazione, ma non fa parte del contratto nazionale: per questo la fondazione non è obbligata a garantirlo e può sospenderlo quando vuole, come ha fatto qualche giorno fa. La decisione è stata presa dal Consiglio di indirizzo, un organo di cui fanno parte il presidente della fondazione, ruolo sempre ricoperto dal sindaco di Venezia (in questo momento Luigi Brugnaro, di centrodestra), il vicepresidente e tre consiglieri.

Con una nota, il consiglio ha detto di aver sospeso temporaneamente l’erogazione del welfare perché vuole assicurarsi che sia sostenibile per il bilancio della fondazione, su cui al momento dice di non avere previsioni affidabili. L’accredito del welfare, quindi, resterà in sospeso almeno fino alla primavera del 2026, quando nella prossima riunione il Consiglio approverà il bilancio definitivo del 2025.

I rappresentanti sindacali del Teatro, insieme a molti dipendenti, sono convinti che la sospensione non abbia davvero a che fare con ragioni economiche, anche perché negli ultimi 14 anni la fondazione ha chiuso i suoi bilanci sempre in positivo. Secondo loro, la decisione è stata un «mezzo ritorsivo» con cui il Consiglio ha punito i dipendenti della Fenice, che negli scorsi mesi si sono opposti alla nomina come direttrice musicale (cioè la persona che in un teatro coordina orchestra, cantanti e programmi delle opere) di Beatrice Venezi, direttrice d’orchestra 35enne di cui è nota la vicinanza agli ambienti politici di destra, anche in quanto figlia di un ex dirigente del partito neofascista Forza Nuova.

La direttrice d’orchestra Beatrice Venezi (ANSA / Ciro Fusco)

Fin dalla sua nomina, decisa il 22 settembre da Nicola Colabianchi, sovrintendente della fondazione, Venezi è stata molto criticata dai dipendenti del teatro perché, secondo loro, il suo curriculum e la sua tecnica non sono all’altezza della direzione musicale in uno dei teatri più importanti d’Italia come La Fenice. Questa avversione si deve in parte anche al metodo seguito da Colabianchi, che ha nominato Venezi senza prima consultarsi con i musicisti e il coro, e senza aver costruito prima un rapporto solido e continuativo tra loro e la futura direttrice, come invece è sempre buona prassi.

Negli scorsi mesi i dipendenti del teatro hanno chiesto la revoca della nomina di Venezi e le dimissioni di Colabianchi attraverso diverse proteste: dal lancio di volantini durante gli spettacoli, a uno sciopero che il 17 ottobre ha costretto ad annullare la prima di un’opera programmata per quella sera. I sindacati avevano anche ipotizzato uno sciopero per il primo gennaio, quando i musicisti e i cantanti della Fenice si dovranno esibire nel concerto di Capodanno che viene trasmesso su Rai 1, ma alla fine hanno deciso di non proclamarlo, dicono, in segno di rispetto per il pubblico.

Il pubblico e le persone abbonate al teatro, infatti, sono state sempre piuttosto solidali con le proteste dei musicisti: qualche giorno fa, per esempio, alcuni abbonati hanno scritto una lettera in cui dicevano che non rinnoveranno l’abbonamento se non sarà ritirata la nomina di Venezi, che dovrebbe assumere ufficialmente il suo incarico a ottobre del 2026.

– Leggi anche: In che senso Beatrice Venezi non è adatta per un teatro come La Fenice

Nella discussione si sono inseriti anche quattro ex sindaci di Venezia, e quindi anche ex presidenti della Fondazione: Ugo Bergamo, Massimo Cacciari, Paolo Costa e Giorgio Orsoni. In una lettera hanno scritto che questa «crisi assurda» si sarebbe facilmente potuta evitare se la nomina di Venezi non fosse stata gestita in modo così anomalo, senza rispettare le prassi. Hanno poi criticato la sospensione del welfare: secondo loro le motivazioni economico-finanziarie portate dalla direzione sono insussistenti e i tempi in cui è stata decisa la fanno apparire come una «ingiustificata ritorsione». La soluzione, dicono, è che la nomina del direttore musicale riparta da capo, questa volta rispettando le regole.

Infine Andrea Martella, senatore e segretario regionale del Partito Democratico in Veneto, ha presentato un’interrogazione parlamentare per chiedere al ministro della Cultura Alessandro Giuli chiarimenti sulla scelta della direzione del teatro.