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  • Lunedì 17 novembre 2025

In Cile ci sarà il ballottaggio tra la candidata di sinistra e un ultraconservatore

Alle presidenziali i più votati sono stati Jeannette Jara e Antonio Kast, che ha preso 3 punti in meno ma è comunque favorito

Sostenitori di Antonio Kast, 16 novembre 2025 (AP Photo/Esteban Felix)
Sostenitori di Antonio Kast, 16 novembre 2025 (AP Photo/Esteban Felix)
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La candidata Jeannette Jara del Partito Comunista ha vinto il primo turno delle elezioni presidenziali in Cile, ottenendo il 26,8 per cento dei voti. Il 14 dicembre andrà al ballottaggio con Antonio Kast, candidato di estrema destra del Partito Repubblicano, che ha preso il 23,9 per cento. È probabile che al ballottaggio vincerà Kast, che ha ottenuto il sostegno degli altri candidati di destra ed estrema destra e dovrebbe riuscire a riunire i voti dei loro elettori, superando il 50 per cento. Jara invece era l’unica candidata rilevante a sinistra, quindi per lei sarà più difficile allargare i consensi e ottenere nuovi voti. Inoltre in Cile storicamente il blocco dell’opposizione è favorito alle presidenziali.

Kast è un ultraconservatore liberista, nostalgico della dittatura di Augusto Pinochet e politicamente vicino al presidente di El Salvador Nayib Bukele, noto per il suo approccio molto duro contro le gang e il ricorso a incarcerazioni di massa. Jara ha invece proposto un programma piuttosto moderato, almeno per il Partito Comunista: è previsto che come prima mossa politica dopo la vittoria del primo turno lasci il partito, proprio per presentarsi come una candidata più trasversale.

Nonostante sia arrivata prima, Jara ha ottenuto un consenso inferiore al gradimento mantenuto a lungo dal presidente in carica Gabriel Boric, il più a sinistra nella storia del paese, che nei suoi primi tre anni di governo (da marzo del 2022) è rimasto saldamente attorno al 30 per cento. Negli ultimi tempi aveva avuto un calo di popolarità e il mandato presidenziale, che dura quattro anni, scadrà tra pochi mesi.

Jara è stata ministra del Lavoro di Boric fino allo scorso aprile, quando si è dimessa per candidarsi. In campagna elettorale aveva provato a ridimensionare la narrazione allarmista delle destre sulla sicurezza e a promuovere alcune misure economiche approvate dal governo di cui ha fatto parte (come alzare lo stipendio e la pensione minimi e ridurre l’orario della settimana lavorativa), senza però risultare del tutto convincente.

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Tra gli altri numerosi candidati della destra, quello che ha ottenuto il miglior risultato è stato inaspettatamente Franco Parisi, un economista a capo di un partito populista: i sondaggi lo davano sotto al 10 per cento ma ha ottenuto il 19,7 per cento dei voti, superando il candidato di estrema destra Johannes Kaiser, del Partito Nazionale Libertario (13,9 per cento), ed Evelyn Matthei, della destra tradizionale (“Chile Vamos”), che ha ottenuto il 12,5 per cento.

Quella di domenica è stata per certi versi un’elezione eccezionale, perché era la prima in cui per elettori ed elettrici era obbligatorio andare a votare per effetto di una legge del 2022 (pena una multa tra i 30 e i 100 euro). Hanno votato più di 13,4 milioni di persone su quasi 16 milioni aventi diritto, cioè circa l’85 per cento. Il tema centrale della campagna elettorale era stato quello della sicurezza: nonostante il Cile sia un paese mediamente più sicuro degli altri nella regione, la percezione di criminalità è alta. Questo ha favorito le destre, che hanno insistito molto sul tema facendo diverse proposte radicali.

Si votava anche per rinnovare tutta la Camera e circa metà del Senato (23 senatori): la coalizione di sinistra che sostiene il governo, Unidad por Chile, ha diminuito i suoi rappresentanti, eleggendo 61 deputati e 11 senatori. Al contrario, l’estrema destra riunita nella coalizione Cambio por Chile (quella che appoggia Kast) li ha aumentati, eleggendo 42 deputati e 6 senatori. Se sommati ai voti della destra tradizionale, riunita nella coalizione Chile Grande y Unido, le destre hanno quindi ottenuto la maggioranza sia alla Camera (76 deputati su 155), sia al Senato, dove avrebbero 27 rappresentanti su 50.

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