I videogiochi che avvicinano al gioco d’azzardo
Da anni si discute del fatto che alcune meccaniche molto diffuse potrebbero creare dipendenza, e alcuni governi sono intervenuti

Da quando esistono, i videogiochi hanno sempre attirato preoccupazioni e critiche di genitori, gruppi religiosi e politici: tra le altre cose sono stati accusati di abituare eccessivamente i bambini alla violenza, di incoraggiare la delinquenza e di portare a un isolamento sociale. Gli studi che hanno cercato di determinare se queste preoccupazioni fossero fondate, però, hanno dato risultati contrastanti.
C’è invece un tipo di preoccupazione che sembra trovare delle conferme più credibili nella letteratura scientifica. È quella secondo cui giocare a videogiochi che includono meccaniche simili a quelle del gioco d’azzardo porti a sviluppare una dipendenza simile, e un interesse per quel tipo di gioco anche fuori dai videogiochi. È una preoccupazione che riguarda anche videogiochi a pagamento molto amati da bambini e adolescenti.
Esistono videogiochi che simulano esplicitamente il gioco d’azzardo: su Roblox, una piattaforma di gioco online particolarmente amata dagli adolescenti, esistono per esempio molti giochi in cui si può girare una ruota per cercare di ottenere dei premi in cambio di soldi virtuali.
In molti più casi, però, il gioco d’azzardo è nelle meccaniche interne di giochi che all’apparenza non ci hanno nulla a che fare.
Le meccaniche di questo tipo esistono da molto tempo, specie per i giochi “free-to-play” per cellulare, cioè quelli che si scaricano gratuitamente ma che richiedono il pagamento di piccole somme all’interno dell’app per avanzare di livello. In quel caso si parla di “meccaniche Gacha” (perché ispirate ai distributori automatici di capsule giocattolo giapponesi, i gashapon). Nei videogiochi basati su queste meccaniche, i giocatori pagano valuta virtuale – acquistata con denaro reale o guadagnata giocando, spesso molto lentamente – per partecipare a “estrazioni” casuali, detti pull, e vincere dei premi. Funziona così, per esempio, il videogioco cinese Genshin Impact, molto popolare.
È un modello economico che si basa sul fatto che una percentuale piccola di giocatori svilupperà un rapporto di dipendenza dal sistema di ricompense del gioco e spenderà una grande quantità di soldi – anche migliaia di euro – per le estrazioni. Il fatto che il risultato sia casuale attiva lo stesso meccanismo di rilascio di dopamina di una persona che vince una somma, anche piccola, alle slot machine. E proprio come con le slot machine, l’estrazione degli oggetti viene accompagnata da suoni e grafiche che contribuiscono al senso di appagamento.
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Da una decina d’anni anche videogiochi a pagamento molto amati da bambini e adolescenti come Overwatch, FIFA, Call of Duty e Apex Legends hanno cominciato a introdurre meccaniche di questo tipo. In questi casi non si parla di Gacha ma di loot box,“scatole premio” che i giocatori possono acquistare con la valuta del gioco o con denaro reale. Il punto delle loot box è che, fino al momento dell’apertura, il giocatore non sa cosa troverà al suo interno.
Gacha e loot box sono molto simili, in quanto a meccaniche, ma si basano su modelli di business molto differenti. Nel primo caso, quindi nei giochi gratuiti per smartphone, le estrazioni sono la meccanica di monetizzazione primaria: giocare senza mai spendere soldi è spesso volutamente frustrante e lento, e talvolta impossibile.
Nel secondo caso, quindi nei giochi a pagamento per console e PC, invece, è del tutto possibile giocare con soddisfazione senza acquistare mai una loot box. Le aziende che li producono sottolineano spessissimo questo punto per sostenere che le loot box non siano assimilabili al gioco d’azzardo perché i giocatori non sono tenuti a comprarle per godere del videogioco. In un contesto in cui tantissimi le acquistano, però, non farlo rende comunque l’esperienza meno soddisfacente. «Sono meccaniche pensate esplicitamente per manipolare i giocatori, anche se magari non influiscono sulla giocabilità», ha spiegato la giornalista Simone de Rochefort. «Eppure, sono state totalmente normalizzate».
Negli ultimi anni vari ricercatori hanno esplorato questa possibile correlazione, osservando che, effettivamente, i giocatori che tendevano a spendere più soldi all’interno dei videogiochi avevano anche una maggiore probabilità di giocare d’azzardo. Questi studi avevano però sottolineato più volte che non era possibile determinare se fossero stati i videogiochi ad “aprire la strada” verso il gioco d’azzardo vero e proprio o se, semplicemente, le persone più inclini a sviluppare un problema con il gioco d’azzardo fossero anche più inclini a cercare stimoli di quel tipo nei videogiochi.
Pochi giorni fa, però, sulla rivista scientifica International Gambling Studies è stato pubblicato un nuovo studio belga che sembra mostrare una maggiore causalità. In questo caso, i ricercatori hanno intervistato lo stesso gruppo di centinaia di adolescenti in due momenti, a un anno di distanza, facendo loro varie domande sulle loro abitudini relative ai videogiochi e al gioco d’azzardo. I risultati hanno mostrato che gli adolescenti che all’inizio dicevano di giocare spesso a videogiochi che includevano meccanismi come quello delle loot box avevano, un anno dopo, una maggiore probabilità di avvicinarsi anche all’uso di gratta e vinci e alla frequentazione di casinò.
Negli ultimi anni si è peraltro sviluppata un’industria parallela ai videogiochi: quella dello skins gambling, in cui con skin si intendono gli oggetti virtuali che si vincono giocando oppure aprendo loot box. Questi oggetti virtuali possono essere quasi sempre scambiati tra i giocatori, e quindi inizialmente era nato un mercato secondario che metteva in contatto giocatori che volevano comprare quelli più rari, anche con soldi veri. Alcune armi virtuali sono state vendute anche per decine di migliaia di euro.
Da tempo sono però stati aperti anche siti che permettono di giocare d’azzardo in cambio di skin: i giocatori piazzano dei soldi su un determinato risultato e, se sono fortunati, ottengono la skin che vogliono. Altrimenti, possono spendere altri soldi per riprovarci. Nessuno di questi siti ha una licenza emessa da enti ufficiali di regolamentazione del gioco d’azzardo, e quasi nessuno controlla l’età degli utenti.
La Danimarca ha bandito vari siti di skins gambling, e la Francia e i Paesi Bassi stanno considerando di fare lo stesso. Molti altri paesi, però, hanno introdotto regolamentazioni sulle loot box e sulle estrazioni in stile Gacha, basate sulla preoccupazione che sfruttino meccanismi e debolezze della psicologia umana, favoriscano lo sviluppo di un rapporto problematico con il gioco d’azzardo ed espongano gli utenti a perdite economiche anche significative.
Il Belgio ha determinato che le loot box «violano la legislazione sul gioco d’azzardo» e ne ha reso illegale l’acquisto con denaro reale. La Cina ha introdotto una legge che obbliga gli sviluppatori a rendere pubbliche le informazioni sulle probabilità di vincita delle loot box, specificando nome, contenuti, quantità e probabilità di estrazione, e ha vietato la vendita di loot box ai minori di 8 anni. Anche in Giappone, a Taiwan e in Corea del Sud ci sono degli obblighi simili. In Australia i videogiochi che contengono loot box acquistabili con denaro reale sono sconsigliati ai minori di 15 anni e quelli che simulano giochi come il poker o le slot machine sono vietati ai minori di 18. A livello europeo, nel 2018 quindici autorità di regolamentazione del gioco d’azzardo hanno emesso una dichiarazione congiunta che evidenzia la difficoltà di distinguere tra il gioco d’azzardo e le meccaniche di certi videogiochi. In Italia il tema non è mai stato oggetto di discussioni politiche.
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Mark Johnson, game designer e ricercatore dell’Università di Sydney, ha detto però ad ABC News che le aziende che producono videogiochi sono diventate molto brave ad aggirare le normative: «a seconda del paese, a volte basta cambiare un nome: non le chiami più loot box, le chiami qualcos’altro, e le vendi». Soltanto nel 2023 si stima che l’industria dei videogiochi abbia fatturato circa 223 miliardi di dollari a livello mondiale: di questi, circa 125 miliardi sono stati ottenuti grazie a microtransazioni e oggetti acquistati all’interno dei giochi.



