Il problema della Colombia con i guerriglieri minorenni
Sono molti nei gruppi armati e da tempo si dibatte se sia legittimo per lo Stato attaccarli e ucciderli, insieme agli adulti

Negli ultimi mesi politica e media colombiani sono tornati a discutere di una questione etica già affrontata in passato e sempre rimasta irrisolta: la legittimità per lo stato di ordinare bombardamenti o attacchi su gruppi di guerriglieri, anche quando questi comprendono persone minorenni. A metà novembre un attacco ordinato dal presidente Gustavo Petro nella regione amazzonica del Guaviare ha ucciso 20 persone, sette delle quali avevano fra i 13 e 17 anni. Non sono stati i primi minori uccisi in circostanze simili: da agosto sono stati 15, in diverse operazioni, e il più piccolo aveva 10 anni. Petro, che in passato era stato molto critico quando altri governi colombiani avevano ucciso minori, stavolta ha difeso pubblicamente l’operazione e l’ha definita «dolorosa ma necessaria».
La questione è legata a quella del reclutamento di soldati bambini o ragazzini da parte dei gruppi di guerriglieri: chi difende le operazioni dice che non bombardare i gruppi che comprendono minori spingerebbe i guerriglieri ad arruolarne di più, proprio sapendo che non verranno presi di mira.
Petro è il primo presidente di sinistra della storia della Colombia. Da quando è stato eletto, nel 2022, ha messo al centro del suo progetto politico la cosiddetta “Paz Total” (“Pace totale”), ossia la fine delle ostilità e delle operazioni violente condotte dai gruppi armati che operano in Colombia, attraverso accordi di pace. Questo progetto è di fatto fallito e nel 2024 sono state interrotte le negoziazioni con alcuni gruppi dissidenti delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC), quelli che non hanno mai accettato gli accordi di pace del 2016.
Petro ha allora autorizzato operazioni militari più frequenti e incisive, anche per rispondere al controllo crescente di alcuni di questi gruppi sulle regioni più rurali, boschive e remote del paese, dove lo stato colombiano fatica ad arrivare.

Una casa danneggiata da un attacco di un gruppo dissidente delle FARC a Mondomo, in Colombia, il 15 novembre 2025 (AP Photo/Santiago Saldarriaga)
Fra questi gruppi c’è quello guidato da Néstor Gregorio Vera, più conosciuto con il suo nome di battaglia di Iván Mordisco, ex capo di una delle divisioni delle FARC e attualmente fra gli uomini più ricercati della Colombia. Il suo gruppo viene spesso definito con la sigla EMC, che sta per Estado Mayor Central (Stato maggiore centrale) dei gruppi dissidenti.
L’operazione di metà novembre è stata ordinata contro un gruppo di 150 guerriglieri dell’EMC: secondo fonti dell’esercito stavano preparando un attacco contro 20 soldati presenti nella zona, ma il bombardamento voleva anche colpire due dei principali luogotenenti di Mordisco. Questi due obiettivi sono sfuggiti, ma i sette minori uccisi nell’operazione hanno riaperto il dibattito in Colombia, dopo casi simili nei mesi precedenti.
I gruppi guerriglieri come quello di Mordisco reclutano spesso bambini e ragazzi nelle zone che controllano. In alcuni casi lo fanno forzatamente, rapendo i ragazzi, ma più spesso convincendo i giovani di aree abbandonate con la prospettiva di un guadagno piuttosto consistente e immediato, offrendo subito 100mila pesos (circa 23 euro), e promettendo per il futuro entrate mensili 20 o 30 volte superiori (i gruppi si finanziano con il narcotraffico, con miniere illegali e con l’estorsione). È difficile definire con certezza le dimensioni del fenomeno dei bambini soldato: nel 2024 ci sono state circa 600 denunce, ma si ritiene che il numero reale sia molto superiore.

L’operazione dell’esercito contro un laboratorio e un accampamento di guerriglieri nel 2016 nello stato di Guaviare, in Colombia (AP Photo/Fernando Vergara)
Bambini e ragazzi vivono negli accampamenti con i guerriglieri adulti e in certi casi vengono usati come veri e propri “scudi umani”. Altre volte sono soggetti attivi della guerriglia. Petro, il governo e l’esercito hanno giustificato i bombardamenti dicendo che fra gli obiettivi non c’erano civili e che sospendere gli attacchi quando si sospetta che ci siano minori porterebbe paradossalmente all’aumento dei reclutamenti di minori, che diventerebbero per i guerriglieri un’arma decisiva per proteggersi.
È una posizione che in passato è stata sostenuta da vari governi colombiani e contro cui la sinistra, anche quella rappresentata da Petro, si è sempre opposta con forza. Nel 2019, durante il governo di Iván Duque (del Centro Democratico, un partito conservatore), l’uccisione di sette minori durante un bombardamento causò le dimissioni del ministro della Difesa Guillermo Botero. Due anni dopo un episodio simile (con due ragazzi uccisi) compromise il futuro politico del suo successore Diego Molano. Al tempo Petro fu tra i più critici e disse: «Bisogna evitare che la guerra continui a portarsi via i bambini». Oggi sostiene che questo genere di operazioni sia lecito dal punto di vista del diritto internazionale umanitario, perché hanno come obiettivo solo soldati.
Anche Iván Cepeda, che è stato attivista per i diritti umani e che sarà il candidato della sinistra alle prossime elezioni presidenziali nel 2026 (Petro non può ricandidarsi perché la Costituzione prevede un solo mandato), non ha condannato apertamente i bombardamenti come aveva fatto in passato.
Il dibattito ha anche coinvolto l’efficacia dei servizi di intelligence colombiani: l’opposizione ha criticato il fatto che non ci fossero informazioni sicure sugli obiettivi dei bombardamenti. Il generale comandante dell’Esercito Luis Emilio Cardozo Santamaría in un’intervista a El Pais ha respinto queste critiche: «I servizi segreti funzionano bene, individuano i banditi nella giungla, determinano come si muovono: arrivare al dettaglio di sapere chi è maggiorenne o minorenne all’interno di una struttura però è un’altra cosa».



