Un caso di allontanamento di minori che è diventato nazionale
A una coppia che vive nella campagna abruzzese senza utenze né bagni sono stati tolti i tre figli, tra molte discussioni sul loro stile di vita

A una coppia che vive a Palmoli, in provincia di Chieti, in Abruzzo, sono stati tolti i tre figli dal tribunale per i minorenni dell’Aquila, che ha deciso di sospendere la loro responsabilità genitoriale. I motivi della decisione sono legati al modo in cui vive la famiglia, in una piccola casa in campagna a quaranta minuti di auto da Vasto, sulla costa adriatica, senza utenze, senza lavorare e senza mandare i bambini a scuola. Si procurano il cibo perlopiù coltivando, prelevano l’acqua da un pozzo e si riforniscono di luce elettrica tramite un pannello solare.
Lei si chiama Catherine Birmingham, ha 45 anni ed è australiana. Faceva l’insegnante di equitazione. Lui si chiama Nathan Trevallion, ha 51 anni, è inglese, ha fatto il cuoco, il boscaiolo e l’artigiano. Due figli sono gemelli di sei anni, la maggiore è una bambina di otto anni. Ora si trovano in una comunità di accoglienza per minori insieme alla madre, mentre il padre è rimasto nella casa di Palmoli.
Si era cominciato a parlare della loro condizione e della loro storia all’inizio di novembre, quando si era saputo che il tribunale avrebbe dovuto decidere sui tre figli della coppia, nonostante la loro fosse una scelta deliberata e non ci fossero segnali di evidenti maltrattamenti e abusi. Secondo le testate locali abruzzesi, tutto iniziò nel settembre del 2024, quando la famiglia fu vittima di una grave intossicazione alimentare da funghi, per cui fu necessario chiamare i soccorsi e andare in ospedale. A seguito di quell’intossicazione si attivarono i carabinieri, che a loro volta ritennero necessario segnalare il caso ai servizi sociali.
I servizi sociali fecero dei sopralluoghi alla casa di Palmoli, dopo i quali la procura per i minorenni dell’Aquila chiese la sospensione della responsabilità genitoriale, accordata poi questa settimana dal tribunale. Nella relazione dei servizi sociali c’è scritto che la famiglia «vive in una condizione di disagio abitativo in quanto non è stata dichiarata l’abitabilità dello stabile», che «i membri della famiglia Trevallion non hanno interazioni sociali, non hanno entrate fisse» e che «nella dimora non sono presenti i servizi igienici». C’è anche scritto che i bambini «non possono frequentare altri bambini liberamente» e che a loro vengono applicati i principi dell’unschooling, cioè un apprendimento autonomo o guidato dai genitori.
Ma il tribunale non ha deciso solo sulla base dei rilievi dei servizi sociali. Nel decreto con cui è stata decisa la sospensione della responsabilità genitoriale, citato dal quotidiano locale Il Centro, il tribunale scrive che la coppia si è opposta in modo ideologico alle richieste dei servizi sociali di sottoporre i bambini a visite mediche specialistiche. Per farlo avrebbe chiesto in cambio 50mila euro. Il tribunale ha valutato anche che fosse compromesso il diritto «alla vita di relazione» più che quello di ricevere un’istruzione.
L’avvocato difensore della famiglia, Giovanni Angelucci, contesta le conclusioni del tribunale e dei servizi sociali. Secondo Angelucci i bambini avrebbero sostenuto alcuni esami scolastici in Toscana, e un’insegnante dal Molise verrebbe periodicamente a far loro lezione (la loro istruzione sarebbe quindi qualcosa di più simile all’homeschooling). La casa è stata descritta dalla procura per i minorenni come fatiscente e con gravi danni strutturali, ma l’avvocato dice che la stanno ristrutturando, e che non è vero che non sono seguiti da nessun medico, dato che hanno un pediatra.
Alimentata dalle trasmissioni televisive e dai giornali, l’opinione pubblica – non solo locale – si è mobilitata: una petizione online in sostegno di Birmingham e Trevallion ha raccolto decine di migliaia di firme, e molte persone hanno espresso solidarietà alla coppia per il loro modo di vivere “sano”, più vicino alla natura e lontano dalle tecnologie e dallo stress che la società impone
In un servizio del TGR dell’8 novembre Catherine Birmingham e Nathan Trevallion hanno raccontato che vivere così li fa stare bene e sentire più connessi alla natura e alla gente, più in tranquillità e in pace. Di loro si sta parlando molto sui media come la “famiglia nel bosco”, ma Birmingham ha specificato che non è vero che stanno “nel bosco”: dove vivono ci sono molti alberi ma è una zona abitata, nei dintorni ci sono altre case. Ha anche detto che una volta a settimana la famiglia va a San Salvo, una cittadina sull’Adriatico di circa ventimila abitanti, e che i bambini «conoscono il mondo», giocano al parco e vedono altri bambini.
Secondo la legge italiana l’allontanamento di un minore può essere deciso se ci sono condizioni abitative inadeguate, difficoltà nel percorso educativo o forti conflitti familiari. È una misura non definitiva, che può includere anche incontri sorvegliati con i genitori; peraltro l’avvocato ha detto che farà ricorso contro la decisione del tribunale dell’Aquila.
La loro storia ha attirato non solo l’attenzione dei media nazionali, ma anche quella della politica. La Lega ha preso le difese della famiglia, e in particolare il leader Matteo Salvini ha detto che è una «vergogna» che lo Stato abbia tolto loro i figli, cogliendo l’occasione per fare propaganda: secondo Salvini nei campi rom ci sono bambini in condizioni peggiori, «e lì dove sono gli assistenti sociali?». In ogni caso, dopo l’intervento della Lega, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è detta allarmata dalla decisione del tribunale, e ha fatto sapere di star valutando insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio se sia il caso di mandare degli ispettori del ministero.



