La prima innovazione nelle zip da circa un secolo
Arriva ovviamente dall'azienda giapponese YKK, che fa quasi la metà di quelle che esistono al mondo: ha eliminato il nastro di tessuto

È molto probabile che in questo momento abbiate addosso una zip, ed è altrettanto probabile che su quella zip ci sia scritto YKK. Sta per Yoshida Kogyo KabushikiKaisha, l’azienda giapponese che controlla circa il 40 per cento del mercato mondiale, nonostante il suo sia un prodotto molto semplice e con una diffusione così capillare nel mondo. Per mantenere questa posizione egemone, YKK produce circa 10 miliardi di unità all’anno, per una lunghezza complessiva di più di 3 milioni di chilometri, cioè circa 80 volte la circonferenza terrestre.
Ma da quando esistono, cioè da quasi due secoli, le zip sono rimaste praticamente uguali. Sono un oggetto estremamente semplice e funzionale, quindi non c’è mai stata particolare esigenza di innovazione. Ma di recente YKK ha presentato un modello con una novità piuttosto significativa: è fatto senza il nastro di tessuto a cui di solito sono attaccati i dentini tipici del meccanismo di chiusura.
Makoto Nishizaki, vicepresidente della divisione di YKK che si occupa di sviluppo delle applicazioni, ha detto all’edizione statunitense di Wired che l’idea è nata da una collaborazione con l’azienda giapponese Juki, che si occupa di macchine per cucire e utensili per la casa. Visto che sul mercato c’è una richiesta sempre maggiore di capi più leggeri e flessibili, racconta, serve che anche le zip si adattino meglio a materiali come nylon o tessuti tecnici.
Questo modello di zip si chiama AiryString ed è progettato per essere cucito direttamente sul tessuto con un’apposita macchina per cucire. Secondo John Holliday, dirigente di YKK America, è più leggero, flessibile e scorrevole rispetto ai modelli standard. L’azienda dice che la zip si integra meglio nei capi su cui è montata, rendendoli anche più leggeri; visto che la sua produzione non richiede l’uso di tessuti e tinture, inoltre, farebbe anche risparmiare grandi quantità di acqua ed emissioni di gas serra.

Le parti di una zip AiryString (YKK Global via YouTube)
La storia della zip cominciò a metà Ottocento, quando lo statunitense Elias Howe, l’inventore della macchina per cucire, registrò un brevetto per una «chiusura per vestiti automatica e continua», che sostituisse i bottoni e facesse risparmiare tempo. Nel giro di qualche decennio le zip diventarono più o meno quelle che conosciamo oggi, e nel 1937 superarono infine i bottoni in quella che fu soprannominata “battaglia delle patte”.
La YKK fu fondata a Tokyo da Tadao Yoshida nel 1934, quando in Giappone le zip erano ancora una novità. Dalla metà degli anni Cinquanta i prodotti dell’azienda cominciarono a espandersi anche all’estero, e alla fine degli Ottanta si impose definitivamente sulla statunitense Talon International, la sua principale rivale. Oggi rifornisce grossi marchi come Levi’s, Adidas, Prada e Patagonia, ma anche gruppi di fast fashion come Zara e H&M. Nell’ultimo anno fiscale ha avuto un fatturato di quasi 6 miliardi di euro, in crescita costante dal 2020-2021.
Il successo mondiale della YKK si spiega soprattutto con il controllo quasi totale della filiera di produzione, compresa la forgiatura dei dentini della cerniera, la tessitura dei nastri e la fabbricazione di tutti i macchinari. Di recente l’azienda ha risentito della concorrenza della cinese SBS, che si è affermata sul mercato globale vendendo prodotti a basso costo ai marchi della grande distribuzione.
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Nel tempo nella produzione delle sue celebri zip YKK ha introdotto qualche novità, come elementi in materiali resistenti alla corrosione o nastri in poliestere riciclato. L’eliminazione del nastro però è la più ambiziosa. Tra le aziende che hanno già cominciato a usare la AiryString ci sono la statunitense North Face e Earthletica, un brand australiano di abbigliamento sportivo femminile che si promuove come attento alla sostenibilità ambientale.
Per Isaac Oaks, disegnatore di North Face, la nuova zip è molto semplice e permette di compattare e piegare i capi più facilmente. Bronte Campbell, cofondatrice di Earthletica, apprezza invece che sia fatta di plastica riciclata, che la produzione limiti gli scarti e che dia ai capi del suo marchio un aspetto minimalista.
È comunque difficile pensare che la AiryString si possa diffondere in tempi brevi. Per realizzarla la YKK ha dovuto ridisegnare i dentini, modificare i propri processi produttivi e progettare una nuova macchina per cucire. Per integrarla nella produzione, quindi, anche le aziende di abbigliamento dovrebbero fare modifiche importanti alle linee, dotandosi di macchinari specializzati che riescano ad applicarla ai capi. In più, proprio perché è una zip senza nastro, l’azienda suggerisce ai clienti interessati di valutare bene le caratteristiche dei tessuti e il taglio dei capi per i quali vorrebbero usarla.



