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  • Giovedì 20 novembre 2025

La crisi degli impianti per il riciclo della plastica sta avendo conseguenze

Per ora soprattutto in Sicilia, dove i comuni sono costretti a rallentare la raccolta, ma a livello nazionale ci sono rischi ancora più gravi

(AP Photo/Sanjog Manandhar)
(AP Photo/Sanjog Manandhar)
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La scorsa settimana Assorimap, l’associazione nazionale che rappresenta le aziende private che riciclano o rigenerano il 90 per cento dei rifiuti di plastica provenienti dalla raccolta differenziata nazionale, aveva annunciato la chiusura degli impianti a causa di una grave crisi di competitività e della mancanza di misure governative per salvare il settore.

Ora le prime conseguenze sulla gestione dei rifiuti si sono presentate in Sardegna, dove almeno un comune ha dovuto sospendere temporaneamente la raccolta della plastica, e in Sicilia, dove molti comuni hanno emesso delle ordinanze per rallentarla. Sempre in Sicilia molti degli impianti di stoccaggio hanno già chiuso o hanno smesso di accettare la plastica proveniente dalla raccolta differenziata dei comuni creando problemi di gestione, «seri rischi» sul piano igienico-sanitario e rischi legati a incendi ed esplosioni, come denunciato da Anci Sicilia (l’associazione che riunisce i sindaci della regione), che ha chiesto un incontro urgente con l’assessore regionale all’Energia Francesco Colianni.

La filiera delle plastiche sta affrontando in generale una grave crisi industriale a causa degli alti costi dell’energia in Europa e della progressiva riduzione dei prezzi di vendita dei riciclati che vengono prodotti sul territorio europeo, riduzione causata a sua volta dalla concorrenza insostenibile della plastica vergine (cioè prodotta non da materiali di riciclo, e quindi con un impatto ambientale spesso maggiore) e di plastica riciclata che viene importata da paesi non europei a prezzi inferiori. Di conseguenza la domanda nazionale ed estera si sta rivolgendo sempre di più a plastiche fuori dal mercato europeo, che costano meno, e le aziende europee non riescono più a competere.

Concretamente, a causa della mancanza di domanda molti impianti hanno raggiunto i limiti di stoccaggio e hanno smesso di accettare la plastica proveniente dalla raccolta differenziata, che alcuni comuni hanno quindi cominciato a sospendere o a rallentare. Questa plastica “in eccesso” non può essere portata in discarica, a causa di una serie di norme europee che mirano ad aumentare la percentuale di rifiuti trattati in impianti di riciclaggio e a ridurre quelli smaltiti in discarica con specifici obiettivi per le materie plastiche.

All’inizio di settembre una trentina di associazioni che rappresentano le aziende di riciclo di materie plastiche in tutta Europa, compresa Assorimap, aveva inviato una lettera congiunta alla Commissione Europea chiedendo interventi immediati per sostenere la filiera. Nella lettera si diceva che la produzione europea di plastica (vergine o riciclata) era calata dell’8,3 per cento nel 2023 e che la quota di mercato globale dell’Europa era passata dal 22 al 12 per cento in meno di vent’anni.

Secondo gli ultimi dati di Plastics Recyclers Europe, organizzazione che rappresenta i riciclatori di plastica europei, tra gennaio e luglio di quest’anno questo settore industriale ha perso una capacità di riciclo simile alla perdita registrata in tutto il 2024 e dal 2023 hanno chiuso circa 40 impianti di riciclaggio, con Regno Unito e Paesi Bassi in testa.

A metà settembre Assorimap aveva inviato una lettera anche al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, denunciando la crisi del settore e parlando del rischio molto concreto di un’interruzione delle attività entro poche settimane. Si diceva che questo blocco avrebbe a sua volta paralizzato del tutto la gestione nazionale della raccolta differenziata: «La filiera che conta complessivamente oltre 350 imprese, impiega più di 10mila addetti e dispone di una capacità installata di riciclo pari a 1 milione 800mila tonnellate, rischia il collasso». È la situazione di cui si stanno vedendo le prime conseguenze in questi giorni, per ora limitate.

Nella lettera si parlava anche di un crollo degli utili del settore pari all’87 per cento dal 2021, con una proiezione verso lo zero per il 2025.

Per superare la crisi, per riuscire a reagire alle importazioni da paesi extraeuropei di plastica vergine e riciclata a prezzi insostenibili e per far fronte all’alto costo dell’energia, Assorimap aveva chiesto un sostegno urgente al governo. In ottobre prima il ministero dell’Ambiente e poi quello del Made in Italy avevano organizzato un incontro, con la promessa di una nuova convocazione operativa entro i primi di novembre, che però non è ancora avvenuta.

Le soluzioni proposte da Assorimap prevedono di anticipare al 2027 l’obbligo di un contenuto minimo di plastica riciclata negli imballaggi, attualmente fissato al 2030 dal regolamento europeo sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Tra le altre proposte c’è anche quella di maggiori controlli sulle importazioni e di incentivi a chi produce beni con plastica riciclata.