Sanae Takaichi infrangerà una tradizione secolare del sumo?
La nuova prima ministra giapponese deve decidere se entrare nello spazio di combattimento da sempre riservato agli uomini

Sanae Takaichi è la prima donna a ricoprire il ruolo di prima ministra del Giappone, e in quanto tale potrebbe anche essere la prima a infrangere una tradizione secolare legata a un pezzo importantissimo della cultura nazionale: il sumo. Il prossimo 23 novembre infatti al vincitore del prestigioso torneo di Fukuoka, nel sudovest del paese, verranno dati diversi premi, tra cui la cosiddetta coppa del primo ministro, che spesso viene consegnata proprio dal capo di governo. Il problema è che nel sumo professionistico il piccolo ring in cui si combatte (dohyō) è uno spazio riservato agli uomini, e le donne non possono né entrarci, né toccarlo.
Martedì durante una conferenza stampa il quotidiano giapponese Japan Times ha chiesto al capo di gabinetto del governo, Minoru Kihara, se Takaichi abbia intenzione di presenziare al torneo (bansho) e di consegnare la coppa del primo ministro, come avevano fatto in altre occasioni alcuni suoi predecessori, tra cui Shinzo Abe e Shigeru Ishiba. Lui ha risposto che non è ancora stato deciso, e che in ogni caso la prima ministra «ha in grande considerazione la cultura del sumo giapponese, e desidera preservarne gli aspetti tradizionali». Ha poi aggiunto che il governo valuterà una risposta appropriata sulla base della decisione della prima ministra.
Visto che Takaichi ha posizioni molto conservatrici, il commento di Kihara sembra indicare che è più probabile che si atterrà alla consuetudine, e quindi non salirà sul dohyō.
Il Japan Times ha chiesto anche all’associazione di sumo giapponese, che è composta da soli uomini, se Takaichi possa essere la prima eccezione al protocollo. Di fatto l’associazione si è rifiutata di rispondere, e si è limitata a dire che il suo compito è quello di «tutelare e tramandare la cultura tradizionale del sumo».
In Giappone le donne possono praticare il sumo a livello amatoriale, ma il mondo professionistico resta loro precluso. Dipende dalle credenze legate allo shintō, la religione tradizionale del paese, che ancora oggi determina dove possono e non possono andare le donne, che per esempio sono escluse da certi templi. È una consuetudine indicata dall’espressione nyonin kinsei, e anche per quanto riguarda il sumo è motivata dall’idea che il sangue legato al parto o alle mestruazioni possa compromettere ciò che è sacro, come è considerato appunto il dohyō.
Per questo nei contesti ufficiali alle donne è sempre stato vietato calpestarlo. Nel 2018 successe per esempio a Tomoko Nakagawa, ex sindaca di Takarazuka (vicino a Osaka), a cui fu negato l’accesso durante un evento promozionale. Pochi giorni prima due donne che erano intervenute per soccorrere un politico che aveva avuto un malore sul dohyō, tra cui un’infermiera, furono subito allontanate.
Quel caso suscitò diverse polemiche, in seguito alle quali l’associazione di sumo istituì una commissione di esperti indipendenti per rivedere le politiche sull’esclusione delle donne dal sumo professionistico. Al quotidiano Asahi Shimbun, che l’ha contattata di recente, ha risposto di non aver ancora preso una decisione.
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